In Pakistan la sharing economy favorisce il grande capitale

di Juvaria Jafri

L’arrivo dell’applicazione di condivisione di trasporti Uber può rivelare molto sulle pressioni e le preoccupazioni di un paese. Da quando è stato lanciato in Pakistan, all’inizio di quest’anno, gli alti costi di proprietà delle automobili e il basso costo dei salari hanno portato problemi imprevisti all’azienda, offrendo interessanti spunti di riflessione sulla principale economia politica e sul ruolo dei proprietari di capitale in un’economia di condivisione. Non gli autisti personali, bensì chi ha capitali da investire, ha visto in Uber un’opportunità di investimento; così facendo è stato creato un sistema di incentivi distorti che danneggia la qualità del servizio.

Quando Uber è entrato sul mercato, nel marzo 2016, le due più grandi città del Pakistan sembravano particolarmente favorevoli a questo business. Lahore e Karachi hanno in comune una rete pubblica di trasporto scadentissima (un po’ meno Lahore, grazie alla metropolitana), un principio di legalità discutibile e degli elevatissimi costi di proprietà dei veicoli. Questi aspetti implicherebbero tutti una domanda consistente di un servizio taxi sicuro, affidabile e conveniente.

Si prevedeva un potenziale aumento dell’autonomia di molte donne – soprattutto quelle che lavoravano per tante ore fuori casa – che tendevano ad evitare il trasporto pubblico per problemi di sicurezza. Consapevole delle loro esigenze, Uber ha organizzato per i conducenti dei seminari sulle molestie sessuali, avvisandoli di non contattare le passeggere dopo la corsa o di non commentare il loro abbigliamento e stile di vita. Gli sforzi mostrati non hanno fermato le segnalazioni per molestie sessuali, oltre ad altri casi di problemi di qualità del servizio. Alcuni di questi problemi sono dovuti alla tendenza dei conducenti di sfruttare il più possibile gli incentivi offerti da Uber – nel tentativo di radicarsi velocemente sul territorio – senza prestare attenzione alle esigenze dei passeggeri.

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Prathan Chorruangsak/Shutterstock

PUNTi CIECHI

Per tutelare gli autisti contro l’eventualità di corse senza clienti, Uber si è offerta infatti di pagare 270 rupie pakistane all’ora, circa 3 euro e 70, a titolo di risarcimento. Le società di noleggio auto e i concessionari ne hanno approfittato, identificando sulla mappa di Uber i “punti ciechi” e parcheggiando lì tutte le loro auto disponibili, in modo da poter guadagnare soldi senza far nulla. Altri, allettati dalla buona domanda, hanno affittato delle macchine ed assunto piloti. Uber approva il possesso di più vetture, di una flotta, ma il compenso conducente di un’auto della flotta sembra essere lasciato alla discrezionalità del proprietario della macchina.


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Questo ha rappresentato un allontanamento brusco dal modello standard di servizio a cui sono abituati i clienti in Occidente, dove il proprietario della vettura e il conducente sono la stessa persona, cioè in mercati (con tassi relativamente alti di proprietà di automobili) in cui il finanziamento è facilmente ottenibile dalle banche o dalla stessa Uber. In altri mercati, i proprietari di flotte tendono a imporre sui conducenti un canone mensile, permettendo loro di trattenere i guadagni (o almeno la maggior parte di essi). In Pakistan molti degli autisti sono dipendenti del titolare, e non proprietari. Lavorano per degli stipendi fissi, piuttosto che per una percentuale dei guadagni. Questo sembra essere la causa di un sistema distorto di incentivi.

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Wasif Malik/Flickr, CC BY

Poiché i piloti sono assunti con uno stipendio fisso, guadagnano ugualmente, a prescindere che forniscano o meno il servizio. Molti piloti spesso annullati giostre e molestato i clienti; spesso facendoli annullare giostre. Questa stessa tendenza è stato il caso in India. Almeno nell’immediato, il loro compenso mensile sarebbe rimasto inalterato.

Dato che gli autisti erano assunti a salario fisso, guadagnavano a prescindere, che essi offrivano il servizio o meno. Molti autisti hanno cancellato frequentemente le corse, oppure hanno molestato le proprie clienti. Questo stesso trend ha riguardato anche il caso dell’India. I conducenti hanno agito così perché, almeno a breve termine, il loro compenso mensile sarebbe rimasto inalterato.

 

Peretz Partensky/FlickrCC BY-SA
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