“Modifica alla normativa in materia di immigrazione e di asilo”. Questo il nome effettivo della legge 30 luglio 2002, n. 189, conosciuta ai più – anche se alcuni parlamentari hanno vergognosamente affermato di recente di non sapere nulla a riguardo – come “Bossi-Fini“.
La legge, come intuibile, prende il nome dai primi firmatari, i leader di Alleanza Nazionale e della Lega Nord. Gianfranco Fini (che ha successivamente dichiarato di voler cambiare la legge che porta il suo nome) e Umberto Bossi erano, all’epoca, rispettivamente vicepresidente del Consiglio dei ministri e ministro per le Riforme istituzionali e la Devoluzione. La norma è andata a modificare il Testo Unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero sostituendo ed integrando la precedente modifica, la cosiddetta legge Turco-Napolitano.
Questi i punti salienti della legge:
Ingressi – L’ingresso in Italia può essere consentito a chi sostanzialmente dimostra di disporre di risorse adeguate per l’esercizio dell’attività che intende intraprendere, di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria. L’ingresso in Italia dei lavoratori stranieri non appartenenti all’Unione europea che intendono esercitare nel territorio dello Stato un’attività non occasionale di lavoro autonomo può essere consentito a condizione che l’esercizio di tali attività non sia riservato dalla legge ai cittadini italiani o a cittadini di uno degli Stati membri dell’Unione Europea.
Permesso di soggiorno e impronte digitali – Il permesso viene rilasciato solo in presenza un contratto di lavoro e dura due anni per i rapporti a tempo indeterminato (precedentemente erano invece tre), un anno in tutti gli altri casi. In caso di sopravvenuta disoccupazione si procederà con il rimpatrio. Per ottenere il permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo (la c.d. carta di soggiorno, con cui si può fare ingresso in esenzione di visto, si può accedere ai servizi e alle prestazioni erogate dalla pubblica amministrazione e si può partecipare alla vita pubblica locale esercitando anche l’elettorato quando previsto dall’ordinamento.) la legge ha aumentato a sei gli anni (prima erano cinque) necessari di soggiorno in Italia; il recepimento di una direttiva europea ha poi riportato il requisito a cinque anni. La durata del permesso di soggiorno degli immigrati disoccupati è stata ridotta a sei mesi (prima era di un anno). Per i richiedenti permesso di soggiorno (o il suo rinnovo) è stato introdotto l’obbligo di rilevamento e registrazione delle impronte digitali.
Espulsioni, CIE e respingimenti – Confermando quanto previsto dalla precedente Turco-Napolitano, la Bossi-Fini impone che gli irregolari (coloro sprovvisti di permesso di soggiorno ma con documenti di identità) subiscano espulsione per via amministrativa, dal prefetto della Provincia dove avviene il rintracciamento, tramite l’accompagnamento alla frontiera (immediatamente eseguito da parte della forza pubblica). I clandestini (coloro sprovvisti sia di permesso di soggiorno che di documenti di identità) saranno invece portati nei CIE (precedentemente chiamati CPT) per sessanta giorni. Anche qui c’è stato un inasprimento rispetto alla già dura condizione imposta dalla Turco-Napolitano (che prevedeva un periodo di permanenza nel centro di soli trenta giorni). In questo periodo si procede con l’identificazione della persona (non sono oggetti, ma persone); in caso non si riesca a procedere, il clandestino riceverà un ordine di lasciare l’Italia entro soli tre giorni (prima erano quindici). Se il soggetto in questione dovesse tentare nuovamente l’ingresso senza permesso, commetterebbe un reato.
La Bossi-Fini prevede la pratica dei respingimenti nelle acque extra-territoriali secondo quanto stabilito dagli accordi con paesi terzi. Così stabilendo si autorizza a procedere con l’identificazione dei richiedenti asilo direttamente in mare, evitando l’attracco dei barconi sul suolo italiano.
Ricongiungimenti familiari e falsi matrimoni – Il cittadino di paesi terzi regolarmente soggiornante in Italia può chiedere il ricongiungimento con il coniuge, col figlio minore (anche maggiorenne nel caso non possa provvedere al proprio sostentamento), con i genitori (se over 65 e se nessun altro figlio possa provvedere al loro sostentamento). Se a un matrimonio tra cittadino/a italiano/a e un cittadino/a di paesi terzi non consegue un’effettiva convivenza, il permesso di soggiorno del/della regolarizzato/a verrà revocato (tranne se dal matrimonio sono nati dei figli).
QUI il testo completo della legge
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