14 anni di “Putinate”, tutte le tappe dell’ascesa dell’ultimo zar

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di Manuele Petri

Oggi sono passati 14 anni da quando Vladimir Putin è entrato prepotentemente sulla scena politica internazionale vincendo le elezioni presidenziali russe del 26 marzo del 2000. In poco più di 10 anni, tra la caduta del muro di Berlino e la sua elezione, riuscì a passare da oscuro agente del KGB di stanza nella Germania dell’Est a uomo di fiducia del sindaco di San Pietroburgo Anatoly Sobchak, per diventare poi vice-capo dello staff del presidente Eltsin che lo nominò direttore dell’Fsb (servizi segreti russi) e successivamente segretario del Consiglio di sicurezza e nel 1999 per la prima volta premier in attesa delle nuove elezioni. Dieci anni in cui Vladimir Putin ha saputo costruirsi un esteso reticolo di alleanze sfruttando il vuoto di potere lasciato dalla caduta dell’Urss. E in questi ultimi 14 anni ha fatto in tempo ad essere eletto tre volte Presidente della Federazione russa e una volta Premier nell’intermezzo che ha visto il suo delfino Medvedev al Cremlino. Un periodo in cui la sua popolarità in Russia è cresciuta in maniera inversamente proporzionale rispetto a quella raggiunta a livello internazionale. E in effetti è difficile dare un giudizio equilibrato su una figura come Putin, descritto dai media occidentali come il male assoluto mentre in patria si parla di culto della personalità.

Se è vero che grazie alla vendita di gas e petrolio in 14 anni il Pil pro-capite della Russia è passato da 2.000 a 17.000 dollari, è anche vero che la maggior parte delle ricchezze è in mano ad una piccolissima percentuale della popolazione. Questo non deve però far dimenticare che molti russi che prima prima della caduta del comunismo e nel decennio successivo vivevano sotto la soglia di povertà ora riescono ad avere una vita dignitosa. Putin gode quindi di un grande consenso, pur costruito attraverso il controllo totale dei mezzi di informazione, tanto che la Russia è al 148° posto nella classifica internazionale sulla libertà di stampa.

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Forse il modo più semplice per giudicare il suo operato è quello di scorrere gli avvenimenti principali che hanno caratterizzato questi 14 anni di strapotere putiniano.

Il 25 ottobre 2003 viene arrestato per frode fiscale l’imprenditore russo Michail Borisovič Chodorkovskij, proprietario della compagnia petrolifera Yukos e nemico politico di Putin. In breve la Yukos perse gran parte del suo valore in borsa, finché non finì in bancarotta e gli asset più importanti vennero rilevati a costo zero dalla compagnia di stato Rosneft, gestita indirettamente dallo stesso Putin.

Nel settembre del 2004, a seguito degli attacchi terroristici ceceni in Russia, il parlamento russo modifica il metodo con cui vengono eletti i governatori regionali sostituendo alle libere elezioni la nomina da parte del presidente con successiva ratifica da parte dei parlamenti regionali.

Il 7 ottobre 2006 la giornalista Anna Politkovskaja viene uccisa a Mosca da un sicario. Era molto conosciuta per il suo impegno sul fronte dei diritti umani e per i suoi reportage dalla Cecenia oltre che per la sua strenua opposizione al presidente Vladimir Putin. ci sono ancora grosse ombre su chi siano stati gli esecutori dell’omicidio mentre i mandanti restano sconosciuti.

Una legge emanata nel 2006 concede ampia discrezionalità ai burocrati nel monitorare e chiudere le ONG che attaccano le politiche ufficiali del governo.

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Nel novembre 2006 Putin è sospettato di essere il mandante dell’omicidio politico dell’ex colonnello del KGB Aleksandr Litvinenko. In un video registrato poco prima della sua morte, dovuta ad avvelenamento da radiazioni di Polonio 210, è lo stesso Litvinenko ad accusare Putin.

Tra il 26 agosto 1999 – 16 aprile 2009 si combatte la seconda guerra cecena. Si stima che il conflitto, fortemente voluto da Putin per schiacciare le mire indipendentiste dei ceceni, abbia causato tra le 25.000 e le 50.000 vittime.

Nel dicembre 2007 la Duma ratifica l’uscita unilaterale della Russia dal Trattato contro la proliferazione di armi convenzionali in Europa.

Nel 2008 Putin gestisce personalmente la crisi con la Georgia sfociata nella seconda guerra in Ossezia del Sud, vinta dalla Russia. Con il riconoscimento dell’indipendenza di Ossezia del Sud e Abcasia (26 agosto 2008), Putin ha notevolmente rafforzato la posizione militare ed economica russa nel Caucaso e sul Mar Nero.

Il 2 dicembre 2010 la Fifa assegna alla Russia i mondiali di calcio 2018.

Le elezioni presidenziali del 2012, nelle quali Putin ha ottenuto il 63% dei voti, sarebbero state caratterizzate da brogli. Almeno stando a molti osservatori internazionali e alle parole dell’Ocse.

Il 26 gennaio 2013 la Duma approva una legge, definita anti-gay, che vieta la propaganda omosessuale prevedendo pesanti sanzioni per chiunque si esprima in pubblico sulla situazione degli omosessuali. Mette inoltre al bando eventi, manifestazioni e concerti che possano essere ritenuti a rischio di “propaganda gay”.

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Dal dal 7 al 23 febbraio 2014 si svolgono le olimpiadi invernali di Sochi, il fiore all’occhiello del percorso politico di Putin. Sono costate oltre 50 miliardi di dollari diventando le olimpiadi più care della storia.

Nel marzo del 2014 Putin accoglie la Crimea nelle Federazione Russa dopo che un referendum non riconosciuto dalla comunità internazionale ha sancito con il 92% dei voti la volontà del popolo della Crimea di staccarsi dall’Ucraina.

Il 5 marzo 2014 viene ufficializzata la sua candidatura al premio Nobel per la pace per il suo “impegno” in Siria.


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