Libia, la lotta interna per i terminali petroliferi e la missione italiana

di Alessandro Pagano Dritto – Twitter: @paganodritto

 

Al vertice di New York del 22 settembre 2016 la Libia potrebbe presentarsi con un assetto interno cambiato dagli eventi più recenti e all’esplicita ricerca di un nuovo equilibrio: la conquista dei terminali petroliferi centrali da parte di Khalifa Hafter e la nuova presenza ufficiale italiana a Misurata mettono entrambe sotto pressione il Consiglio Presidenziale di Tripoli.

 

Come riferito dallo stesso inviato delle Nazioni Unite in Libia Martin Kobler, il 22 settembre 2016 vi sarà a New York un nuovo vertice internazionale sulla Libia: i precedenti sono stati quelli di Roma e Vienna, rispettivamente nel dicembre 2015 e nel maggio 2016.

Intorno alla metà del mese, almeno due eventi hanno segnato un nuovo stadio della situazione interna, l’uno, e internazionale, l’altro, della Libia: il passaggio dei terminali petroliferi della sirtica sotto il controllo dell’esercito della Libia orientale e la decisione italiana di inviare personale medico e militare a Misurata.

 

I terminali petroliferi da Tripoli a Tobruk: la NOC apre per prima ad Hafter.

Il 18 settembre 2016 è iniziata, con risultati al momento di scrivere

Mustafa Sanallah, capo della NOC di Tripoli. Pur riconoscendo le istituzioni della Capitale, dopo gli ultimi eventi ha di fatto accolto l'azione dell'esercito di Tobruk, lasciando cadere il mai approvato gruppo di Ibrahim Jathran da anni in possesso dei terminali. (Fonte: www.yahoo.com)
Mustafa Sanallah, capo della NOC di Tripoli. Pur riconoscendo le istituzioni della Capitale, dopo gli ultimi eventi ha di fatto accolto l’azione dell’esercito di Tobruk, lasciando cadere il mai approvato gruppo di Ibrahim Jathran da anni in possesso dei terminali. (Fonte: www.yahoo.com)

ancora poco chiari, la controffensiva delle Petroleum Facilities’ Guards (Guardie delle Strutture Petrolifere, PFG) ai quattro terminali petroliferi della Libia centrale – Ras Lanuf, Sidra, Zweitina e Brega – conquistati l’11 settembre dall’esercito di Tobruk, Libia orientale. Prima di questa data, dell’11 settembre 2016, le PFG avevano controllato questi quattro terminali petroliferi per diversi anni. Al loro capo, Ibrahim Jathran: personaggio capace di guadagnarsi fama di discreta volubilità, Jathran aveva tentato invano nel 2013 di esportare autonomamente petrolio, nel 2014 si era legato all’operazione militare del Generale Khalifa Hafter Operation Dignity e quindi al governo di Tobruk, per poi passare nell’estate del 2016 con le autorità di Tripoli, riconosciute dalle Nazioni Unite, ma invise ai suoi vecchi alleati. Non tutti a Tripoli avevano però digerito la nuova alleanza, accettata non senza polemiche proprio dal presidente della National Oil Company (Compagnia Petrolifera Nazionale, NOC) Mustafa Senallah: il quale aveva accusato il governo di permettere a milizie irregolari di trarre vantaggi dal possesso dei terminali.

[Per approfondire su Ibrahim Jathran e il patto stipulato tra le PFG e le autorità di Tripoli: Cronache libiche, Un accordo petrolifero contestato, 29 luglio 2016]

Non stupirà dunque che tre soli giorno dopo l’offensiva, coronata – pare, senza poi troppa fatica – dal successo dell’esercito orientale, proprio Senallah si recasse in visita ai terminali e indicasse di voler dichiarare la fine dello stato di emergenza che una parte di quei terminali conosceva da alcuni anni. Un gesto facilmente interpretabile come un atto di distensione nei confronti di un esercito non riconosciuto come tale dal Libyan Political Agreement (Accordo Politico Libico, LPA) che sta alla base delle istituzioni politiche della Capitale e che la stessa NOC riconosce per valido: secondo un contestato articolo di questo patto, infatti, capo dell’esercito libico è il presidente del Consiglio Presidenziale tripolino Fayez Serraj e non il presidente della House of Representatives (Camera dei Rappresentanti, HOR) di Tobruk Ageela Saleh, cui invece l’arma della Libia orientale fa ufficialmente capo. Dal canto suo la NOC riceveva l’assicurazione dei proventi della vendita del petrolio attraverso quei terminali.

La comunità internazionale, che dapprima reagiva con un comunicato congiunto di alcuni paesi condannando l’azione militare, in un secondo tempo rilasciava dichiarazioni più accomodanti attraverso l’inviato speciale statunitense Jonathan Weiner, che alla Agence France Press dichiarava la sostanziale inutilità di un intervento nel caso i proventi del petrolio venduto attraverso quei terminali fossero comunque giunti alle istituzioni economiche e politiche riconosciute di Tripoli.

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All’interno del Consiglio Presidenziale, invece, le diverse anime che lo compongono – più o meno vicine e più o meno intransigenti nei confronti delle istituzioni orientali – davano vita a diverse interpretazioni della vicenda e a diverse esortazioni verso quanto stava succedendo, ma tutto si risolveva in una sostanziale immobilità: probabilmente anche perché le forze armate di Tripoli – che coincidono in gran parte, nella fattispecie, con quelle di Misurata – sono da mesi troppo impegnate nella lotta allo Stato Islamico di Sirte per poter condurre con convinzione una parallela campagna contro l’esercito guidato dal Generale – ora Maresciallo – Khalifa Hafter. Nessun contrattacco si realizzava dunque in soccorso alle PFG di Jathran, che perdevano i terminali.

 

L’ospedale da campo: l’Italia sarà il primo paese a inviare ufficialmente militari in Libia.

Il 16 settembre 2016 la Ministra della Difesa italiana Roberta Pinotti

Veicoli militari italiani di soccorso medico, maggio 2013. L'ospedale da campo di prossima costruzione a Misurata costituirà una nuova fase nell'aiuto sanitario prestato da Roma alle forze militari di Tripoli per tutto il 2016. (Fonte: www.difesa.it)
Veicoli militari italiani di soccorso medico, maggio 2013. L’ospedale da campo di prossima costruzione a Misurata costituirà una nuova fase nell’aiuto sanitario prestato da Roma alle forze militari di Tripoli per tutto il 2016. (Fonte: www.difesa.it)

annunciava che i primi sei medici destinati a lavorare a Misurata si trovavano già in Libia e che entro tre settimane l’ospedale da campo costituito da personale italiano e protetto da militari italiani sarebbe stato, secondo le previsioni, operativo.

Secondo quanto riferito dalla stessa Ministra alle Commissioni riunite degli Esteri di Camera e Senato il 13 settembre, la missione italiana, chiamata Ippocrate, dovrebbe contare 65 elementi di personale medico, 135 elementi civili di supporto logistico e 100 militari a difesa della struttura e di chi la usa. Finalizzato alla cura dei miliziani filogovernativi impegnati a Sirte, l’ospedale da campo italiano sorgerà nell’area della città di Misurata e lavorerà in sintonia con il locale ospedale civile.

[Per approfondire sulle modalità del sostegno italiano alle autorità di Tripoli: Cronache libiche, L’Italia e i bombardamenti statunitensi su Sirte, 6 agosto 2016]

La notizia di un impiego di personale militare – col solo scopo protettivo – ha ovviamente destato scalpore perché l’Italia è il primo paese a inviare ufficialmente militari in Libia, anche se non è il primo a farlo in termini assoluti: rimanendo alla sola certezza dei dati, infatti, prima gli Stati Uniti a mezzo di dichiarazioni stampa e poi, con un comunicato ufficiale del governo, la Francia hanno ammesso in passato la presenza sul territorio nazionale libico di propri elementi.

Resa nota all’opinione pubblica nazionale il 12 settembre da un articolo di Repubblica, la notizia della partenza di questi militari era in precedenza stata diffusa il 9 settembre, probabilmente per la prima volta, da un giornale locale di Siena, Siena News, la cui firma Katiuscia Vaselli rendeva conto dei fatti riguardanti il locale reparto dei paracadutisti della Folgore e dava come tempistica di permanenza prevista sei mesi. In realtà la notizia di trattative avviate tra Roma e Tripoli per un ospedale da campo era già nota agli osservatori di cose libiche almeno da agosto e l’aiuto italiano in termini sanitari alle forze filotripoline ha coperto gran parte del 2016: la richiesta ufficiale della Capitale libica, stando a quanto dichiarato al parlamento il 13 settembre, risalirebbe alla visita del sottosegretario agli Affari Esteri Vincenzo Amendola a Tripoli del 9 agosto.

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Come Libia e comunità internazionale potrebbero presentarsi a New York il 22 settembre.

Stando così le cose e aspettando di vedere consolidata la situazione

Da sinistra: Fayez Serraj e Khalifa Hafter in occasione del loro unico incontro nel gennaio 2016. La conquista dei terminali petroliferi da parte di Hafter e il riconoscimento della NOC mette Serraj, a capo delle autorità di Tripoli, in una situazione molto delicata. (Fonte: www.libyaprospect.com
Da sinistra: Fayez Serraj e Khalifa Hafter in occasione del loro unico incontro nel gennaio 2016. La conquista dei terminali petroliferi da parte di Hafter e il riconoscimento della NOC mette Serraj, a capo delle autorità di Tripoli, in una situazione molto delicata. (Fonte: www.libyaprospect.com

ai terminali petroliferi, il Consiglio Presidenziale libico guidato da Fayez Serraj si presenterà a New York il 22 settembre in uno stadio di notevole difficoltà. Il 22 agosto, infatti, l’organismo ha dovuto far fronte all’atteso giudizio della HOR sul suo secondo esecutivo, quello con l’ex hafteriano Mohamed al Barghathi alla Difesa e quello di fatto riconosciuto come operativo dalla comunità internazionale – e in primis dall’Italia, già con la firma dell’accordo sanitario del 21 aprile 2016 – dopo il vertice di Vienna del 16 maggio: e quel giudizio è stato una bocciatura che ha rinviato la piena attuazione istituzionale dell’accordo politico. Serraj si recherà dunque a New York con un esecutivo bocciato dal parlamento ancorché operativo, con una Guardia Presidenziale allo stato embrionale e con un esercito ostile e indipendente dalla Capitale che ha preso il controllo dei terminali petroliferi e incassato il consenso concreto e implicito della Compagnia Petrolifera Nazionale: la guerra contro lo Stato Islamico, che continua e sembra essere vittoriosa per Tripoli e Misurata, sembrerebbe per altro allontanare la possibilità di un confronto armato diretto e importante e non è chiaro al momento di scrivere se quello iniziato il 18 settembre sia un’iniziativa delle sole PFG di Jathran o anche, dietro di loro, delle autorità tripoline.

D’altronde la posizione di Hafter sembra vincente non solo in virtù dei recenti risultati sul campo, ma anche in virtù di una comunità internazionale sempre meglio disposta nei suoi confronti. Ai primi di settembre il Ministro degli Esteri italiano Paolo Gentiloni annunciava che Roma e Washington stavano programmando il vertice di settembre proprio nel tentativo di riavvicinare le parti dal punto di vista sia politico che militare e il 26 luglio, di fronte alle Commissioni Esteri e Difesa di Camera e Senato, sosteneva che l’Italia stava operando «perché ci siano contatti tra le forze che sostengono il Governo, le forze di Misurata e le forze che sostengono il Generale Hafter» (p. 16): in questo senso l’apertura reciproca della NOC verso Hafter e di Hafter verso la NOC sembra dunque andare all’unisono con questo indirizzo. Hafter può quindi legittimamente sperare di consolidare la propria avanzata senza eccessive contrapposizioni esterne e interne: le dichiarazioni di Weiner sembrano una prudente conferma proveniente dal fronte esterno, l’atteggiamento della NOC e gli impegni militari di Misurata una garanzia interna.

D’altronde, invece, un passo deciso di sostegno politico al governo di Tripoli è proprio l’ospedale da campo italiano; che non intende inserirsi nel confronto tra le due fazioni politiche e militari libiche, ma nella parallela e unilaterale – misuratino-tripolina – lotta contro lo Stato Islamico a Sirte. Certo una coincidenza tempistica, quella delle operazioni ai terminali e della decisione italiana, non proprio felicissima, ma resa probabilmente meno calda dall’atteggiamento di Hafter. L’operazione permette all’Italia e alla comunità internazionale – gli Stati Uniti hanno condotto fino al 15 settembre 2016 150 raid aerei su Sirte – di confermare il proprio appoggio a Tripoli senza tuttavia inserirsi nello scontro diretto interlibico: dà anche un sostegno di immagine a Misurata, visto che a fine agosto Emergency ha deciso di chiudere il proprio ospedale nella Libia orientale proprio accusando un’anarchia militare che ne rendeva pericolosa la permanenza.

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Chi ha da perdere dal nuovo assetto.

A perderci, se la situazione rimanesse questa, sarebbe ovviamente, per

Ibrahim Jathran, capo delle PFG, e il Ministro della Difesa di Tripoli Mahdi al Barghathi. Entrambi ex alleati di Khalifa Hafter, potrebbero essere messi in discussione dall'assetto seguito alla conquista dei terminali petroliferi da parte di Tobruk. (Fonte: www.libyaherald.com)
Ibrahim Jathran, capo delle PFG, e il Ministro della Difesa di Tripoli Mahdi al Barghathi. Entrambi ex alleati di Khalifa Hafter, potrebbero essere messi in discussione dall’assetto seguito alla conquista dei terminali petroliferi da parte di Tobruk. (Fonte: www.libyaherald.com)

primo, Jathran: sconfitto da Hafter, abbandonato da una NOC che non lo ha mai accettato veramente e da una Capitale che l’11 settembre non ha avuto la forza di soccorrerlo, potrebbe faticare a trovare un proprio spazio in questo eventuale nuovo assetto.

Con lui rischierebbero grosso anche il Ministro della Difesa Mahdi al Barghathi; il quale avrebbe tutto da perdere se si concretizzasse l’ipotesi, confermata il 13 settembre dallo stesso Gentiloni, di un Consiglio Militare congiunto guidato da Fayez Serraj ma composto anche, con alcuni componenti del Consiglio Presidenziale, da Khalifa Hafter e Ageela Saleh. Barghathi è, agli occhi di Hafter, un traditore al pari di Jathran e i due erano sembrati vicini durante l’estate, quando le PFG avevano partecipato ad alcune azioni contro lo Stato Islamico nei dintorni di Sirte in supporto dei miliziani filotripolini. Si consolidasse la posizione di Hafter e si confermasse la volontà internazionale di avvicinarlo a Tripoli, Barghathi potrebbe dunque anche essere messo da parte al momento della formazione del nuovo esecutivo.

Stesso discorso vale, o potrebbe valere, per l’anima meno filohafteriana del Consiglio Presidenziale, che pare essere stata controbilanciata dal recente ricongiungimento dei boicottatori orientali – Ali al Qatrani sarebbe l’autore della proposta del Consiglio Militare – e si è mostrata in difficoltà nel rispondere prontamente ai progressi militari di Hafter. Se poi si concretizzasse davvero la saldatura militare tra Tripoli e Tobruk, tra Serraj ed Hafter, a sfavore di Barghathi, rimarrà da considerare la situazione, già precaria, dei gruppi armati ribelli antihafteriani dell’Est; una parte dei quali – quelli di Derna – Barghathi pare avesse almeno provato, pur senza esito, a incontrare.

(*Immagine di copertina: terminale di Ras Lanuf; è uno dei quattro terminali oggetto degli scontri iniziati l’11 settembre tra le forze di Ibrahim Jathran, alleato di Tripoli, e quelle di Khalifa Hafter, a capo dell’esercito di Tobruk. Fonte: www.reuter.com, foto di Esam Omran Al-Fetor)


Profilo dell'autore

Alessandro Pagano Dritto
Il primo amore è stato la letteratura, leggo e scrivo da che ne ho memoria. Poi sono arrivati la storia e il mondo, con la loro infinita varietà e con le loro infinite diversità. Gli eventi del 2011 mi lasciano innamorato della Libia: da allora ne seguo il dopoguerra e le persone che lo vivono, cercando di capire questo Paese e la sua strada.

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