L’Italia ai tempi di Bello Figo

Da diversi giorni lo scontro televisivo tra il rapper ghanese Bello Figo e l’abituale salotto di Dalla vostra parte, con Alessandra Mussolini in primis, è diventato uno dei principali argomenti discussi sui social network, anche grazie a questo articolo di Vice. Pubblichiamo di seguito un’estratto da un’interessante analisi della Macchina sognante sul fenomeno Bello Figo scritta nel gennaio 2016, quando il suo swag scanzonato non aveva ancora incontrato (e trollato) i paladini del prima-gli-italiani ma già erano marcati i caratteri distintivi che lo hanno reso una celebrità situazionista del Tubo.

https://youtu.be/DDqOi97YaDs

di Reginaldo Cerolini*

La critica musicale arriverà sempre in ritardo sull’immediatezza di YouTube. Dopo averlo sempre, come molti, considerato uno sciocco sprovvisto del ben che minimo talento, ascolto il rapper negro Bello Figo. Lo ascolto stavolta cercando di capire. La mia domanda è: Qual è il suo talento e soprattutto a chi può piacere?

La musica che ascolto è John Cena (Sweg Wrestling) del 2015, forse una fra le poche sue musiche diciamo (osiamo!) salvabili in termini musicali, per via di quel beat afro che rende la ricerca di alcune parole molto sciocche ma, stavolta, almeno con un rintracciabile filo conduttore. Lui insieme ad un compare danzerino, accenna dei passi ben riusciti ma si vede che non hanno voglia di impegnarsi troppo. In Bello Figo tutto è accenno, perché se viene l’impegno si perde il gusto. Giusto! Infatti, la sua parabola è incominciata nel 2013- ma presente sulla dimensione YouTube, con altri nomi e minor successo, anche se con una musica vagamente più impegnata, già dal 2009 – come un ormai tipico fenomeno della dimensione YouTube demenziale; ovvero con la forza compulsiva della reiterazione, l’immediatezza dei vaffanculo, del menefreghismo coatto e con topicizzate spruzzate di sensualità di genere maschile. Il vantaggio di questi inizi da lowissimo profilo è che peggio non si può fare quindi, nel caso si può solo migliorare. Considerazione non del tutto superficiale. Il dilettantismo senza talento, infatti, non può che crescere a differenza del talento che, è spesso vittima di se stesso e di un senso di superamento, con il costante tormentato dall’assenso di pubblico, quest’ultimo infatti viaggia su leggi di mercato. YouTube fa l’inverso, trasforma il modello già arrivato in prodotto vendibile. Come a dire, piaci? Passa allora a ritirare i soldi perché, qualcuno vorrà darteli comunque pur di godere della tua spendibilità mediatica. Altra considerazione non proprio banale. Certo è difficile sentire in radio Bello Figo (a me non è mai capitato), le sue musiche sono inascoltabili dopo il primo minuto in termini di beat e meaning, eppure sono piene di una forza viscerale del turpiloquio e dell’azzardo tipicamente adolescenziale. Questa la prima delle quattro verità del suo appeal.

La seconda rientra nella foggia proposta nei video. Bello Figo in termini di acconciature, colori, vestiti, abbinamento di moda emo-punk-rock-pop è davvero ispirato e originale come ogni buon afro-negro che si rispetti nel globo (sic!); ha però un modo suo di indossare quella stratificazione coatta di abbigliamenti che ne fanno uno stiloso, e infatti ha già un suo marchio di vestiti.

Difficile pensare che possa davvero reggere, per ora almeno, fuori da YouTube. Il mezzo che ha visto la sua ascesa e il suo dominio. Le serate in discoteca sono solo una normale conseguenza divistica inaugurata da Grande Fratello, in somma dal tubo catodico. Un divismo popolare e populista resistente, in quanto crea una sorta di rapporto tra locale e ‘universale’ che ha una buona resistenza nell’immaginario giovane (e tale pretendente), in quanto di semplice immediatezza tramite la categoria dell’ironia, della demenza, della novità o del semplice protagonismo selfie. Eppure un fenomeno come Bello Figo ormai al suo terzo anno di esistenza, piuttosto trionfale (anche se non ancora e forse per scelta, assurto allo status quo mediatico) senza aver prodotto neppure un album, ha dalla sua un consenso dovuto ad elementi non subito evidenti, ma piuttosto interessanti.

In America avrebbe molta difficoltà ad affermarsi, perché la negrezza ha una nobiltà almeno da fine anni 90, cioè da quando attraverso il passaggio di Eminem (sic! Il bianchissimo e geniale Eminem) l’Hip Hop è diventato materia di gusto bianco, dunque non più di nicchia. In più L’Hip Hop, ha acquistato una dialettica variegata; questo per dire che Bello Figo sarebbe riconosciuto come un fake di poco gusto ed ironia. Forse, addirittura, portando on street cause razziali contro la “dementalizzazione” –masochista- dell’immagine del negro. Insomma in America la pelle sarà sempre politica. In Italia invece, latentemente o meno, c’è spazio per cogliere soprattutto il lato ironico della demenzialità che ricorda i lunghi pomeriggi a casa a guardare cartoni animati, a sfondarsi di play, a bere quando non ci sono i genitori e magari a permettersi qualche droga leggiadra o più pesante, per lasciarsi insomma fluire nella noia di un pomeriggio bastardo. Questo dice qualcosa. La verità è che Bello Figo interpreta degnamente un’atmosfera. Ne dà almeno l’idea e questa è la sua terza qualità. Con i suoi video inscena un’atmosfera esterofila ma italianizzata. Infatti sposa un’ estetica tipicamente esterofila ma riadattata al gusto italico (in America per intenderci, il suo vestiario hiphopparo passerebbe abbastanza inosservato, rappresentando tappe estetiche superate da almeno otto anni … l’influenza emo in America ha avuto meno seguito che in Italia, dove essa ha invece toccato trasversalmente tutti i gusti della moda reinterpretandoli). Bello Figo canta in italiano, accennando a parole inglesi basiche (non serve che uno sappia l’inglese per gustarle) e per di più storpia le parole italiane per una versificazione esasperante ed esasperata ma, immediata. Questa la sua quarta qualità. Bello Figo è immediatamente comprensibile, basico.


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