La coppia che strappò spiagge e foreste ai latifondisti per restituirle al popolo costaricano

Dopo gli orrori della seconda guerra mondiale, Nicolás “Olle” Wessberg e Karen Mogensen lasciarono il nord Europa col sogno di vivere a pochi metri dall’Oceano Pacifico, circondati da alberi in fiore. In Costa Rica videro la decadenza degli spregiudicati possidenti locali in combutta con investitori nordamericani, pronti a cementificare il Paese con la maggiore biodiversità al mondo in nome dello “sviluppo turistico”. Qui la coppia tramutò in azione il proprio convincimento ambientalista, battendosi per la conservazione e la valorizzazione del ricchissimo patrimonio ambientale del Paese. Per queste lotte, i due pagarono un carissimo prezzo. Oggi, all’ombra di un palmeto, una stele ricorda doña Karen e don Nicolas, la cui ardita coerenza ha tracciato il sentiero della difesa della natura e dei diritti umani in questo angolo di paradiso.

Testo e foto di Riccardo Bottazzo


C’è un luogo magico in Costa Rica. E, come per tutti i luoghi magici, non è difficile tanto l’arrivarci quanto il riconoscerlo. Questo luogo si trova ad un paio di chilometri di spiaggia dal piccolo e colorato paese chiamato Montezuma, dove le porte e le finestre sono sempre spalancate sul mare e tutte capanne sono immerse nella selva tropicale come dei confetti dentro una bomboniera. Per entrare in questo luogo magico, basta camminare lungo la spiaggia dirigendoti verso est. Meglio procedere sul bagnasciuga, perché la sabbia è sempre rovente e rischia di ustionare i piedi. Mezz’ora dopo, se non ti sei fatto distrarre dalle scimmie dal muso bianco che saltano tra una palma e l’altra meglio di acrobati circensi, dalle pigre iguane che ti guardano stupite o dai mille uccelli marini che si tuffano in mare a caccia di guizzanti prede, capisci che sei arrivato in quel luogo che qui chiamano playa Piedra Colorada.

Dapprincipio non sembra molto diverso dalle altre spiagge tropicali che hai incontrato in Costa Rica e che sembrano scenografie tirate su apposta per farci una cartolina del paradiso in terra. Ma con un po’ di attenzione accanto ad una polla di freschissima acqua di risorgiva, sotto l’ombra del palmeto, puoi notare una piccola stele. Tutto attorno, sono impilate alte colonne di sassi. Colonne fragili e dal precario equilibrio, proprio come la nostra esistenza su questa terra. Al contrario dei sassi che le compongono, che sono solidi e misurano il loro tempo con le ere geologiche.

Prima di ritornare sui propri passi, gli ambientalisti che giungono sino a questa spiaggia remota, raccolgono una pietra e la posano sulla sommità di una piramide, dedicando il gesto a doña Karen e don Nicolas che difesero sino all’ultimo respiro questo angolo di mondo. Quando sale la marea, le spumeggianti onde oceaniche abbattono le steli, ma non trascorre molto tempo che queste vengano ricostruite dagli amici di Nicolas e Karen. Se la vita è come la stele, il ricordo di quello che questa coppia ha creato è longevo come i sassi.

“In questa riserva riposano i resti di coloro che, nella loro vita terrena, furono Nicolás Wessberg e Karen Mogensen – si legge nella stele –. Realizzarono la prima area naturale protetta di Cabo Blanco e furono promotori dell’attuale sistema di parchi nazionali del Costa Rica. Qui vissero in perfetta armonia con la natura che li ospitava. Lui era di nascita svedese, lei danese ma entrambi erano costaricani nel cuore”.

Nel nostro Paese, la storia di Karen ed Olle (come veniva affettuosamente chiamato Nicolas) è completamente sconosciuta. Basta “googlare” – passatemi il termine – i loro nomi per accorgersi che le pagine in italiano dedicate ai due ambientalisti sono rare. E quelle poche che ci sono le ho scritte io. Eppure la loro storia è una delle più commoventi che abbia mai avuto la fortuna di scrivere.

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Nils Olof Hugo Wessberg, detto Olle, nacque in Germania il 15 luglio del 1919 da due genitori svedesi che, poco dopo la sua nascita, fecero ritorno in patria. Durante la guerra mondiale, militò come riservista per combattere i nazisti e ne dovette vedere abbastanza di inutili e assurde violenze, che alla fine del conflitto si convertì al vegetarianesimo, buttò alle ortiche la divisa e si ritirò in un piccolo podere nel sud della Svezia per vivere dei frutti della terra. Nei primi anni ’50 durante un viaggio in Danimarca, partecipò ad una iniziativa di crudisti (un movimento di vegetariani che utilizzano solo prodotti non cucinati) e qui conobbe Karen Mogensen che aveva sette anni meno di lui. I due si sposarono un paio di anni dopo, nel ’52. Quello stesso anno, Karen, mentre pedalava sulla sua bicicletta, fu vittima di un incidente che le fece perdere il bambino che aveva in grembo e le impedì future gravidanze.

Fu in questo momento che Karen sognò di stare seduta su una spiaggia davanti all’oceano Pacifico, avvolta dai caldi e confortanti raggi del sole, circondata da grandi alberi dalle cui chiome pendevano grandi fiori colorati. Un luogo di pace dove avrebbe superato il dolore e vivere cullata dalla natura come da una madre.

Per seguire questo sogno, nel febbraio del 1954, Karen ed Olle decisero di mollare gli ormeggi e partire per il mondo alla ricerca di questo luogo magico dove si sarebbe compiuto il loro destino. L’unica cosa che sapevano è che la spiaggia sognata era bagnata dal Pacifico. Si imbarcarono così in una nave mercantile che avrebbe percorso tutta la costa americana, dall’Argentina sino al Messico. Per quasi due anni, Karen ed Olle vissero sulla nave cargo, esplorando le coste americane all’inseguimento della spiaggia del sogno, senza mai perdere la speranza.

Finalmente, il 15 maggio 1955, il cargo ormeggiò nella sponda meridionale della penisola di Nicoya. Veleggiando lungo la costa, appena dopo Montezuma, Karen riconobbe il luogo del suo sogno e la coppia decise di fermarsi là. Acquistarono un piccolo appezzamento di terra dove costruirono una capanna e piantarono una trentina di alberi da frutta che sarebbero serviti per il loro nutrimento.

In quegli anni, il Costa Rica aveva già avviato quel percorso di pace che lo renderà così diverso dai tumultuosi Paesi confinanti. La Costituzione del ’49, scritta dopo una sanguinosa guerra civile e dopo l’ennesimo tentativo di invasione da parte degli Usa, aveva abolito l’esercito. Senza spese per alimentare forze armate utili solo a reprimere le proteste popolari e ad organizzare colpi di Stato, questo strano Paese stretto tra due oceani, potè investire nel sociale ed incamminarsi verso un periodo di solidità politica che dura ancora oggi. “Stiamo al Centro America come la Svezia sta all’Europa – dicono scherzando i ticos, come si appellano scherzosamente gli abitanti del Costa Rica – solo con molti meno soldi!”

Ma è sulla conservazione e la valorizzazione del suo ricchissimo patrimonio ambientale che il Paese dimostrava tutta la sua arretratezza. Foreste, acque, animali, beni comuni erano in balia dello sfruttamento devastante di pochi insensati latifondisti, senza nessuna opposizione da parte di una società civile ancora lontana dal possedere una coscienza ambientalista.

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Karen ed Olle, forti di un profondo pensiero ecologista maturato nella loro giovinezza trascorsa nel nord Europa, cominciarono a lottare per difendere il patrimonio ambientale del Costa Rica. Lanciarono appelli, promossero petizioni che riuscirono a portare sino ai più alti piani del Governo, organizzarono raccolte di fondi coinvolgendo associazioni ambientaliste nordamericane ed europee.

Nel ’63 vinsero la loro prima battaglia: le autorità del Paese concessero il via libera all’istituzione di quello che sarà il primo parco naturale del Centro America, la riserva protetta di Cabo Blanco, qualche decina di chilometri ad ovest di Montezuma. L’area copre 1172 ettari di foresta tropicale umida – praticamente tutta punta meridionale della penisola di Nicoya – dove sono conservati più di 100 specie diverse di alberi. Qui vivono e si nutrono cervi, formichieri, armadilli, scimmie, istrici, coyote, e tantissimi altri animali, per non parlare dell’impressionate numero di uccelli di tutti i tipi. Anche il mare che bagna il promontorio è protetto ed ospita aragoste, conchiglie giganti, tartarughe, squali, balene ed una incalcolabile varietà di pesci.

Ma la lotta di Karen ed Olle non si fermò a Cabo Blanco. Sognavano un mondo in cui la difesa della natura fosse una priorità assoluta, proprio come il rispetto dei diritti umani. Sulla spinta delle loro battaglie, altri parchi furono istituiti in altre provincie del Paese, nelle scuole, studenti ed insegnanti cominciarono a discutere sull’importanza dei beni comuni, associazioni ambientaliste che si ispiravano ai loro ideali si costituirono nelle principali città del Costa Rica, nelle università l’ecologia divenne materia di studio, e tanti progetti di “sviluppo turistico” a colpi di cemento, forti di capitali nordamericani, furono bloccati e rispediti al mittente. Uno di questi, aveva preso di mira proprio Montezuma! Karen e Olle, che avevano guidato l’opposizione al progetto, divennero le due persone più amate della cittadina e i ticos si rivolgevano a loro con i titoli onorifici di doña Karen e don Nicolas.

L’autore Riccardo Bottazzo in una strada a Montezuma

Nel luglio del 75’, Nicolas si congeda dalla moglie per recarsi qualche giorno nel sud del Paese, nella grande foresta del Corcovado che un gruppo di fazenderos voleva spianare per promuovere un progetto di agricoltura intensiva. Nel salutare la moglie, Nicolas le promette che sarebbe tornato in tempo per il suo compleanno, il 4 agosto. Non poteva saperlo, ma non avrebbe più fatto ritorno nella capanna sulla spiaggia del sogno.

Quando Karen andò a cercarlo nella foresta del Corcovado, accompagnata da un gruppo di contadini amici, trovò solo pochi resti di un corpo fatto a pezzi e divorato dagli animali della foresta. Soltanto grazie al ritrovamento della bussola che lei gli aveva regalato e che il marito portava sempre con sé, Karen comprese che quei resti erano quelli di Olle.

La polizia stabilì che l’ambientalista era stato massacrato dalla guida indigena che aveva ingaggiato per inoltrarsi nella foresta. L’uomo fu tradotto in carcere dove fu ucciso da altri detenuti prima che potesse rivelare i nomi dei mandanti dell’omicidio.

Ma, contrariamente a quanto si aspettavano i malavitosi che lo avevano fatto uccidere, la morte di Olle segnò anche la sua vittoria.

Pochi giorni dopo il riconoscimento ufficiale del corpo, lo stesso presidente della repubblica del Costa Rica, Daniel Oduber Quirós, rilasciò questa dichiarazione ufficiale: “Lo svedese ha dato la sua vita per proteggere le nostre foreste. Ora è responsabilità nostra, responsabilità di tutto il Costa Rica realizzare il suo sogno. Lavoriamo tutti assieme perché sorga un grande parco nazionale nella foresta del Corcovado!”

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Rimasta sola, Karen Mogensen continuò a lottare perché il Costa Rica diventasse sempre più verde e sostenibile. Per avere di che vivere, e forse anche per avere un po’ di compagnia, aprì la sua casa del sogno agli ospiti, affittando ai viaggiatori di passaggio a Montezuma una minuscola stanza. Lasciò questo mondo il 7 ottobre del 1994, uccisa da un tumore al fegato. Coerente sino alla fine, rifiutò di curarsi con farmaci che erano stati testati sugli animali. Nel suo testamento, Karen donò la proprietà al Governo costaricano con la sola clausola di trasformarla in una riserva naturale assoluta che portasse il nome del marito. E così è stato. Il suo corpo oggi riposa accanto ai resti di Olle, da qualche parte nella foresta che sorge attorno a playa Piedra Colorada. La spiaggia che aveva visto nel suo sogno.


Profilo dell'autore

Riccardo Bottazzo
Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.

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