La quotidianità nel Nagorno Karabakh prima della guerra

Tra il 2012 e il 2017, il fotografo Gianluca Pardelli ha esplorato a fondo il territorio del Nagorno Karabakh, conteso da Armenia e Azerbaigian. Il reportage che pubblichiamo, nato da quella serie di viaggi, è una preziosa testimonianza della vita nel Nagorno Karabakh prima della guerra nell’Artsakh del 2020 (o seconda guerra nel Nagorno Karabakh).


di Gianluca Pardelli

Un’irrefrenabile curiosità per le aree grigie del nostro pianeta e un amore sfrenato per le architetture e i popoli dell’ex Unione Sovietica mi hanno portato più volte ad attraversare i labili confini di queste terre rinnegate. Questi luoghi di conflitti insoluti sono spesso affascinanti e deprimenti allo stesso tempo, un caleidoscopio bizzarro di squallore post-sovietico e colore esteuropeo.

Qui, come da nessuna altra parte nell’assordante vastità dell’ex URSS, si percepisce ancora l’intensità delle crudeli conseguenze del risveglio dal sogno e dal sonno bolscevico. Il processo di decomposizione del corpo sovietico è assai lontano dall’essersi concluso. Eppure, proprio qui, fra questi conflitti congelati ma mai risolti, tra queste tensioni constanti, si riesce ancora, di tanto in tanto, a respirare il profumo di un mondo che fu.

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Ce ne si accorge nei piccoli gesti e nell’osservazione quotidiana: il saluto entusiasta di un vecchio direttore del fatiscente museo locale che ti racconta vita, morte e miracoli della sua patria improbabile pensando tu sia un antropologo inviato da Mosca o dalla misteriosa America, il monito tenero e severo di una passante che ti vede seduto sul cemento freddo di uno scalino e si preoccupa dei tuoi reumatismi futuri, o lo stupore ancora genuino di chi non ha mai visto un turista in vita sua.

Il filosofo e sociologo russo Alexander Herzen scrisse già sul finire del XIX secolo che “un mondo che scompare non lascia mai un erede ma una vedova incinta: tra la morte del primo e la nascita del secondo vi è sempre una lunga notte di caos e disperazione”, ma, e questo Herzen non lo scrisse, in questo costernato disordine il mondo da poco dissolto non se ne è andato del tutto: rimane ancora sospeso a metà, come un tramonto infinito che non vuole cedere alla notte.

Un autista di bus in riposo in una taverna

Processo di sminamento condotto sotto l’egida di Halo Trust

Presso il museo delle vittime della guerra

Pastore dell’Alto Karabakh

Passaporto

Monumento Le nostre montagne, simbolo del Karabakh

Mercato di Stepanakert

Memoriale sovietico

Memoriale sovietico Stepanakert

Un matrimonio

Una macelleria di Stepanakert

Karabakh, panorama

Interno di un’abitazione rurale

Fedeli nel monastero di Gandzasar

Una fedele nel monastero di Gandzasar

Una contadina nei pressi di Gandzasar

La città fantasma di Aghdam


Profilo dell'autore

Gianluca Pardelli

Gianluca Pardelli
è cresciuto tra il languore dei lungomari addormentati della costa tirrenica e il caos verace del porto di Livorno. Il suo interesse per la Russia e l’ex Unione Sovietica matura sin dalla primissima infanzia quando, a soli sei anni, lesse "La steppa" di Anton Čechov e rimase folgorato dalle atmosfere malinconiche della provincia zarista. Terminata la scuola, Gianluca decise di studiare lingue slave e giornalismo, prima a Udine, poi a Londra e infine a Berlino. Le sue esperienze da viaggiatore indipendente cominciano già durante gli anni del liceo (Iran, Balcani, Turchia) e crescono in maniera esponenziale durante il periodo universitario (Afghanistan, Africa Occidentale, Europa dell’est, Medio Oriente). Nel corso degli ultimi dieci anni, Gianluca ha viaggiato in ogni angolo del defunto impero sovietico, tornando anche più e più volte negli stessi luoghi, fino a conoscerli quasi come i suoi lidi natali. Gianluca si divide, adesso, fra Berlino, dove vive e lavora come traduttore, l’ex URSS, dove svolge reportage fotografici pubblicati su riviste e giornali di tutto il mondo, e i Balcani, di cui conosce, ormai, ogni singolo anfratto.

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