Oltre ai croceristi di mezzo mondo che fanno tappa a Izmir e passeggiano per la Anafartalar Caddesi facendosi selfie, bevendo tè e comprando improbabili souvenir, ci sono anche migliaia di famiglie siriane in fuga dalla guerra.
Dei circa tre milioni di rifugiati presenti in Turchia, gran parte è siriana, in fuga dalle bombe di Assad e dall’Isis. Per molti di loro Basmane, il centro storico di Izmir, è dove viene pianificato il lungo e pericolosissimo viaggio verso in Nord Europa e dove, in realtà, sono costretti a rimanere e a dover rimodellare per l’ennesima volta la propria vita.
Ancora una volta la Gâvur Izmir, l’infedele Smirne (come la chiamavano molti turchi nei secoli passati per l’alta densità di stranieri, tra greci, armeni, ebrei ed arabi), è obbligata dalla storia e dalla posizione a dare ospitalità e diventare un laboratorio per costruire partecipazione.
Per molti dei “transitanti”, Basmane diventa un’occasione per ricostruire una vita, una risposta a un’attesa di ripartenza che si trasforma in una lotta quotidiana di sopravvivenza.
A causa delle barriere linguistiche e di un pregiudizio verso i migranti che va crescendo, molti dei bambini siriani che vivono a Basmane non riescono a inserirsi nel tessuto scolastico né a beneficiare di un supporto medico e psicologico che necessiterebbero dopo aver vissuto i drammi della guerra, della fame e della fuga.
Molti di loro inoltre, come gli adulti, sono sfruttati dagli imprenditori locali, sottopagati e costretti a lavorare illegalmente sotto gli standard minimi di sicurezza.
Da quando Europa e Turchia, lo scorso 18 marzo, hanno firmato gli accordi per ridurre il flusso di migranti, il numero di siriani in Turchia, e quindi a Basmane, è aumentato notevolmente, condizionando inevitabilmente le condizioni di vita dei rifugiati.
Contemporaneamente, Basmane sta conoscendo nuove forme di socialità e di solidarietà, in cui nativi e rifugiati lavorano insieme per creare dal basso una risposta convincente all’emarginazione e al razzismo. Lo scorso gennaio, un gruppo di turchi, curdi, siriani e attivisti internazionali hanno lanciato “Kapılar” (le porte), il primo centro sociale di Izmir.
Kapılar lotta per contrastare la vulnerabilità dei vecchi e nuovi “ultimi” di Basmane, dando uguale dignità senza tenere conto di nazionalità, etnia, religione, genere orientamento sessuale, competenze o età.
L’incredibile storia di Kapılar e delle vicende dei migranti di Basmane è raccontata da Chasing the stars, un webdoc il cui obiettivo è tracciare sulla mappa d’Europa i percorsi di speranza di chi fugge dalla guerra e incontra muri sul proprio cammino. Basmane è la prima tappa di un racconto a tre capitoli e per sostenere il progetto, a cura di Croma, c’è una campagna di crowdfunding che ha già coinvolto decine di realtà solidale di tutta Europa. Qui scopri anche come poter sostenere gli abitanti di Basmane contribuendo all’artigianato e alle attività di startup dei migranti.
Foto di Valerio Muscella. Illustrazioni di Martina Stefanelli.
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