Per oltre dieci anni, H. ha lavorato nella base italiana di Camp Arena come interprete. Lui oggi vive in Italia, ma i suoi parenti sono ancora in Afghanistan e rischiano rappresaglie dei talebani. L’appello ai ministeri degli Esteri e della Difesa: “La mia famiglia è in serio pericolo perché io ho lavorato con voi. Aiutatela”.
Continua a preoccupare la situazione in Afghanistan dopo la presa di potere da parte dei talebani. L’ultimo report dell’UNHCR lascia presagire il peggio parlando di un quadro umanitario e socio-economico sull’orlo del collasso. Intanto il Norwegian Refugee Council lancia un appello dichiarando che almeno 1 milione di bambini rischiano di morire di freddo e fame questo inverno, a meno che non ottengano l’assistenza adeguata. Situazione che, inevitabilmente, angoscia gli afghani lontani dalla propria terra, dove hanno lasciato cuore e – nel peggiore dei casi – famiglie. Abbiamo avuto la possibilità di intervistare un ex collaboratore del ministero della Difesa italiano in Afghanistan, che chiede a gran voce di aiutare la propria famiglia a lasciare Kabul. Per tutelare la sicurezza dell’intervistato e della sua famiglia, non ne riveliamo il nome.
H., raccontaci la tua storia.
Attualmente vivo a Milano. Io, insieme ad altri miei colleghi, sono stato portato in Italia dal governo italiano nel 2015 e attualmente lavoro come mediatore culturale per la questura di Milano. In Afghanistan sono stato interprete per le forze armate italiane per oltre dieci anni, presso il Camp Arena di Herat.
Com’era la vita da traduttore per gli italiani?
Durante il mio servizio con le forze armate sono stato in molte missioni. Mi ricordo diversi attacchi talebani contro i nostri convogli. Ho affrontato attentati suicidi, ordigni esplosivi e mine. Ho partecipato a diverse missioni pericolose in diverse parti dell’Afghanistan mentre aiutavo le forze armate italiane. Avevo svolto il mio lavoro con diverse sezioni, e dal 2012 al 2014 sono stato interprete dei generali italiani. Abbiamo avuto incontri con la leadership civile e militare locale afghana e i nostri incontri sono stati sempre trasmessi in televisione. La mia faccia non era coperta. Abbiamo superato molte difficoltà. In estate e inverno eravamo in operazione militare e la mia vita era davvero in pericolo. Sono fortunato e felice di non essermi fatto male e di essere ancora vivo. Ricordo che c’era un lavoratore locale a Camp Arena; ogni volta che mi vedeva scherzava con me e mi diceva: “Che sei ancora vivo?”
Com’era la vita in Afghanistan quando tu eri lì?
Quando ero in Afghanistan la vita non era facile, ma era meglio di adesso, perché c’erano ancora le forze della Nato e della coalizione, oltre alle forze del governo afghano. I talebani non erano al potere tanto quanto sono ora; attualmente controllano quasi l’intero Paese. Fortunatamente, durante le ultime evacuazioni, mia moglie e mio cognato sono stati evacuati e le loro vite sono state salvate. Vorrei a tal proposito ringraziare pubblicamente quel mio amico e fratello nelle forze armate italiane e tutto il governo italiano.
Il resto della tua famiglia è ancora in Afghanistan: quali membri sono ancora lì? Cosa rischiano?
Purtroppo mia madre e i miei fratelli sono ancora lì. Erano nella lista delle persone da coinvolgere durante l’ultima evacuazione di agosto, ma purtroppo non sono potuti entrare nell’aeroporto di Kabul. La loro vita è in serio pericolo a causa del mio lavoro per le forze armate italiane. L’ultima volta, a causa dell’emergenza e della folla all’aeroporto di Kabul, la mia famiglia come tante altre non è riuscita ad entrare in aeroporto.
Che appello vuoi fare? Cosa possiamo fare?
Spero che i ministeri della Difesa e degli Esteri li includano nella loro lista per una futura evacuazione. Ma questa volta chiedo gentilmente al governo italiano, ed in particolare al ministero della Difesa – per cui ho lavorato e nel quale mi conoscono molto bene – di inserire la mia famiglia nella loro futura lista di evacuazione. Per favore, non dimenticateli questa volta; se fanno loro del male a causa del mio lavoro non potrò mai sopportarlo, né dimenticarlo. Spero che i ministeri della Difesa e degli Esteri capiscano che la mia famiglia è in serio pericolo ed è molto vulnerabile.
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