Come portare a scuola i bimbi mendicanti

Testo e foto di Jemy Harianto

Ci sono 98 studenti nella Skb. Sono tutti bambini provenienti da zone degradate, che non hanno avuto la possibilità di seguire la normale formazione nelle scuole pubbliche. Hanno dai 3 ai 17 anni e lavoravano come mendicanti, spazzini o raccoglitori d’immondizia.

Seppur nata da soli due anni, la Sekolah Khatulistiwa Berbagi (scuola equatoriale della condivisione) o Skb conta già molti simpatizzanti tra cittadini, studenti, attivisti e professionisti, che s’impegnano a dare una mano per garantire la formazione dei bambini.

La scuola nasce dall’idea di una ragazza di 26 anni, Anggia Anggraini, preoccupata per la sorte dei bambini poveri nella città di Pontianak. “Sono ancora così piccoli, hanno un futuro davanti a sé. Non devono vivere per strada e diventare mendicanti o spazzini. Non sono solo poveri, ma si vedranno strappati dai loro sogni. Non può essere così. Dobbiamo aiutarli. Perché sono vittime innocenti della discriminazione portata avanti da un sistema educativo così materialista”.

Quando decise di buttarsi nel sociale, Anggia frequentava la facoltà di medicina a Jogjakarta. Decise di fermarsi al quarto semestre per tornare e dedicarsi al suo villaggio natale. Da sola, utilizzando le proprie risorse nelle zone più povere per insegnare ai bambini.

Inizialmente è stato molto difficile cambiare il modo di pensare dei bambini, già di piccolissimi abituati a lavorare e guadagnare denaro.

“Molto difficile davvero. Oltre ai bambini, anche i genitori non davano loro il permesso, per vari motivi. Ma ho cercato di capire, e non ho voluto rinunciare,” afferma Anggia.

Alla fine, la giovane donna ha provato un altro metodo. Sapeva che il fattore economico era la ragione per cui la gente rifiutava la sua campagna ed il suo programma. Per questo, ogni qualvolta si dedicava all’insegnamento, portava con sé beni come riso, cibo ed altro, da donare alle famiglie.

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“Accettai la sfida. All’inizio, quando la mia scuola aprì, era circondata dalla spazzatura,” racconta Anggia. La Sekolah Khatulistiwa Berbagi sopravvisse per soli tre mesi in quel villaggio. Le attività didattiche venivano contestate dai residenti della zona e Anggia fu accusata d’insegnare una forma di pensiero fuorviante. “Lo capisco. La buona volontà è sempre vista con cinismo. Ma io non mi sono arresa, perché anche questo fa parte della mia lotta”, sorride Anggia.

Alla ricerca di un posto fisso, attualmente la scuola si trova all’interno dell’edificio di una scuola dell’infanzia privata, nel centro della città di Pontianak.

Ai bambini è vietato utilizzare i servizi di questa scuola, poiché non pagano la retta, e c’è anche la possibilità che il proprietario li mandi via. Eppure lo stabile in cui ora sorge la Sekolah Khatulistiwa Berbagi era una ex costruzione abbandonata, in condizioni precarie. Prima che, lentamente, venisse ristrutturata da Anggia ed i suoi amici.

“Ci intenerisce vedere questi bambini. Ma questa è la prova che c’è ancora discriminazione nel nostro paese, nei confronti dei bambini poveri,” afferma la giovane donna, nata nel 1988.

Per soddisfare le esigenze dei piccoli studenti dell’SKB, oltre ad utilizzare una parte consistente del proprio denaro, Anggia riceve anche donazioni da volontari e dalla gente locale che ha a cuore l’educazione offerta, anche se di natura non continuativa.

“I miei amici e volontari mi aiutano a raccogliere fondi ogni mese. Mentre le donazioni che ricevo dalla comunità della zona consistono solitamente in oggetti, quali libri, vestiti, beni di base e quant’altro,” spiega Anggia.

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Il metodo di studio

La Sekolah Khatulistiwa Berbagi segue un modello di insegnamento che prevede il gioco anche nell’educazione formale. I bambini più piccoli sono seguiti da un gruppo di dieci volontari che insegnano loro a leggere e contare.

“Sono soddisfatta dei miei amici volontari. Sono così motivati. Anche se hanno avuto un background formativo e lavorativo molto diverso, sono sempre professionali. Loro sanno che cosa dev’essere fatto,” dichiara Anggia.

Secondo la giovane fondatrice, il modello d’insegnamento della sua scuola non può essere equiparato all’educazione degli studenti nelle scuole normali. I bambini ai margini che frequentano la scuola richiedono un trattamento speciale in grado di cambiare il loro atteggiamento con fermezza e compassione. La formazione del loro carattere è una priorità nella loro educazione. Ma “non bisogna dimenticare che qui insegniamo anche le lingue straniere”.

I bambini, inoltre, sono incoraggiati a continuare poi la loro educazione presso una delle regolari scuole pubbliche. Ed alcuni bambini già lo hanno fatto.

“Questo è il nostro obiettivo. La nostra scuola prepara i bambini, noi poi lottiamo affinché possano frequentare le scuole pubbliche. I risultati sono incredibili. I ragazzi della scuola che si sono inseriti negli istituti di formazione regolare hanno sempre mostrato buone prestazioni in aula”, esclama Anggia.

Educare alla tolleranza

I bambini della Sekolah Khatulistiwa Berbagi provengono da gruppi etnici e religiosi differenti. Oltre ai ragazzi musulmani, che costituiscono la maggioranza, vi sono anche molti cristiani, induisti e buddisti. Per questo motivo l’SKB educa alla tolleranza. Non solo in modo teorico, ma anche pratico.

Per esempio, nel mese del Ramadan, i bambini che professano altre religioni sono tenuti a rispettare i bambini musulmani che digiunano. Ed allo stesso modo, quando i bambini che professano altre fedi digiunano, gli alunni musulmani devono portare il massimo rispetto.

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“Io sono musulmana, ma alcuni miei parenti sono cristiani. Così noi chiediamo sempre ai bambini di rispettarsi l’uno con l’altro. E una vita fondata sulla tolleranza è una realtà stupenda,” sorride Anggia mentre ricorda che ai bambini dell’SKB viene chiesto di ricordarsi a vicenda i precetti dei culti altrui.

“C’è solo una conseguenza che applichiamo ai bambini che non ricordano i comandamenti delle religioni altrui. Essi sono tenuti a leggere i Testi Sacri fra di loro. E lo fanno sempre con entusiasmo,” spiega.

Inoltre, viene fornita anche una formazione professionale ai bambini, come corsi di cucina, di agricoltura e di pesca. Ma non basta, in futuro vorrebbe avere un edificio di sua proprietà per aiutare i bambini a raggiungere i loro sogni, e della terra, per lasciarli fare pratica. “Perché siamo stanchi di essere espulsi e sballottati da un luogo all’altro. E le nostre speranze in un aiuto dal governo, per ora, sono state vane”.


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