La Nigeria ha ufficialmente bandito la mutilazione genitale femminile. Il Violence Against Persons (Prohibition) Act 2015 che contiene le relative disposizioni è stato approvato dal Senato il 5 maggio e in questi giorni è entrato in vigore. La legge – che rappresenta uno degli ultimi atti del presidente uscente, Goodluck Jonathan – proibisce la mutilazione genitale femminile, l’abbandono di mogli e figli senza conseguente sostegno economico, le espulsioni forzate da casa e una serie di pratiche culturali particolarmente negative per le donne vedove. In realtà alcuni dei 36 stati nigeriani proibivano già questa pratica, ma la nuova legislazione uniforma la disciplina a livello federale.
Secondo un’analisi del Guardian, circa un quarto delle donne in Nigeria hanno subito la pratica nel 2014. Stella Mukasa – direttrice del settore “Genere, violenza e diritti” presso l’International Center for Research on Women – spiega però la complessità dell’implementazione della nuova legge. “È di cruciale importanza ora aumentare conseguentemente gli sforzi per cambiare le tradizioni culturali alla base della violenza contro le donne”, ha scritto in un articolo per il Guardian. “Solo allora questa pratica dannosa sarà eliminata”.
L’infibulazione – la cui origine è esclusivamente culturale, e non religiosa – è una mutilazione genitale femminile che consiste nell’asportazione del clitoride, delle piccole labbra, di parte delle grandi labbra vaginali con cauterizzazione, cui segue la cucitura della vulva, lasciando aperto solo un foro per permettere la fuoriuscita dell’urina e del sangue mestruale. Il ruolo principale di tale abominio è quello di ridurre il piacere e il desiderio sessuale nelle donne e – in altri casi – per iniziare le ragazze alla fase adulta.
Secondo l’UNICEF “oltre 130 milioni di ragazze e donne hanno subito mutilazioni genitali in 29 paesi tra Africa e Medio Oriente, dove la pratica è più diffusa”.
L’Organizzazione mondiale della sanità annovera, tra gli effetti immediati, emorragie, infezioni batteriche, piaghe aperte e, tra le conseguenze a lungo termine, infertilità, complicazioni durante il parto e infezioni ricorrenti alla vescica urinaria.
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