Una risposta ragionata a chi critica il ddl Zan contro l’omotransfobia

Cosa prevede il ddl Zan? Perché spaventa tanto i leader dei partiti di destra così come la Cei? È una minaccia alla libertà d’espressione? L’educatore Luca Ortello prova a rispondere a tutte le principali critiche al disegno di legge contro l’omotransfobia, a partire dai numeri e dalle statistiche sulle discriminazioni in Italia.

In uno stato democratico, la libertà di pensiero è un sacrosanto diritto. La domanda che in molti si pongono è: dove termina la libertà di espressione – possibile grazie ai princìpi democratici – e dove inizia la discriminazione delle minoranze? Discriminare e ledere la dignità di qualcun altro sulla base di ciò che si è può essere considerato un diritto (democratico)?

Questi mesi estivi sono stati roventi, non solo per le alte temperature che continuano a infuocare la nostra penisola, ma anche per quanto concerne i diritti civili: numerosissime sono state le bufale diffuse capillarmente e ad arte, con una martellante retorica contro il cosiddetto ddl Zan (“Modifiche agli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale, in materia di violenza o discriminazione per motivi di orientamento sessuale o identità di genere”).

Del disegno di legge, che prende il nome dal deputato del PD nonché primo firmatario, Alessandro Zan, si è scritto e detto parecchio: si tratta di un’estensione degli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale (rispettivamente: “Istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale, etnica e religiosa” e “Circostanza aggravante”), nonché del decreto-legge 26 aprile 1993, n. 122, coordinato con la legge di conversione 25 giugno 1993, n. 205, recante: “Misure urgenti in materia di discriminazione razziale, etnica e religiosa” (la cosiddetta legge Mancino).

Di che cosa stiamo parlando

Il ddl Zan, che rappresenta una sintesi di ben cinque proposte di legge analoghe (Boldrini, Zan, Scalfarotto, Perantoni, Bartolozzi), e che dovrebbe colmare un vuoto legislativo di 24 anni, può essere così brevemente riassunto (qui il testo integrale):

  • Articoli 1 e 2. Proposta di modifiche degli articoli 604-bis e 604-ter del codice penale: l’istigazione a commettere o l’aver commesso atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi includerà anche “il sesso, il genere, l’orientamento sessuale e l’identità di genere”. È escluso il reato di “propaganda a delinquere”, che resterà valido solo per motivi razziali, etnici, nazionali e religiosi.
  • Articolo 3. Modifiche della legge Mancino: la reclusione da sei mesi a quattro anni non riguarderà solo chi incita a commettere o commette violenza per motivi di razza, etnia, nazionalità e religione, ma verrà estesa anche a motivi fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere”. Inoltre, il secondo comma dell’articolo 3 dice: “la sospensione condizionale della pena può essere subordinata, se il condannato non si oppone, alla prestazione di un’attività non retribuita in favore della collettività”.
  • Articolo 4. Modifica all’articolo 90-quater del codice di procedura penale (riconoscimento delle minoranze LGBTI come persone “vulnerabili”).
  • Articolo 5. Istituzione della giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, il giorno 17 maggio, “al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione nonché di contrastare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere, in attuazione dei princìpi di uguaglianza e di pari dignità sociale sanciti dalla Costituzione”.
  • Articolo 6. Strategie nazionali per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere. “La strategia reca la definizione degli obiettivi e l’individuazione di misure relative all’educazione e istruzione, al lavoro, alla sicurezza, anche con riferimento alla situazione carceraria, alla comunicazione e ai media.”
  • Articolo 7. Misure per la prevenzione e il contrasto della violenza per motivi legati all’orientamento sessuale e all’identità di genere e per il sostegno alle vittime. “È istituito un programma per la realizzazione in tutto il territorio nazionale di centri contro le discriminazioni motivate da orientamento sessuale e identità di genere. I centri garantiscono adeguata assistenza legale, sanitaria, psicologica, di mediazione sociale”.
  • Articolo 8. Statistiche sulle discriminazioni e sulla violenza. “L’Istituto nazionale di statistica, nell’ambito delle proprie risorse e competenze istituzionali, assicura lo svolgimento, con cadenza almeno triennale, di una rilevazione statistica sugli atteggiamenti della popolazione. La rilevazione dovrà misurare anche le discriminazioni e la violenza subite e le caratteristiche dei soggetti più esposti al rischio”.
  • Articolo 9. Coperture finanziarie. “Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’articolo 7, comma 1, pari a 4 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2020”.

 Le opposizioni della destra italiana e della CEI

La Conferenza Episcopale Italiana (CEI), nonché i maggiori partiti di destra, Fratelli d’Italia e Lega, hanno espresso le loro “preoccupazioni” su tale disegno di legge, che limiterebbe, a detta loro, la libertà di espressione. La CEI, in particolare, teme che così possa essere introdotto un “reato d’opinione”.

In realtà queste opposizioni al ddl appaiono pretestuose: come ricordato poco sopra, l’estensione dell’articolo 604-bis non prevede il reato di propaganda a delinquere per le “nuove categorie”, ma solo per quelle già presenti nella legge (razza, etnia, religione, nazionalità). Si potrà, pertanto, continuare ad esprimere il proprio dissenso nei confronti dei matrimoni omosessuali, delle adozioni alle coppie gay o della gestazione per altri, ma non si potrà incitare a commettere atti di violenza contro una persona: in questo caso verrebbe riconosciuta l’“aggravante” della discriminazione sull’orientamento sessuale e/o sull’identità di genere (l’articolo 4 del ddl riconoscerebbe, appunto, le minoranze LGBTI come vittime vulnerabili di discriminazione).

Come se non bastasse, l’emendamento “salva idee”, presentato dall’avvocato Enrico Costa (FI), garantisce la pluralità di espressione: “Ai sensi della presente legge, sono consentite la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime riconducibili al pluralismo delle idee e alla libertà delle scelte”. Purché non istighino all’odio e alla violenza; un confine molto sottile e delicato, che tuttavia non dovrebbe essere mai oltrepassato, per non entrare nel campo minato della discriminazione e dell’autoritarismo.

È curioso, inoltre, notare come il rischio di una “deriva liberticida” venga percepito ed esternato solo in riferimento alla proposta di protezione delle persone LGBTI: ricordiamo che la legge Mancino tutela altri soggetti fragili, discriminati per via della loro razza, etnia, religione e nazionalità. Perché, dunque, questo accanimento verso la comunità LGBTI?

La campagna di disinformazione di Salvini sui bambini

“Ognuno a casa sua fa quello che vuole, con chi vuole, quando vuole senza che sia lo Stato a doversene occupare, senza che nessuno debba essere discriminato per le sue scelte sentimentali e familiari. Però mi fa paura una legge che processa qualcuno che sostiene il diritto del bambino ad avere una mamma e un papà, non è discriminazione, il bimbo ha bisogno della mamma e del papà, gli adulti facciano quello che vogliono ma non paghino i bambini l’egoismo degli adulti. Giù le mani dai bambini”, ha urlato il senatore Matteo Salvini lo scorso agosto a Pisa durante un incontro pubblico.

La tattica salviniana è quella di distrarre l’opinione pubblica, spostando l’attenzione da una problematica all’altra: si passa dalle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale alle adozioni. Lo slogan: “Giù le mani dai bambini!”, richiama un pericoloso collegamento tra famiglie omogenitoriali e gli abusi su minori del caso Bibbiano, mostrando tutta l’abilità comunicativa di Salvini, che sa bene come orchestrare a suo piacimento la rabbia e la cattiveria dell’elettorato leghista, individuando il “nemico pubblico” contro cui vomitare addosso il proprio astio e disprezzo.

Oltretutto Salvini ignora tutti gli studi scientifici internazionali secondo i quali non emergerebbero differenze nel benessere psicologico e nell’adattamento sociale tra i bambini cresciuti da coppie omosessuali e quelli cresciuti da coppie etero. Tra le moltissime ricerche scientifiche svolte – che giungono sempre alla medesima conclusione – ne ricordiamo solo qualcuna:

  • lo studio italiano “Same-Sex and Different-Sex Parent Families in Italy: Is Parents’ Sexual Orientation Associated with Child Health Outcomes and Parental Dimensions?” del 2018, condotto dal professor Roberto Baiocco dell’Università La Sapienza di Roma, pubblicato sul Journal of Development & Behavioral Pediatrics, rivista ufficiale della Society for Developmental Behavioral Pediatrics, in cui i soggetti partecipanti sono tutti italiani: 70 padri gay, 125 madri lesbiche e un gruppo di controllo di 195 genitori etero, tutti con bambini dai 3 agli 11 anni;
  • lo studio australiano del 2014 “Parent-Reported Measures of Child Health and Wellbeing in Same-Sex Parent Families: a Cross-Section Survey”, che ha coinvolto 315 genitori LGBTI e i loro 500 bambini, con un’età compresa tra gli 0 e 17 anni;
  • lo Scandinavian Journal of Psychology ha pubblicato i risultati di 23 studi empirici svolti dal 1978 al 2000 (“Outcomes for Children with Lesbian or Gay Parents. A Review of Studies from 1978 to 2000”), riguardanti un totale di 615 figli cresciuti da coppie lesbiche o gay, confrontati con un gruppo di controllo di 387 bambini cresciuti in coppie eterosessuali: i risultati mostrano come non vi siano differenze tra figli cresciuti da coppie omosessuali e quelli cresciuti da coppie eterosessuali.
  • sulla base di un corpo di ricerca notevolmente coerente sui genitori lesbiche e gay e i loro figli, l’American Psychological Association (APA) e altre organizzazioni scientifiche e professionali hanno concluso che non ci sono prove scientifiche che l’efficacia genitoriale sia correlata all’orientamento sessuale dei genitori. Gli scienziati sono giunti alla conclusione che “l’adattamento, lo sviluppo e il benessere psicologico dei bambini non sono correlati all’orientamento sessuale dei genitori, e che i figli di genitori lesbiche e gay hanno la stessa probabilità di realizzarsi e prosperare di quelli di genitori eterosessuali;
  • per concludere, il Medical Journal of Australia, sulla base di centinaia di studi scientifici svolti in America e Australia nell’arco di trent’anni, ha pubblicato il rapporto “The Kids are OK: it is Discrimination Not Same-Sex Parents that Harms Children”, in cui si giunge alla conclusione che i figli di coppie LGBTI hanno lo stesso benessere dei figli cresciuti in famiglie eterosessuali. L’unico fattore di stress psicologico per i figli di coppie omosessuali sarebbe rappresentato dallo stigma sociale e dalle discriminazioni della società nei confronti dei propri genitori. Tra le fonti citate dal Medical Journal of Australia, le ricerche dell’AIFS (Australian Institute of Family Studies), organo di controllo istituzionale del governo australiano, che dichiara che i figli di genitori LGBTI se la cavano bene tanto quanto i coetanei cresciuti da coppie eterosessuali

I risultati di questi studi mostrano che è il processo familiare, ovvero la qualità e il benessere genitoriale e la soddisfazione relazionale all’interno della famiglia e non la struttura familiare che determinerebbe una significativa differenza del benessere dei bambini e del loro sviluppo positivo (a tal proposito, si legga questo articolo del Guardian).

Torniamo a dire che, come già chiarito precedentemente, nessuno verrà processato e condannato per esprimere le proprie idee contro le unioni omosessuali o le adozioni alle coppie gay: verrà solo punita l’istigazione a commettere atti violenti o gli atti violenti in sé contro persone LGBTI e le donne (poiché il disegno di legge tutelerebbe anche le donne – e non solo le minoranze sessuali – dai reati di misoginia).

Eterofobia?

Vale la pena commentare un’altra affermazione dell’ex ministro dell’Interno: “Se viene colpito, picchiato, discriminato un omosessuale o un eterosessuale la via è la galera. Non c’è il pestaggio più grave rispetto a un altro, a questo punto presentiamo un bel disegno di legge contro l’eterofobia, perché non c’è differenza se vengo preso a schiaffi io o un altro”.

Due considerazioni su tale dichiarazione:

  1. non mi risulta che esistano fenomeni di discriminazione nei confronti di persone eterosessuali (lo stesso termine “eterofobia” ha un che di fantascientifico e di grottesco al tempo stesso): nessuno ha mai sentito di una coppia uomo-donna attaccati e picchiati per strada perché si tenevano mano nella mano o perché si sono scambiati un bacio, accompagnati dagli insulti: “etero di merda, ci fate schifo!”, oppure: “Voi etero siete contro natura!” (le citazioni non sono casuali, si legga qui e qui).
  2. “Il disegno di legge contro l’eterofobia”, come lo chiama Salvini, paradossalmente esiste proprio nel ddl Zan, da lui tanto criticato: nel disegno di legge, infatti, agli articoli primo e secondo, non si parla di orientamento omosessuale, bensì di orientamento sessuale in generale, includendo, pertanto, anche l’orientamento eterosessuale.

Il senatore leghista può dormire sonni tranquilli: i centinaia di etero che sono perseguitati, discriminati e uccisi per via del loro orientamento sessuale, riceveranno adeguate tutele e protezione dal disegno di legge Zan.

Continua Salvini: “Sono contrario alla legge che prevede il carcere per chi dice che i bambini hanno bisogno di una mamma e di un papà”. Si tratta dell’ennesima vergognosa fake-news: nessuna detenzione è prevista per chi dichiara che i bambini abbiano bisogno di una mamma e un papà.

I numeri della discriminazione

D’altro canto, la leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni, in quanto a dichiarazioni fortemente opinabili, non è da meno di Salvini. Lo scorso 16 luglio, affermava: “Le discriminazioni verso gli omosessuali? Per me le discriminazioni vanno sempre combattute, ma non possiamo dire che oggi nella realtà italiana siano discriminati, abbiamo fatto passi da gigante in questo tema”.

Effettivamente, rispetto a venti anni fa, in Italia sono stati fatti passi da gigante per quanto riguarda i diritti civili delle persone LGBTI; questo non certo grazie alla destra italiana, men che meno alla Meloni. È, inoltre, paradossale voler combattere le discriminazioni affermando, costantemente, che certe minoranze italiane – più vulnerabili e, per questo, più facilmente vittime di pregiudizi e stigmi sociali – non meritino da parte della legge una maggiore tutela e protezione, resa necessaria, appunto, proprio dalla loro condizione di vulnerabilità; non è forse questa una palese violazione degli articoli 2 e 3 della Costituzione italiana? Ricordiamo che l’art.2 afferma che “la Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” mentre l’art.3 si sofferma sul fatto che “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali” e che quindi “è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

A smentire le affermazioni della Meloni, secondo cui gli omosessuali, in Italia, non sarebbero discriminati ci sono delle statistiche, oltre agli innumerevoli casi di cronaca di attacchi a sfondo omotransfobico riportati, quotidianamente, da giornali e servizi TV in tutto il territorio nazionale (il bullismo omotransfobico meriterebbe un approfondimento a parte). In particolare, vi è lo studio di ILGA Europe. Nel rapporto “Rainbow Europe 2020”, su 49 Paesi europei e dell’Asia centrale analizzati, l’Italia si è classificata trentacinquesima, con una percentuale appena del 23% (in una scala in cui il 100% indica la pienezza e totalità dei diritti e l’assenza di discriminazione per le persone LGBTI, mentre lo 0% indica la completa assenza di diritti e tutele delle minoranze sessuali), valutando 69 criteri suddivisi in 6 macroaree (uguaglianza e non discriminazione, famiglia, crimini ispirati dall’odio e/o incitamento all’odio, riconoscimento legale di genere e integrità fisica, spazio nella società civile, asilo). Inoltre, sempre l’ILGA Europe afferma che per il secondo anno di seguito, i punteggi percentuali dei Paesi analizzati stanno arretrando a causa dell’indebolimento o smantellamento delle tutele esistenti nei confronti delle minoranze LGBTI.

Prima e dopo la pandemia

La pandemia da Covid-19 ha acuito le violenze domestiche, comprese quelle di stampo omotransfobico: Fabrizio Marrazzo, responsabile Gay Help Line e portavoce Gay Center, dichiara: “Allarmante, nell’ultimo anno, è il dato sulle violenze e gli abusi pari al 25% che registra un incremento del 9% rispetto all’anno precedente. Il dato durante l’emergenza Covid-19 è cresciuto sino al 40% per gli adolescenti. Di questi casi meno di 1 adolescente su 60 pensa di denunciare”. Sono circa ventimila le persone che ogni anno – quasi 50 al giorno – contattano il servizio di Gay Help Line per segnalare discriminazioni, violenze o atti di bullismo omotransfobico nel nostro Paese.

La European Union Agency for Fundamental Rights (FRA), nel maggio 2020, ha pubblicato i risultati del sondaggio “A Long Way to Go for LGBTI Equality”. Il sondaggio, condotto in Italia e negli altri Paese UE, mostra i seguenti risultati sulla popolazione LGBTI italiana intervistata:

  • il 62% degli italiani LGBTI evita di tenersi mano nella mano con il/la proprio/a partner quando si è in luoghi pubblici;
  • il 23% si sente discriminato sul posto di lavoro;
  • il 32% è stato aggredito a causa del proprio orientamento sessuale;
  • solo il 16% delle persone aggredite sporge denuncia alla polizia
  • il 41% afferma che il pregiudizio e l’intolleranza sono aumentati;
  • il 41% degli studenti nasconde, a scuola, il proprio orientamento sessuale; nel 2012 si nascondeva il 47% degli studenti.

Una percentuale davvero allarmante riguarda l’impressione degli intervistati circa gli sforzi del governo italiano per combattere il pregiudizio contro le minoranze LGBTI: il 57% degli intervistati dichiara che il governo non fa nulla per contrastare fenomeni di discriminazione e pregiudizio, mentre un altro 35% afferma che non fa abbastanza: raggiungiamo la vertiginosa percentuale del 92% di completa o parziale assenza di politiche e interventi da parte del governo volti alla tutela delle minoranze LGBTI in Italia. Una percezione preoccupante sul disinteresse da parte della politica sui diritti civili e la tutela delle minoranze, che non dovrebbe lasciarci indifferenti.

Prospettive

L’inarrestabile e travolgente valanga di fake news e disinformazione che si è abbattuta contro un disegno di legge in sé assai equilibrato, tutt’altro che “liberticida”, rappresenta il ritratto impietoso di un’Italia impaurita e diffidente nel riconoscere ed estendere pieni diritti civili a tutti i propri cittadini.

Quando Salvini e la Meloni inneggiano i loro slogan patriottici come “Prima gli italiani!” dimenticano di precisare che, evidentemente, ci sono alcuni italiani che vengono dopo di altri, che meritano meno tutele e meno diritti, per la sola “colpa” di essere una minoranza.

E poco importa che l’orientamento sessuale non abbia proprio niente a che vedere con l’essere un bravo o un cattivo genitore (esistono ottimi e pessimi genitori eterosessuali, così come esisteranno ottimi e pessimi genitori omosessuali).

Forse dovremmo fare l’enorme sforzo di riconoscere che, nelle nostre complesse vite e società, non esiste una natura svincolata dall’influenza della cultura; che il matrimonio è un’istituzione sociale regolata da leggi, diritti e doveri, che, a seconda del periodo storico e del contesto socio-culturale del Paese, ha conosciuto e conosce tuttora continui cambiamenti e modifiche. Perché la società cambia, si evolve, e aumentano i diritti delle persone che, fino a ieri, erano stigmatizzate e discriminate (donne, neri…).

Fino a poco più di cinquant’anni fa, negli Stati Uniti d’America, i matrimoni interrazziali erano vietati dalla legge; dal 1967 non è più così.

Assieme alla società, cambiano anche le “formazioni sociali” ricordate nell’art. 2 della nostra Costituzione: la famiglia non è più, al giorno d’oggi, rappresentata solamente dall’unione uomo-donna.

Quando si parla di gruppi sociali e diritti delle persone, iniziamo col parlare di meno della fantomatica natura immutabile e riconosciamo, invece, che esiste una bellissima e sfaccettata cultura mutabile: ciò che rischia di restare immutabile sono i nostri rigidi schemi mentali e pregiudizi, che ci affossano sempre di più nel pantano della discriminazione, che atrofizzano la nostra mente, alimentando la distorta convinzione di essere migliori rispetto agli altri solo perché non apparteniamo a un gruppo di minoranza.

Coi matrimoni gay, le adozioni alle coppie omosessuali e il disegno di legge contro l’omotransfobia non si intende certo privare qualcuno di un qualche diritto; al contrario, i diritti civili mirano proprio a ridurre le discriminazioni e le ingiustizie sociali, per rendere tutti i cittadini di un Paese uguali tra loro, mantenendo le loro differenze, che caratterizzano l’unicità di ciascun essere umano.

Proviamo ad essere meno spaventati dalle novità e un pochino più positivi e fiduciosi verso di esse: chissà che, così facendo, non si finisca col vivere in una società leggermente migliore.


Profilo dell'autore

Luca Ortello

Luca Ortello
Laureato in Lettere e in Scienze dell'Educazione, ho vissuto e lavorato in Irlanda e in Tanzania. Lavoro come educatore sociale in una casa-famiglia per minori e donne vittime di violenza. Sostenitore dei diritti civili delle minoranze.
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