La mia anima gemella mi aspettava all’uscio della moschea – puntata 4

“In quella stanza il mio cuore cessò di battere. Potei solamente abbassare il capo, non avevo il coraggio di guardarlo in faccia, nemmeno per un momento. Ibrahim aveva ragione, il signor Deni sembrava stregato”. Di Jemy Haryanto (leggi la terza puntata)

“C’è qualcosa, signore?” chiesi io, con esitazione.

“Come sta tua madre?”

Immediatamente il mio cuore sobbalzò. Beh, onestamente ne rimasi sorpreso. Durante i miei discorsi col signor Deni, mi aveva chiesto soltanto una volta della mia famiglia, figuriamoci della salute di mia madre.

“Grazie a Dio sta bene, signore.”
“Bene, se le cose stanno così.”
Fece per andarsene, poi si voltò.

“Qualche volta, vorrei venire a farti visita a casa. Forse se non ci sono impedimenti, sabato prossimo,” mi disse quell’uomo dalla pelle chiara.

Questa volta non rimasi sorpreso, semplicemente quasi non ci credevo. Il signor Deni faceva il docente, aveva una vita ben definita, e voleva venire alla mia baracca. Com’era possibile? Davvero non capivo. Sicuramente, era conosciuto come una persona seria e severa.

Ma il giorno stabilito, il signor Deni procrastinò, poiché dovette partecipare ad un seminario. Al contrario, mi chiese di venire a casa sua. Ricevetti il suo invito all’ora della preghiera pomeridiana Maghrib, e sperai di poter poi recitare la preghiera della sera assieme a lui. Dopo cena, mi invitò a sedermi in salotto, seguito da sua moglie, la signora Nisa.

Parlammo come al solito, riguardo a molte cose. Dal cattivo comportamento degli studenti alle esperienze fatte, inserendo anche qualche barzelletta. E onestamente, quella sera fu la prima volta che vidi Deni ridere davvero di gusto. Ma ben presto, l’atmosfera del salotto si fece silenziosa. Alla fine il signor Deni mi fece una domanda.

“Quanti anni hai?”

“32, signore.”

“Mmm, hai raggiunto ormai l’età obligatoria. Allora, perché non sei ancora sposato?”

Rimasi in silenzio un momento. Era difficile per me rispondere a quella domanda. Perché se avessi parlato, l’esperienza dolorosa vissuta con il signor Sudri e Santi sarebbe tornata a farsi strada nella mia testa, e alle volte mi rendeva furioso.

“Ti è stato negato l’amore, eh?” irruppe la signora Nisa, lasciandomi stupito.

“Forse è una delle ragioni.”

“C’è qualche altro motivo?” aggiunse la donna, docente anch’essa, con un sorriso.

“Mia madre e mio fratello, signora.”

“Se mi sposo, chi si prenderà cura di loro a casa. Io cerco soltanto di pensare in modo razionale, e probabilmente voi sapete quanto guadagno. Inoltre, vorrei che mio fratello si laureasse, signore.”

Vidi quella coppia sposata scambiarsi un’occhiata, poi udii un respiro lungo e profondo. Il signor Deni annuì e sorrise. Senza preavviso, mi posò una mano sulla gamba.

“Sono orgoglioso di te. Sono orgoglioso.”

“Tu sei riuscito a battere il tuo ego. In effetti, se ci pensi avresti potuto semplicemente andare a scuola, con i proventi del tuo lavoro, ma non l’hai fatto. È questo, questo non si trova nei ragazzi d’oggi. La gente è molto confusa nell’interpretare la propria indipendenza.”

“Indipendenza non vuol dire vivere lontano dai propri genitori. Ma se sei in grado di guadagnarti da vivere, curati di loro e proteggili ogni giorno. Sono fortunati coloro che hanno i genitori che ancora lavorano, o sono in pensione, ma se non è così, che si fa?! Tutto questo è da prendere in considerazione. Ma per gli uomini, è un dovere obbligatorio. Sono d’accordo con te,” dichiarò il signor Deni.

Alla fine di quella lunga discussione, Deni mi rivelò lo scopo per cui mi aveva invitato quella sera. “Bene. Il motivo per cui ti ho invitato a venire qui stasera, è chiederti di entrare a far parte della famiglia.”

Corrugai la fronte, non capendo che cosa volesse dire Deni.

“Cosa intende, signore?” chiesi, con curiosità.

“Vorrei che ti fidanzassi con Rumi, la sorella di mia moglie. Che cosa ne pensi?” il signor Deni si strinse al braccio di Nisa.

Ero notevolmente scioccato, e quella sensazione non solo si diffuse in tutto il mio corpo, facendomi sudare freddo, ma le mie ginocchia iniziarono anch’esse a tremare. Come no, delle persone così istruite volevano che un poveraccio come me diventasse loro parente. Per l’amor di Dio, no, no, no. Avevo imparato la lezione.

Non volevo fare la persona sprezzante. Ma sposare Rumi sicuramente avrebbe dato vita a pregiudizi negativi della società in futuro. E mia madre avrebbe portato il peso di tutto ciò. Cercai di non rispondere all’offerta.

“So che è difficile per te replicare. Ma non ti chiedo di darmi una risposta stanotte. Medita, e riflettici con attenzione. Quando sarai giunto ad una conclusione, fammelo sapere prima possibile, sì o no,” disse quell’uomo dai capelli ricci, dolcemente, ma con fermezza.

Ma io rimasi in silenzio. Non risposi a ciò che mi riferì il signor Deni. Finché finalmente la signora Nisa parlò.

“Stiamo cercando di comprendere ciò che ti fa esitare. Ma abbiamo scelto te non senza motivo. Forse non hai mai immaginato che, in questo periodo, mio marito ti ha osservato mentre eri in moschea, mentre lavoravi, qualche volta ha persino cercato delle informazioni su di te attraverso Ibrahim, ed i tuoi amici.

“Ma, signora…”

“Io non possiedo nulla. Io ho solo…” mi fermai, poiché non ero in grado di continuare.

La signora Nisa mi guardò scuotendo la testa più volte.

“No. Noi non giudichiamo le persone dal loro status. Lo status ed i beni si possono cercare, certo, dipendono dalla nostra tenacia nell’ottenerli. Ma noi abbiamo bisogno di un marito che possa diventare una guida spirituale per Rumi, e allo stesso tempo responsabile. Ed abbiamo trovato questo in te. Non abbiamo alcun diritto di farti delle pressioni, ma pensaci.”

Quella notte, non riuscii davvero a dormire. La testa mi pesava. Il mio cuore era inquieto. Piansi anche sul tappeto da preghiera, per un terzo della notte. La richiesta del signor Deni e della signora Nisa ne era la causa, mi poneva al centro di un gran dilemma.

Certo la mia piccola voce interiore mi ricordava che non potevo negare di voler davvero sposarmi. Ma magari la donna che cercavo non era Rumi. Tuttavia le donne erano tutte uguali per me, nate dal grembo di una donna il cui destino era lo stesso di mia madre. E quando avevo provato a chiedere un incoraggiamento a riguardo, mamma aveva lasciato che tutte le decisioni venissero prese da me, e mi aveva detto di chiedere consiglio al Signore, affinché mi desse la determinazione necessaria.

Per quattro giorni pregai il Signore, Sovrano dell’Universo. Cosicché il quinto giorno presi la mia decisione, e contattai subito il signor Deni.

“Allora, com’è?” Mi chiese il signor Deni, al telefono.

“Sembra che Dio mi abbia dato la giusta determinazione, signore.”

“Sarebbe a dire…?” Attese la mia risposta.

“Che accetto la Vostra proposta.”

“Grazie a Dio…” rispose Deni, felice.

Il giorno dopo il signor Deni e la signora Nisa si presentarono a casa mia, per incontrarsi con mia madre ed esprimere le loro intenzioni ed obiettivi. Dopodiché fui trasferito in aereo a Bogor.

Conobbi Rumi in quella città piovosa. Mio Dio, sembrava proprio elegante con il velo bianco che portava. Si sedette di fronte a me, a testa china. Nel frattempo io ero impegnato a cercar di calmare il mio cuore. Sì, ero molto nervoso. Era evidente dai pori della mia pelle che stavo sudando freddo. Un’altra cosa che mi rendeva inquieto era che l’evento aveva visto la partecipazione di tutta la famiglia di Rumi.

Dopodiché, Rumi mi accettò. Ci siamo sposati a Binjai, il suo villaggio natale, con la partecipazione anche di mia madre e mio fratello. È stato un giorno molto festoso. C’erano il signor Deni e la signora Nisa, anche un’altra sua sorella, che si occupò delle spese del matrimonio. Ed io sembravo aver perso ogni percezione durante la cerimonia, perché davvero non ci credevo. Persino ora, che sono sposato da 4 anni, ancora non riesco a crederci.

Sicuramente il Signore lavora molto in segreto. Egli mi da donato l’anima gemella sulla soglia della moschea, attraverso il signor Deni.

(Dal racconto di un mio amico, Jusup, Binjai, Sumatera)


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