Dalle piazze a #CambieRai, dai libri ai podcast: per l’inclusione e la lotta alle discriminazioni è stato un anno di piccoli e grandi cambiamenti. Ma c’è chi finge di non vederli, soprattutto tra i media tradizionali.
[foto in copertina: Instagram/blacklivesmatter_it]
È passato un anno dall’omicidio di George Floyd e dalle più grandi manifestazioni di sempre indette da Black Lives Matter a livello globale. Anche in Italia il 7 giugno 2020 ci sono state piazze partecipate, per una volta piene di persone nere, complici, alleate e giovani. E non chiamate dai partiti politici, perché è evidente che la politica non ha mai instaurato un vero dialogo con chi denuncia il privilegio bianco. Il 2 giugno 2021 gli stessi organizzatori hanno invitato a una nuova mobilitazione collettiva, dal titolo Le nostre vite contano, le nostre voci contano – Black Lives Matter, che ha evidentemente goduto di un anno di riflessioni ed elaborazione di quanto accaduto.
L’hanno fatto ricordando alcuni dati sull’Italia, tra cui quelli raccolti da Cronache di ordinario razzismo: negli ultimi 18 anni 7426 episodi di razzismo, di cui 5340 casi di violenze verbali, 901 aggressioni contro la persona, 177 danneggiamenti alla proprietà, 1.008 casi di discriminazione. Spiegano: “Il razzismo istituzionale uccide, fuori e dentro i confini, europei e italiani, e lo fa con impunità: dalle strade delle città, ai luoghi di reclusione, dalle campagne, al mare aperto, da Willy Monteiro Duarte a Musa Balde, la lista è lunga anche in questo ultimo anno, e vanno aggiunte le centinaia di persone di cui non conosciamo il nome, sepolte non dal mare, ma dalle politiche discriminatorie dell’Europa”.
Significativa anche la data scelta: in Italia il 2 giugno è la Festa della Repubblica, ma questa repubblica non è tale per tutti, perché i diritti non sono gli stessi per tutti. A partire dalla questione della cittadinanza, di cui molti promotori della manifestazione sono privi nonostante siano italiani a tutti gli effetti, vivano qui, studiano qui, lavorino qui, siano cittadini attivi qui. È stato un anno di piccoli e grandi cambiamenti, per chi li ha voluti vedere. Questi giovani hanno investito le proprie energie nell’azione culturale: non abbiamo mai avuto prima così tanti libri, podcast e momenti di discussione on line promossi da persone non bianche in Italia. Il mainstream ne dà notizia, ma spesso non li accoglie al suo interno. Quando succede, si tratta di scommesse individuali e in alcuni casi di editori che ne valutano innanzitutto l’opportunità sul mercato.
Le responsabilità dei media
In televisione è diverso: la parola con la N può essere ancora pronunciata persino nella tv pubblica da un’attrice intervistata, senza che la conduttrice del programma più visto del pomeriggio di Rai1 intervenga. Anche a Mediaset sono convinti che si possa dire qualsiasi cosa e che chi si oppone non sappia farsi una risata ma sia seguace di una fantomatica ‘dittatura del politicamente corretto’. Il caso dell’attrice Valeria Fabrizi e dei comici Pio e Amedeo sono solo due esempi recenti di una prassi consolidata. Ma i media hanno una responsabilità nella costruzione razzista della società, e proprio per questo i gruppi che si ispirano a Black Lives Matter in Italia sono impegnati in una campagna dal nome #CambieRai attenzionata anche dal Guardian, dal New York Times e da Associated Press. La Rai però non ha mai convocato un incontro. Le parti – per così dire – si sono confrontate solo una volta, durante il panel di un convegno dell’Università di Roma Tre (moderato da chi scrive e dal prof. Leonardo De Franceschi che da anni svolge ricerca sugli artisti afrodiscendenti). In quell’occasione Rai per il Sociale ha garantito che avrebbe parlato con #CambieRai: un mese dopo questo non è ancora successo e in Rai ci sono stati nuovi episodi di sessismo che, insieme alla rimozione della nerezza, dimostrano mancata volontà di intraprendere un percorso di consapevolezza che sarebbe necessario per offrire finalmente una rappresentazione non stereotipata. D’altronde la Rai non ha mai avuto dei responsabili per la diversity, né ha mai dichiarato di volerne.
Queste prassi permettono alla concorrente Sky di presentare come un inno alla diversity la composizione della giuria di X Factor per la prossima edizione: oltre a Manuel Agnelli ne fanno parte artisti affermati più giovani come Hell Raton (i suoi genitori sono una coppia ‘mista’), Mika (dichiaratamente omosessuale), Emma Marrone (giovane donna continuamente presa di mira per il semplice fatto di essere tale e non accettare insulti). Ciò che Sky annuncia dovrebbe essere la norma nel 2021 e non sorprendere affatto. Intanto ci potrebbe essere qualche novità con il nuovo mandato Rai: presto verranno rinnovati i vertici. Il Governo indicherà Presidente e Amministratore Delegato (come da Riforma Renzi). Altri 4 dei 7 membri verranno eletti dalle due Camere, altri due consiglieri saranno scelti dal Ministero del Tesoro ed uno dai dipendenti Rai. Ai candidati non è chiesto di dichiarare una sorta di programma, perciò come sempre sono note le posizioni solo di alcuni candidati ben conosciuti. Le candidate sono meno di una su cinque e non sembrano esserci all’orizzonte grandi cambiamenti in termini di pluralismo. Ma quello sui vertici è un dibatitto per pochi, che ai grandi editori sembra non interessare. Vengono ospitate piuttosto opinioni sullo scontro aperto tra la Rai e Fedez, il rapper che ha smascherato il tentativo di censura del suo intervento sui politici omofobi in occasione del concerto del Primo maggio. Eppure l’omolesbotransbifobia è un altro tema caro a #CambieRai e ai giovani tutti. Il diritto di cittadinanza è però la richiesta più forte delle nuove generazioni, e non solamente da parte di chi ha genitori non nati in Italia: dovremmo capire che è proprio una questione generazionale a tutti gli effetti.
La richiesta
Scrivono promotori e promotrici della manifestazione: “Reclamiamo una nuova legge e piena cittadinanza nel Paese in cui nasciamo, cresciamo, o in cui decidiamo di stabilirci, per muoverci liberamente, studiare all’estero, lavorare senza essere sfruttatə perché ricattatə da un documento, accedere ai concorsi pubblici, votare i nostri rappresentanti.” Ricordano bene che dopo l’assassinio di George Floyd da parte della polizia americana un anno fa i media tradizionali fecero improvvisamente a gara per ‘includere’ delle voci nere nei loro articoli, spesso a corredo di notizie incomplete. Non si capisce cosa debbano dimostrare ancora gli italiani non bianchi per essere inseriti stabilmente nelle redazioni dei quotidiani italiani, soprattutto dopo un anno in cui hanno dimostrato più che mai quanto valgano e quanto sia fondamentale ascoltarli. I media hanno un’enorme responsabilità: molti meritano di essere assunti a tempo indeterminato, e non chiamati come ospiti solo quando muore un bracciante o un’altra persona i cui diritti sono calpestati dalla classe politica. Non bisogna agire per concessione, e in fondo questo sarebbe giusto uno dei tanti modi in cui possiamo affrontare il discorso sul privilegio, oltre a quello sulla cittadinanza e a quello sul linguaggio.
Profilo dell'autore
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Chiara Zanini è una freelance, critica, selezionatrice di festival, formatrice, diversity specialist, ricercatrice e addetta stampa.
Ha scritto per Rolling Stone, Wired, Internazionale, Il Fatto Quotidiano, Sentieri Selvaggi e molti altri. Ha pubblicato due libri dedicati a due registe: Céline Sciamma (come co-curatrice e autrice) e Valentina Pedicini (come co-autrice). Cura una newsletter gratuita chiamata Cineaste, dedicata principalmente ai film diretti e scritti da registe donne e non binary, e alla diversity (cineaste.substack.com).
[…] Identità, desiderio, trasformazione. Sono questi gli elementi ricorrenti nella filmografia di Céline Sciamma, regista francese tra le più originali della cinematografia contemporanea. Molti i ribaltamenti e le manomissioni che Sciamma introduce nelle narrazioni per far saltare i codici prestabiliti e liberare una diversa possibilità narrativa sullo schermo. I suoi film – la trilogia sull’adolescenza, il Ritratto della giovane in fiamme e il recente Petite maman – e le sue sceneggiature – sia per la televisione, sia per il cinema – mettono in scena linee di forza multiformi e contrastanti attraverso cui la norma si scontra con una pluralità di modalità resistenti – specialmente in termini di genere, razza, classe. È attraverso la forza dei corpi delle personagg* e nel racconto delle loro storie che questa monografia a più mani costruisce la mappatura dell’universo filmico di Sciamma per restituire la sua poetica di resistenza creativa a precise meccaniche di potere, maschili ed escludenti, che ancora troppo spesso contaminano l’immaginario. Qui un approfondimento di Chiara Zanini per Frontiere News. […]