Anche quest’inverno nei ghetti della Capitanata ci sono stati morti tra i braccianti. Tre uomini avvolti dalle fiamme dolose dei roghi, uccisi da una ferocia criminale che viola costantemente i diritti umani schiavizzando migliaia di lavoratori. Il sistema dei ghetti è diventato strutturale, favorito dall’intreccio tra caporalato, mafie del foggiano e imprese agricole conniventi e corresponsabili. Questo intreccio infernale arricchisce il sistema d’impresa immiserendo i lavoratori, riducendoli a merce socialmente esclusa dai centri urbani e costretta a sopravvivere nella povertà e nell’indigenza, nella sporcizia e nella malattia. Per contrastare questo fenomeno non servono gli sgomberi, ma contratti certi e dispositivi di accoglienza che rimettano al centro i diritti umani e la legalità, che si sviluppino dentro i centri abitati della Capitanata, nei luoghi della democrazia e della socialità. I braccianti sono esseri umani, non bestie da soma. Sono lavoratori che producono ricchezza, non criminali. Sono uomini e donne liberi, non schiavi.
Per contrastare questa mafia chiediamo
- il ritorno alla centralità del collocamento pubblico; una procura nazionale anticaporalato;
- una procura antimafia a Foggia;
- l’aumento del numero degli ispettori del lavoro; una legge che consenta di creare anche in agricoltura cooperative di produzione lavoro; un sistema di accoglienza diffuso nei centri urbani che coinvolga direttamente le comunità;
- la traduzione in lingue straniere della legge contro il caporalato; l’abolizione del reato di clandestinità;
- il superamento della Bossi-Fini, prevedendo strumenti di ingresso per la ricerca di lavoro e modalità di regolarizzazione attraverso il lavoro; meccanismi che permettano alle vittime di sfruttamento di avere accesso rapido a indennizzi, risarcimenti e retribuzioni arretrate; misure che rendano estremamente trasparente la filiera produttiva, a partire da un’etichettatura che tracci i singoli fornitori;
- progetti di assistenza e formazione a livello nazionale e regionale qualificati a sostegno dei percorsi di emancipazione dei lavoratori e delle lavoratrici;
- politiche di welfare a sostegno dei lavoratori e delle lavoratrici, soprattutto se costrette a subire oltre allo sfruttamento anche violenze fisiche, sessuali e ricatti di varia natura.
Chiediamo quindi a tutte le forze associative, sindacali, politiche, laiche e religiose, di organizzare insieme a noi una Marcia nazionale contro la mafia del caporalato il 17 aprile.
Per comunicare la tua adesione personale o quella di un gruppo o persona giuridica alla #MarciaNoCaporalato invia un’email a marcianocaporalato@left.it
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