Brexit con gli occhi dei migranti

di Sarah Lazare*

“Questa mattina mi sono svegliata e ho pensato ‘cosa è successo a casa mia?’. Carolina Gottardo, direttrice del Latin-American Women’s Rights Service, con sede a Londra, ha così commentato i risultati del referendum. “Mio figlio di 8 anni mi ha detto ‘Mamma, quando dobbiamo tornare in Colombia?’. I miei figli sono britannici, hanno passaporto britannico ma l’esito del referendum li ha lasciati terrorizzati. Li ha lasciati con dei sentimenti negativi, col senso di non appartenenza. Non hanno capito perché il posto che considerano casa ha fatto qualcosa del genere”.

Gottardo è soltanto una degli innumerevoli rifugiati e migranti che vivono nel Regno Unito a sentirsi annaspare per la vittoria dell’estrema destra. La campagna per uscire dall’Unione Europea si è focalizzata sul razzismo, sulla xenofobia e sull’islamofobia. Non bisogna dimenticare il poster propagandistico di Nigel Farage, leader dell’United Kingdom Independence Party (Ukip), che mostra una lunga fila di rifugiati e di migranti con accanto le parole “Breaking Point”, cioè “Punto di rottura”.

BRITAIN-EU-POLITICS

In seguito all’annuncio dei risultati, Farage ha dichiarato che il fronte del “Leave” ha vinto “senza sparare un singolo proiettile”. Ma questo non è vero; Jo Cox, una politica del Partito Laburista e avvocato per i diritti umani (che ha fatto campagna per rimanere nell’Unione Europea), è stata recentemente accoltellata e poi uccisa a colpi di pistola da un sostenitore dell’ “indipendenza britannica” con legami al mondo neo-nazista.

Questa violenza fisica è stata accompagnata da pesantissimi incitamenti contro migranti e rifugiati.

“Nei giornali di estrema destra abbiamo assistito, mese dopo mese, ad una sistematica propaganda sui rischi della presenza di migranti. Diffondendo l’idea che la risposta alla crisi abbia a che fare con i confini, non con le disuguaglianze sociali o con la globalizzazione neoliberale”, ha dichiarato Asad Rehman, responsabile del Newham Monitoring Project, centro anti-discriminazione con sede a Londra. “Le forze di estrema destra hanno pesantemente cavalcato e sfruttato la rabbia che gran parte della classe operaia bianca ha maturato contro l’establishment”.

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Il risultato, ha detto Rehman, “è che la rabbia è stata rivolta contro migranti, rifugiati e neri in generale”.

Mentre alcuni leader politici e candidati “proto-fascisti” – tra i quali Marine Le Pen e Donald Trump – hanno accolto positivamente l’esito del voto, le comunità colpite dalla propaganda al vetriolo di Brexit stanno facendo di tutto per portare calma in una situazione di isteria collettiva causata dalla campagna referendaria.

“La risposta della nostra comunità a Brexit è duplice”, ha dichiarato Barbara Drozdowicz, direttrice dell’East European Advice Center. “Siamo spaventati per ciò che ci potrebbe succedere, ma siamo anche amareggiati e delusi. Siamo stati bombardati da questi messaggi anti-immigrazione e una mattina ci siamo svegliati in un paese che non ci vuole più. È un momento di emozioni contrastanti per la nostra comunità, che ha dovuto affrontare da tempo la retorica dei cittadini europei che rubano il lavoro, come gli spazzini polacchi e i muratori rumeni”.

Nazek Ramadan, direttore di Migrant Voice (con base a Londra), ha dichiarato in una conferenza stampa: “I migranti europei che hanno fatto dell’Uk la propria casa – quasi metà di loro hanno vissuti qui per più di 10 anni – hanno bisogno di tornare a sentirsi benvenuti”.

L’Unione Europea è ovviamente oggetto di un legittimo sentimento di critica per l’insensibile approccio verso i rifugiati (alcuni dei quali hanno abbandonato le proprie terre a causa delle azioni militari della Nato) e per le brutali politiche di austerity. Contrariamente ad alcuni sforzi di alcuni ambienti della sinistra greca – che vuole uscire dall’Euro-zona come atto di resistenza contro le misure neoliberiste dell’Unione – la campagna di Brexit è stata portata avanti quasi unicamente da forze reazionarie sostenute da movimenti di estrema destra che stanno prendendo sempre più consenso in Occidente. Il giornalista Ben Norton ha spiegato così questo punto: “Brexit è radicalmente diverso da Grexit. Lo scopo di quest’ultimo era di creare le condizioni per opporre la Grecia – un paese politicamente debole – al neoliberismo egemonico imposto dall’UE contro il volere democratico del popolo greco”.

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Nick Dearden, direttore di Global Justice Now, ha dichiarato: “Non sorprende che le persone hanno manifestato tale sfiducia verso l’UE in un momento in cui essa negozia accordi commerciali di sfruttamento quali il TTIP, vive un’epoca di recessione economica dei propri stati membri e tratta i rifugiati come se fossero criminali. Ma la campagna mainstream a sostegno dell’uscita ha fatto un danno enorme assecondando le spinte nazionaliste, finendo col nutrire un crescente sentimento di xenofobia e incoraggiando la folle idea che sganciata dall’UE il Regno Unito possa tornare a un’epoca di splendore d’altri tempi”.

E adesso quelle comunità che hanno funto da capro espiatorio dell’estrema destra devono affrontare l’immane sfida di tracciare un cammino per andare avanti.

Don Flynn, direttore del Migrant Rights Network, ha scritto che il voto per lasciare l’UE ha “gettato la politica britannica verso un periodo di incertezza totale”. In caso di innalzamento dei livelli di disoccupazione, ha dichiarato Flynn, ci sarà “un urgente bisogno di resistere a qualsiasi spinta che voglia cacciare dal Regno Unito i cittadini europei di altre nazioni”. E in questo senso “i sindacati hanno un ruolo fondamentale in difesa dei diritti di queste persone, che potrebbero diventare vittime della recessione economica indotta”.

Secondo Rehman, “bisognerà chiedersi cosa accadrà ai migranti che vengono dall’Europa. Cosa succederà quando il Regno Unito sarà fuori, queste persone verranno automaticamente cacciate? E come si farà a dire chi è migrante e chi non lo è?”

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Qualsiasi cosa accada, ha dichiarato Gottardo, “ci troviamo in un momento in cui è fondamentale garantire i diritti umani. Dobbiamo far sentire la nostra voce a tal riguardo. Le comunità di migranti devono rimanere unite”.


* Sarah Lazare è autrice presso AlterNet. Potete seguirla su Twitter: @sarahlazare


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