“Mi trovo in un ospedale da campo. Soltanto oggi circa 200 persone sono svenute; ieri invece sono state ricoverate sette persone per avvelenamento, dopo aver mangiato carne cruda di gatto. La situazione è davvero dura. Diversi bambini sono morti perché senza latte, ci sono famiglie costrette a mangiare rovi”. Questa la testimonianza con cui un attivista di Madaya, che ha preferito restare anonimo, racconta l’orrore dei 40mila abitanti intrappolati in una morsa di miseria e fame. Le truppe di Assad hanno tenuto sotto assedio la città per mesi, tagliando ogni rifornimento di viveri e medicinali per “stanare i ribelli”, fino a quando la pressione mediatica internazionale non ha convinto il governo ad allentare la presa. Mesi di fame e morte lavati via con un cenno del capo, che ha così mostrato “misericordia” concedendo di nuovo un pasto alla martoriata cittadina.
Ma Madaya non è certamente l’unico scenario in cui il regime del clan Assad ha utilizzato (e/o continua a utilizzare) la fame come arma. “Madaya rappresenta soltanto il 5% della popolazione che vive sotto assedio in Siria”, spiega Henrietta McMicking, portavoce dell’organizzazione The Syria Campaign, a Frontiere News.
Sono infatti oltre un milione i siriani che vivono sotto assedio. Checkpoint e barricate circondano gli agglomerati urbani e gli abitanti non hanno la possibilità di accedere a cibo e medicine, oltre a quanto prodotto localmente o introdotto di contrabbando (e venduto a prezzi esorbitanti).
IL NEGOZIO PIÙ COSTOSO AL MONDO – “A Douma i prezzi sono saliti del 400%. A Madaya sono stati sfiorati picchi del 4000%. Alcuni fanno l’elemosina per strada, altri si rivolgono ad organizzazioni umanitarie, altri ancora vendono il proprio oro. Persone che prima erano benestanti, se non ricchi, ora sono costretti a vendere tutto quanto per poter mangiare. Attività economiche, automobili, gioielli. E, nonostante abbia venduto tutto, di molta gente è rimasto soltanto la pelle e le ossa”.
Youssef, Douma
Sono centinaia i morti per fame, migliaia invece per malattie relative alla malnutrizione o per mancanza di medicine. Alcune aree sono assediate dalle bande armate del sedicente Stato Islamico o dalle brigate rivoluzionarie, ma è il regime di Assad a impedire al 99% dei civili sotto assedio di ricevere aiuti umanitari. Delle 52 comunità assediate nel Paese, 49 di queste sono assediate dal regime di Assad, due dalle formazioni dell’Esercito Siriano Libero e una congiuntamente (ma su fronti opposti) dall’ISIS e dal regime.
E sebbene le agenzie umanitarie dell’ONU siano state autorizzate dal Consiglio di Sicurezza a distribuire cibo e medicine alle aree sotto assedio, capita non raramente che non si faccia nulla senza l’approvazione degli ufficiali del regime. In molti casi i camion colmi di beni sono vicinissimi ai villaggi assediati, i sobborghi di Damasco Ghouta e Douma sono ad esempio a un minuto dai depositi ONU. Alcuni portavoce di Break the Sieges hanno addirittura denunciato il flusso di beni (del valore di miliardi di dollari) nelle aree controllate dal regime, “facendo in modo che il regime possa piegare le aree che sfuggono al proprio controllo e utilizzando le agenzie ONU come uno strumento politico di guerra”. Non dovrebbe quindi sorprendere sapere che molti cittadini non vedono una fetta di pane alle agenzie ONU da oltre un anno.
Nella Siria orientale, l’ISIS ha portato avanti un disumano assedio alla città di Deir Ezzor, culminato nella strage del 16 gennaio in cui sono stati uccisi oltre 300 civili e rapiti più di 400 cittadini. Durante questo assedio, che ha tenuto in trappola circa 200mila civili, l’aviazione governativa ha rifornito più volte al giorno le proprie truppe, impedendo però ai volontari delle agenzie ONU di accedere all’aeroporto per consegnare gli aiuti.
In questa tragedia, ci sono eroi silenziosi che aiutano ogni giorno i cittadini assediati. Sono medici, insegnanti, contadini, studenti. Sono coloro che in qualche modo procurano la successiva dose di liquido di dialisi, che recuperano persone intrappolate sotto le macerie, che talvolta riescono a provvedere ai propri vicini qualcosa che si avvicini a un pasto, che continuano a portare i bambini del quartiere a scuola.
CROSTE DI GENEROSITÀ – “Pochi giorni fa, all’una di notte, un uomo stava dormendo profondamente quando sentì il campanello. Era il suo vicino che chiedeva solo un po’ di pane, il figlio non riusciva a dormire per i morsi della fame. Nonostante la famiglia dell’uomo chiamato in causa fosse tutta malnutrita, e sua moglie incinta, lui diede al vicino alcune croste di pane. Altrove sarebbero state date agli animali, ma nella mia città le diamo per placare le atroci sofferenze delle persone affamate“
Bebars, Homs
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