Fotografie dal deltaplano: la Calabria nelle immagini di Giulio Archinà

 

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di Teodora Malavenda
“La mia passione per la fotografia dal deltaplano lungi da essere l’esercitazione di uno sport estremo ma è invece un viaggio nel paesaggio che ci aiuta a riflettere in maniera più approfondita su di esso”.

Giulio Archinà è un fotografo specializzato in fotografie aeree e in riproduzione di opere d’arte. Nel 1985 fonda a Siderno, suo paese natale, lo Studio Primo Piano.

Dal 1998 vola sulla Calabria con un deltaplano a motore, mezzo che gli consente di documentare paesaggi e centri urbani con modalità inedite. Il suo archivio comprende oltre 300.000 scatti

Cos’è per te la fotografia?
Per me la fotografia ha sempre rappresentato l’unico strumento possibile per relazionarmi con l’ambiente in cui sono cresciuto, con la sua gente, le sue istituzioni, il suo paesaggio. Mi ha dato la possibilità di esprimere liberamente il mio pensiero senza il timore di condizionamenti esterni e sottomissioni. Avere questa opportunità in un paesino in cui la mentalità mafiosa è opprimente, significa essere privilegiato.

Come è nata l’idea di fotografare da un deltaplano?
Era il 1998. Un mio caro amico aveva una passione smisurata per il volo, quasi quanto la mia per la fotografia (sorride…). Così un giorno abbiamo provato a sintetizzare le due esperienze e siamo partiti. Io ancora sono in viaggio.

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Quindi per te volare è viaggiare?
Certamente. È un viaggio bellissimo di cui non mi stancherò mai. Sorretto dall’aria, durante il volo vivo in simbiosi con la natura. Il legame che instauri con il territorio è molto meno superficiale di quello che avresti se lo percorressi a piedi o in macchina.

Quali sono le difficoltà maggiori nel fotografare dall’alto?
Sicuramente di natura climatica. Il deltaplano, a differenza dell’aereo che dispone della cabina pressurizzata, non ha un abitacolo, per cui superati i 3000 metri, il corpo viene sollecitato a brusche variazioni di pressione e temperatura. Se non si è allenati c’è il rischio di  perdere la lucidità. Il volo in deltaplano richiede tanto esercizio, cura nell’abbigliamento e nell’attrezzatura, una buona preparazione psico-fisica  e un rapporto di totale fiducia tra fotografo e pilota.

Raccontaci meglio di questo rapporto.
Si deve condividere la passione per il viaggio, la voglia di raggiungere la meta, la capacità di saper rinunciare e non spingersi troppo oltre e la caparbietà di riprovarci. Volo da anni sempre con lo stesso pilota ed è un viaggio che compiamo assieme, lui con la sensibilità delle sue braccia, io con quella del mio occhio. Non possiamo parlarci, non possiamo guardarci, dobbiamo intenderci con un gesto e muoverci in sintonia.

La Calabria dall’alto: un punto di vista benevolo per una regione martoriata dall’ abusivismo edilizio e da una pessima amministrazione.
La Calabria dall’alto è un giardino rigoglioso che esprime al massimo le sue potenzialità. È la regione che dovremmo volere e che forse, con un impegno condiviso e tempestivo, si potrebbe avere. Il paesaggio, i beni architettonici, le tradizioni – giusto per citare alcune ricchezze – si stanno immiserendo. Manca un’azione partecipata che miri al bene collettivo e non punti all’appagamento del singolo. Il tempo però non è infinito.

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Prossima tappa?
Ci sono tre comuni calabresi che ancora non ho fotografato: Mormanno, Laino Borgo e Papasidero. Si trovano nel Parco del Pollino e confinano con la Basilicata. In diverse occasioni li abbiamo sfiorati ma per volarci sopra occorre tanta energia, vista l’impervietà di quel territorio. Ma in autunno dovremmo farcela.

Il nome di quale fotografo?
Senza dubbio Luigi Ghirri. Le fotografie che realizzo coincidono con il mio processo conoscitivo per cui nel Suo “Pensare per immagini” ritrovo me stesso.

Progetti futuri?
Fotografare l’isola di Pantelleria. Si tratta di un’impresa difficile data la ventosità della zona ma ancora un po’ di pazienza e poi via, in alto.

 

 


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