Prima della tua partenza
questa era una casa
dove la musica, seppur triste,
dipingeva le pareti fin sopra le cime
degli alberiPesce sulla terra – i tuoi fiumi mi attraversano
momento stupendo, torna e stammi vicinoDolce arresa, non mentire.
Un’altra immagine che sbiadisce nei campi, un altro cancello di legno giallo,
e un giardino.“Ultimo valzer” di Omar Baz Radwan
Traduzione dall’inglese a cura di Pina Piccolo
QUI altre sue poesie in italiano
Omar Baz Radwan è un giovane autore e scrittore libanese. Il suo ultimo libro, My Poetry Room (recentemente pubblicato a Beirut da World Book Publishing) è un esperimento con il linguaggio, creando immagini e ritratti ispirati ai suoi viaggi in Irlanda, Beirut, Istanbul e Africa. Tratta di persone, luoghi, esperienze ed emozioni catturate lungo la strada. Ha recentemente completato una tesi di Dottorato in letterature comparate all’Università di Dublino in Irlanda sulla Poesia arabo-americano contemporanea. Sana Darghmouni* lo ha intervistato.
Potresti parlare al lettore italiano di te, delle situazioni più significative della tua vita, e soprattutto del motivo della tua scelta di vivere fuori dal Libano? I motivi che ti hanno portato a questa scelta erano politici o puramente personali? Ci potresti raccontare questo, oltre alla tua diretta esperienza con l’immigrazione e la sua influenza sul tuo stato d’animo?
Sono un poeta arabo (libanese) cresciuto in Occidente, tra gli Stati Uniti, l’Africa (nelle scuole americane) e poi in Europa (Irlanda). Pertanto la mia scelta di scrivere in inglese non è stata in realtà una scelta dato che sono cresciuto in un ambiente di lingua inglese. Questa è sempre stata una sfida per me, in quanto come poeta l’arabo mi appaga più dell’inglese. La lingua araba ha la capacità di penetrare luoghi della psiche con una sola parola, luoghi che la lingua inglese può descrivere solo ricorrendo a dei paragrafi. Per questo motivo, sono sempre stato in esilio nel mio paese e tra i miei stessi lettori, che possono leggere la mia opera solo attraverso la lente della traduzione o attraverso una dubbia smorfia postcoloniale.
Ho sempre cercato di sfuggire ai tumulti politici, sia in Liberia con la cacciata del presidente Samuel Doe nei primi anni ’90 che in Libano poi, con l’attacco di Hezbollah a Beirut nel 2008. Mio padre era vicino al regime governante in Liberia allora e io ero più giovane. Mi ricordo la nostra famiglia tenuta in ostaggio dai ribelli Taylor per dieci giorni, la morte di mio zio per mano loro e il suo assassinio dinanzi a tutti noi. Questo è stato il primo catalizzatore che ha infiammato la mia inclinazione poetica e determinato il mio stile. Ho capito il lato più oscuro della vita e da allora posso esprimermi solo attraverso il linguaggio e precisamente attraverso quello della poesia.
Il Libano, d’altro canto stava vivendo al confine tra la vita e la morte su base quotidiana e questo mi ha portato al misticismo che si rivela tra gli spazi dell’”essere” (vivo) e del “non essere”. Inoltre, il misticismo e la spiritualità hanno assunto una grande importanza nella mia scrittura dal momento in cui cominciavo a scoprire un taglio di confronto tra l’Oriente e l’Occidente, soprattutto negli scritti di Blake e dei romantici, così come in nomi moderni come Rilke, Ungaretti e Transtromer, Hesse, il misticismo sufi oltre anche alle filosofie esoteriche orientali.
Ho attualmente completato una tesi di Dottorato sulla poesia arabo-americana contemporanea colmando il divario tra il primo misticismo di Gibran e le influenze occidentali, e la poesia politica più contemporanea prodotta dalla comunità araba in America dopo gli eventi dell’11 settembre e lo stereotipo dell’arabo/terrorista musulmano.
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Ci potresti parlare della tua esperienza poetica e della tua opera, ci potresti anche sintetizzare il tuo percorso artistico?
La mia scrittura è un risultato diretto della mia ricerca ultima del potenziale umano e della mia fede nel suo sforzo verso un’esperienza umana migliore e più armoniosa, sia su un piano universale che a livello personale. La mia scrittura è iniziata in un’età molto precoce nella nostra comunità in Liberia. Ero solito riunire le persone anziane la domenica pomeriggio e parlare di luoghi immaginari pieni di vita e di grande speranza per tutti. E questo era solo l’inizio.
La mia ricerca della bellezza tra i residui della realtà e la verità della distopia in cui viviamo mi hanno portato a scoprire letture avvincenti e idee nel tempo e nelle varie culture e lingue che esprimono lo stesso potenziale per l’umanità. L’umanità per me è un trampolino di lancio verso grandi inizi, piuttosto che una breve esperienza che termina con la morte. L’umanità è stata tuttavia estremamente e volutamente/consapevolmente disillusa attraverso il tempo e deve senz’altro maturare verso la trascendenza/unità prima o poi (concetto Blakiano di “Los” – Il matrimonio del cielo e dell’inferno).
Quindi, tutto questo mi ha portato a letture sufi, misticismo, letture esoteriche, sia occidentali che orientali, filosofie dell’Estremo Oriente, ha avuto delle implicazioni nella mia vita e mi ha fatto giungere alla consapevolezza sensuale di esperienze che superano il corpo e i limiti dei sensi. Nessuna droga è stata implicata (a parte erbe naturali e rimedi) dato che sono fermamente convinto che qualsiasi farmaco di cui abbiamo bisogno è innatamente a nostra disposizione attraverso la mente e la sua disciplina, piuttosto che una necessità per coinvolgere la fantasia.
So che tratti molto il tema dell’amore nelle tue poesie, ma alla luce di quello che i paesi arabi stanno vivendo attualmente e nell’ambito degli eventi e dei conflitti che scuotono il mondo ogni giorno, la tua poesia ne ha subito le influenze? Hai scritto poesie che raffigurano eventi tragici che attraversano alcuni stati arabi, come l’esilio, la guerra, il problema dei bambini e altro?
Non evito tali situazioni ma non vi sono nemmeno completamente (direttamente) immerso. Certo gli eventi sono reali e devono essere affrontati in arte così come con altri mezzi, ma credo che la poesia abbia la capacità di attingere oltre alle immagini di sofferenza e di dolore. Ha la capacità di entrare in quello che io chiamo uno stato di “nulla”, dove l’etereo (il linguaggio universale dell’amore, gratitudine e trascendenza) è tradotto nella lingua della mente. Credo che la poesia sia l’unico genere in grado di evadere dalla realtà, ma di portare tutta la forza del lettore dentro di essa, anche solo sussurrando qualcosa al di là del fisico. Non posso esprimere il politico come cosa veramente importante e imminente senza la speranza della trascendenza poetica.
*L’articolo completo può essere letto su La macchina sognante, una rivista di scritture dal mondo. Ogni settimana Frontiere News pubblica un saggio selezionato dalla redazione de La macchina sognante.
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