Un’altra sentenza di morte è stata eseguita nella Striscia di Gaza. Mercoledì, alle 16:30, il prigioniero Hani Mohammed Abu Aliyan è stato impiccato per il reato di omicidio. Più volte Amnesty International ha chiesto al governo di Hamas l’abolizione della pena capitale. In particolare ha destato scalpore il caso di Abu Aliyan: non riuscendo l’accusa ad attribuirgli l’omicidio per un caso di rapina a mano armata, lui confessò – a seguito di torture eseguite dai secondini – lo stupro e l’omicidio di un bambino di 6 anni.
L’esecuzione è avvenuta in perfetto stile medioevo: il patibolo è stato innalzato in una piazza cittadina di Khan Younis (residenza dell’imputato), alla presenza di famigliari e spettatori comuni. I famigliari hanno denunciato di essere stati avvisati solo il giorno prima dell’esecuzione.
Il governo di Hamas ha al suo attivo ben 17 esecuzioni dal 2007, anno del loro insediamento al potere. Da anni le organizzazioni per i diritti umanitari chiedono la sospensione della pena di morte e di far luce su tutti i casi sospetti, in particolare sulle confessioni ottenute – dopo torture – ai prigionieri accusati di collaborazionismi con Israele. Ad oggi l’unica risposta data è stata che la pena di morte è contemplata dalla legge islamica e che quindi è Dio che la vuole.
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