Ambaradan, un nero nazi al Festival di Venezia

Vincitore della seconda edizione del Bando MigrArti 2017 del Ministero dei Beni, Attività culturali e Turismo (Mibact), il cortometraggio “Ambaradan” sbarca alla 74ma Mostra Internazionale di Arte cinematografica di Venezia, negli eventi collaterali, con due proiezioni nella Sala Casino giovedì 7 settembre ore 11.30 e venerdì 8 settembre ore 9.

La regia è di Paolo Negro e Amin Nour, la cui idea è all’origine del filmato. La sceneggiatura è a firma di Mauro Cataleta e Alessio Partenopeo oltre che di Nour e Negro. Il corto è stato prodotto dalla Tauron Entertainment Srl, in collaborazione con Rain Dogs Film.

“Ambaradan” non può essere più di attualità: apre sulla notizia di una protesta di cittadini a Lampedusa per l’afflusso di massa di migranti sull’isola, sbarcati in 6000, e sulle difficili condizioni di vita per la popolazione locale. Una notizia ormai quotidiana, soprattutto nei mesi estivi in cui condizioni meteo favorevoli portano ad un incremento degli arrivi. In realtà una costante negli ultimi anni, non più un’emergenza come viene presentata da media e politici…

La macro storia dell’immigrazione e le sue ripercussioni sulla società italiana – per giunta impaurita dalla minaccia del terrorismo – intrecciano la micro storia, quella di Luca, un ragazzo di 20 anni, un po’ particolare, non tanto per il colore della pelle quanto per il carattere molto vivace. Luca, interpretato da Germano Gentile, è un nero italiano, ma è fanaticamente italiano, nel senso più fascista del termine. E si capisce dalle prime battute. A quella notizia ascoltata alla radio, Luca risponde “aiutiamoli a casa loro (…) qui c’è già troppa gentaglia…”

Da bambino Luca, interpretato da Terry Idahosa Okojie, è stato adottato direttamente in Africa da una famiglia romana. Dai frequenti flashback della sua infanzia tornano a galla momenti di sofferenza, discriminazioni, pregiudizi e ingiustizie patite in prima persona, sulla propria pelle: “A scuola mi leccano per sapere il mio gusto”, oppure nella scena in cui si sfrega le braccia sotto l’acqua in un vano tentativo di scolorare la propria pelle. In quanti, come il piccolo Luca, hanno compiuto lo stesso gesto, crescendo con la convinzione di essere sbagliati poiché diversi, poiché neri, poiché africani.

Come la goccia che cade ogni giorno, in età adolescenziale il protagonista di “Ambaradan” ha un bisogno immenso di sentirsi accettato dagli altri, integrato e soprattutto riconosciuto. La ricerca disperata della sua affermazione identitaria lo porta sulla strada della violenza – sia verbale che fisica – tirando fuori all’impazzata tutta la rabbia accumulata dentro di sé nel corso degli anni.

L’altro tema di grande attualità toccato dal corto riguarda quindi le seconde generazioni (G2) e la legge di cittadinanza italiana, ormai nota alla cronaca come Ius Soli, bloccata da mesi al Senato dopo la sua approvazione alla Camera dei deputati.

La storia di Luca è quella di una forzatura, una grande menzogna. Lo vedi con i suoi amici al bar del quartiere, parlare romanaccio, atteggiarsi come loro in modo irruente e provocatorio. In realtà la sua è un’integrazione fallita, è un personaggio in crisi profonda, un perdente, che si gonfia di orgoglio, testardo e pertanto che rischia di perdere l’affetto più grande che abbia mai avuto: quello di Marina, la madre rimasta vedova, interpretata da Marzia Ercolani.

Luca sfoggia un razzismo violento, un’intolleranza estrema che lo porterà a compiere gesti distruttivi quale l’assalto all’abitazione di un suo coetaneo e della mamma, di origine somala, appena trasferiti in una casa popolare, accusati di essere “sporchi negri, ladri di casa”.

In spiaggia poi i pseudo amici del protagonista se la prendono con un bambino di colore che sta in mare. Il piccolo risponde di essere italiano, suscitando l’ira dei due. Luca, che si rivede in quel bambino, trova la forza di intervenire in difesa del ragazzo e si presenta non più come “nero italiano” ma semplicemente come… Luca. Il corto si chiude con uno spiraglio di speranza, forse l’inizio della risalita, un tentativo di ribaltare il suo percorso di vita.

Il corto è stato volutamente girato nel quartiere di Colleverde – una periferia di Roma mai raccontata dal cinema – che si è prestato al ‘gioco’, mettendo a disposizione gratuitamente luoghi di vita della comunità (parrocchia S. Remigio, Bar Wonka, palestra B4U, case popolari). Altro set del film è stato uno stabilimento balneare a Focene, la Madonnina, sempre concesso a titolo gratuito dal proprietario, don Massimo.

Inoltre, è da sottolineare la partecipazione straordinaria di Paolo Paoloni, classe 1929, storico attore, il “Mega Direttore Galattico” di Fantozzi, già maestro di teatro del regista Amin Nour ai tempi della scuola elementare.

Il progetto è nato all’interno dell’associazione culturale Neri Italiani/Black Italians (NIBI), prodotto di una sinergia tra i registi e la produzione. Particolarità del progetto è stata la regia a quattro mani e due aiuti regia, con una troupe multietnica. Il risultato finale è frutto di due anni di ricerche, incontri ed interviste realizzati da NIBI a soggetti di origine straniera che abbracciano ideologie di estrema destra. La diversità nella diversità.

“Lo scopo del cortometraggio è quello di raccontare la crisi d’identità, il razzismo, l’integrazione sotto una chiave ironica e sociale, da un punto di vista eccentrico, capovolgendo lo stereotipo dello straniero, mostrando quindi le varie sfaccettature delle seconde generazioni”, recita la note di regia.

“La Tauron Entertainment ha deciso di investire in questi giovani, consapevole sia dell’alto valore culturale del progetto specifico, ma anche della necessità di portare all’interno del sistema culturale e industriale del cinema italiano storie, professionalità e creatività dei giovani di seconda generazione, un aspetto di cui il nostro cinema italiano è particolarmente deficitario laddove in altri paesi, come per esempio la Francia, l’ingresso nel settore di autori e professionisti di seconda generazione ha ampliato il valore artistico e culturale del cinema francese ma anche il suo valore economico ed industriale. L’Italia da questo punto di vista, pur avendo sicuramente una storia di immigrazione molto diversa da quella francese, è colpevolmente in ritardo, e Tauron, così come l’intera organizzazione di Cna Cinema, sono convinti che sia estremamente urgente recuperare il terreno perso investendo in giovani di seconda generazione”, evidenzia la note di produzione.

In parallelo alla produzione del cortometraggio è stato realizzato un documentario, per la regia di Diana Pesci, contenente backstage, interviste e approfondimenti sui temi connessi alla storia del cortometraggio.

Racconta le sfumature del set che si celano dietro alla produzione, realizzazione e distribuzione del materiale. Il documentario, oltre a testimoniare la vita da set, entra nell’intimo dei protagonisti e dell’associazione NIBI, mostrando i loro sentimenti, storia, ambizioni e obbiettivi. Al di là della presentazione ai festival e della diffusione sui social network, il corto verrà proiettato nei vari istituti scolastici per creare dei momenti di dibattito e confronto costruttivo tra le G2 portatrici del progetto e gli studenti sulle tematiche affrontate dal corto.


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