Viaggio intimo nella vita di chi, già andato in pensione o in procinto di andarci, si ritrova a lottare per sopravvivere, perché lo stato sociale oggi non basta più a garantire una serena “età del riposo”
Emiliano Mancuso e Federico Romano firmano “Le cicale”, documentario dedicato agli anziani romani che vivono in situazioni di estrema difficoltà, dando voce ad un genere di ‘invisibili’ che sono in aumento nel nostro Paese: quelli a rischio sfratto.
Nell’estate del 2009, con una piccola telecamera, i due giovani registi filmano una serie di interviste in un condominio di Roma, quartiere Cinecittà, durante un’esecuzione di sfratti. La particolarità riguarda le lettere recapitate per “fine locazione”, tutte indirizzate soltanto agli inquilini anziani dell’immobile. Il proprietario aveva scelto con cura i soggetti più fragili.
Scrivono i due film-makers: “8 anni dopo abbiamo ritrovato quel materiale e rivedendolo c’è venuta voglia di tornare in quel condominio e di realizzare una storia sulla vita degli anziani a Roma in questi difficili anni di crisi. Alcuni di loro sono morti, altri andati via, qualcuno è rimasto. La vecchiaia è un’età difficile da raccontare, che richiede tempo, dove il corpo decade, i ricordi diventano frammentari e la fiducia e la disponibilità verso un racconto video non è facile da ottenere, perché inevitabilmente altera quelle piccole abitudini quotidiane a cui gli anziani sono gelosamente attaccati, avendo un minore controllo del mondo circostante, sia fisico che mentale, più simili a dei bambini che a degli adulti. Per avvicinarsi a questa percezione abbiamo amalgamato due differenti registri: l’intervista e la presa diretta. Con le interviste abbiamo soddisfatto il bisogno che hanno gli anziani di parlare di sé e di sentire che l’interlocutore è interessato a loro; ci hanno raccontato della lotta per la sopravvivenza che quotidianamente affrontano e del disagio che vivono, ma anche della loro vita passata: gli amori, i figli, i viaggi, il rapporto con i loro genitori. Con la presa diretta invece abbiamo potuto raccontare la vita di tutti i giorni: gli uffici comunali, la palestra, mentre mangiano o si fanno la barba, durante i giorni difficili dello sfratto, quando pregano o vanno al cimitero o più semplicemente a prendere un caffè al bar. I personaggi scelti hanno tutti un comune denominatore: pur nelle difficoltà nessuno si è arreso. Dare voce alle loro storie personali non significa indugiare sul loro disagio o soffermarsi in modo passivo di fronte alle difficoltà, ma cercare invece di darne un‘immagine positiva, almeno nella volontà di non lasciarsi andare e di cercare sempre una soluzione. Le nostre cicale sono molto formiche”.
Le cicale è un viaggio intimo nella vita di chi, già andato in pensione o in procinto di andarci, si ritrova a lottare ancora per sopravvivere, perché lo stato sociale oggi non basta più a garantire una serena “età del riposo”. Per tutti, quando l’inverno è arrivato, i chicchi di grano messi da parte non erano sufficienti, spesso nemmeno ad avere la certezza di poter dormire con un tetto sopra la testa. Ma il destino non li ha piegati, questi pensionati ed esodati non sono rassegnati ma pieni di energia, perché sanno che è un loro diritto arrivarci vivi alla morte. Un racconto corale, dove attraverso le voci di queste ‘cicale’, loro malgrado, ci troviamo di fronte una possibile verità: che il futuro dei giovani sarà molto simile al presente dei vecchi.
I protagonisti del documentario sono Mario, ottantenne, una pensione di 650 euro; a rischio sfratto per finita locazione. Da giovane “è morto fra le braccia di Anna Magnani”, recitando nel film Camice Rosse, poi è emigrato in Germania. Tornato in Italia ha lavorato per 20 anni in una cooperativa di spedizioni, vivendo sempre nel quartiere Cinecittà, vicino gli studios. Giuliana ha cresciuto 4 figli maschi da sola, ha 82 anni e ogni pomeriggio esce per andare in un bar di Torpignattara, dove cerca di convertire “le persone” alla parola di Cristo. Giuliana è una fervente evangelica, prende la pensione di reversibilità del marito ed è stata sfrattata per finita locazione. Oggi vive in una piccola casa di 30mq a Centocelle. Pino, 71 anni, due matrimoni alle spalle e una figlia appena maggiorenne; lavorava come rappresentante di una ditta di pellami e come hobby viaggiava in tutto il mondo. Dopo essere stato sfrattato per morosità, vive in una casa occupata vicino la stazione Anagnina, alla periferia della capitale e percepisce una pensione minima di 500 euro al mese. Marco, il più giovane dei protagonisti, ha perso il lavoro di capo cantiere quando aveva 48 anni, da quel giorno riesce a lavorare soltanto in nero e potrà raggiungere la pensione minima di vecchiaia, ma non quella contributiva, solo dopo i 70 anni. Si è separato e ha perso la casa, anche lui vive in un’occupazione alla periferia di Roma.
Il contesto – La situazione è drammatica: in Italia 7 milioni di pensionati vivono con meno di mille euro al mese, (il 17% sotto i 500 euro) e 400.000 invece sono le persone che hanno perso il posto di lavoro in età avanzata (per lo più over 50), ma che non hanno ancora maturato i requisiti per ottenere la pensione di vecchiaia: troppo giovani per andare in pensione, troppi vecchi per trovare un nuovo lavoro.
Il progetto ha il patrocinio di Arci e Ucca-Unione dei Circoli del Cinema dell’Arci.
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