di Asha Siad e Roda Siad
Questa non è una storia sull’Italia o sui migranti africani. Questa è la storia di una collisione tra confini, politica e vite umane. Mentre un numero indefinito di barche piene di migranti e richiedeni asilo salpa per l’Europa ogni hanno, una crisi umanitaria silenziosa cresce senza pause. Nell’era della globalizzazione, quando i muri fisici crollano, muri invisibili che hanno la forma di regole e discriminazioni si innalzano fermamente.
Due anni fa, a Roma, quella che pensavamo essere una vacanza diventò un’esperienza che ci ha cambiato la vita. Abbiamo incontrato molti giovani rifugiati che ci hanno raccontato com’era la vita in Europa per loro. Sentimmo la necessità di raccontare quelle storie così la scorsa primavera tornammo da loro.
In un modo stranissimo, la città era cambiata incredibilmente pur rimanendo la stessa. Vicino alla stazione Termini ci imbattemmo in una faccia famigliare, una di quelle che non puoi dimenticare. Del diciassettenne sorridente rifugiato somalo che avevamo ribattezzato “Uomo ombrello” perché vendeva ombrelli nelle aree di maggior interesse turistico della città non rimaneva nulla. Davanti a noi c’era un giovane molto magro.
Per noi Roma era e rimane una città di transito. Che siano turisti, disoccupati o rifugiati, le persone lasciano e tornano di continuano. In parte questo rende più difficile catturare le storie di migranti e rifugiati. Tra le strade vivaci del centro di Roma a volte è difficile incontrarli.
Ma visitando illegalmente gli edifici occupati nelle periferie romane o i parcheggi pubblici dove i rifugiati africani trascorrono i loro giorni, abbiamo conosciuto le facce che si nascondono dietro termini asettici come stranieri, rifugiati, migranti e richiedenti asilo. Abbiamo imparato che le loro storie sono complesse quanto le politiche che hanno sigillato i loro destini.
Dopo 20 interviste a rifugiati africani le storie iniziavano ad assomigliarsi tra loro. La maggior parte di loro vivevano in attesa. Di documenti per poter ricomincare a vivere, per alcuni; per altri, di ricominciare a vivere grazie a quei fogli spiegazzati che avevano in mano.
Vivendo esperienze traumatiche e in condizioni di stress sia nei loro paesi di origine sia in Italia, sono molti i casi di malattie mentali. E’ una popolazione vulnerabile che vive all’ombra della società, isolata e senza dimora.
Ma abbiamo imparato che anche nei luoghi più scuri ci sono scorci di speranza.
In un edificio colorato con graffiti alle pareti, si può ascoltare, oltre le risate, il sound della musica africana. Seguendo i suoni ci siamo ritrovate in una cucina affollata dove aveva luogo un progetto incredibile chiamato Barikama Yogurt.
Dopo aver parlato con questi giovani migranti dell’Africa occidentale, abbiamo scoperto che parteciparono alle rivolte di Rosarno del 2010, dove i braccianti stranieri protestarono per le condizioni di lavoro disumane.
La loro capacità di rimettersi in gioco è solo un esempio di quello che potrebbe accadere se venisse data a ciascuno un’opportunità. La vita li ha portati dallo sfruttamento all’imprenditoria. E ora vogliono espandere la loro produzione di yogurt biologico e dare lavoro ad altri migranti in Italia.
Attraverso questo progetto abbiamo voluto capire in che modo le persone costruiscano comunità “di fortuna” per necessità e riescano a creare un senso di appartenenza in un luogo che non sempre li accetta.
Living at the Border è un progetto multimediale che documenta le storie dei rifugiati in Italia. Le storie raccolte in questo progetti parlano di sogni, promesse e rimpianti. Speriamo che le storie di queste persone creino più consapevolezza intorno al dibattito sulla migrazione globale e sui rifugiati.
Per saperne di più:
Twitter: @living_border
Facebook: Living at the Border
Asha and Roda are Somali-Canadian documentary filmmakers and researchers based in Calgary.
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