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Quel filo rosso che collega Gezi Park ai curdi dell’Hdp

Nelle elezioni in Turchia del 7 giugno l'affluenza alle urne ha sfiorato il 90% dei 54 milioni aventi diritto al voto. L'Akp di Recep Tayyip Erdogan perde la maggioranza assoluta con 258 seggi (ben al di sotto dei 276 necessari per formare un governo monocolore), le opposizioni ottengono 292 scranni, così suddivisi: al Chp 132 seggi, all'Mhp 82 e ai filo curdi dell'Hdp, capaci di superare la soglia di sbarramento del 10%, 78. Pubblichiamo dall'Hdp un comunicato che sottolinea e ribadisce il mantenimento degli ideali di libertà, lavoro e democrazia dalle proteste di Gezi Park agli impegni presi durante l'intensa campagna elettorale, in cui il Partito democratico dei popoli ha promesso di essere "il partito di armeni, islamisti, aleviti, lavoratori, donne, ambientalisti e attivisti LGBT, di essere rappresentativo di tutti i gruppi oppressi". LEGGI ANCHE: Guida alle elezioni in…
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La burocrazia italiana sta mettendo in pericolo una leader d’opposizione condannata in Turchia

In Turchia Nuran Yılmaz è stata membro di spicco dell'HDP, il partito d'opposizione guidato da Selahattin Demirtaş. Ha fondato una cooperativa di donne, gestito una rete di protezione per donne vittime di violenza domestica ed è fuggita dai cecchini durante l'assedio di Cizre del 2016. Su di lei c'è una condanna a cinque anni di carcere. Oggi vive in Italia, in attesa del riconoscimento della protezione internazionale. Che tarda ad arrivare. di Joshua Evangelista Ci incontriamo a casa sua, in un palazzo di Pioltello, a est di Milano. Condivide l’appartamento con due connazionali, che ci accolgono con della frutta fresca e tanta voglia di condividere le proprie storie, altrettanto incredibili e che meriterebbero ampio spazio. Ma ci concentreremo sulle vicende di Nuran perché se le verrà negato il riconoscimento della…
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Turchia, e adesso?

"I russi hanno Putin, perché non possiamo avere una figura così anche noi?" Viaggio nella Turchia del giorno dopo, tra i sostenitori del sì e quelli del no. Nel frattempo continuano gli scioperi della fame in solidarietà con i leader curdi dell'HDP, ancora in carcere, mentre al Presidente le denunce dell'OCSE e dell'Europa sembrano non interessare più di tanto. “Cosa succederà dal 17 aprile? Come cambierà la Turchia?” Fino alla proclamazione dei risultati del referendum costituzionale per il passaggio ad un sistema presidenziale, con una contestata e risicata prevalenza del sì (51.41) sul no (48.59), erano queste due delle domande più ricorrenti a Istanbul, nelle due ultime settimane di campagna elettorale. Il giorno dopo la città si è svegliata sotto un cielo grigio. Solo poche ore prima, incuranti della pioggia scrosciante,…
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Scacco matto ai curdi

di Valeria Ferraro e Joshua Evangelista Bloccare tutte le proprie attività all'interno del parlamento turco. Alla fine l'HDP (Halkların Demokratik Partisi) ha dato a Erdoğan l'unica risposta possibile, dopo che dodici dei suoi deputati, tra cui i due co-presidenti, sono stati arrestati. Questo significa che la terza forza del parlamento, con 59 seggi occupati, non parteciperà ai lavori plenari e delle singole commissioni. "Il gruppo parlamentare e l'esecutivo del partito hanno preso la decisione di interrompere il nostro lavoro negli organi legislativi, di fronte a questo grave attacco globale", si legge in un comunicato del partito. Non sederanno nelle comode poltroncine del meclis di Ankara, bensì andranno di "casa in casa, di villaggio in villaggio, di distretto in distretto" per incontrare il popolo. È l'ultimo capitolo di una lunga campagna condotta con…
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Erdogan, i militari e Gulen. Il puzzle turco del post ‘golpe’

Gli effetti del fallito colpo di stato non tardano ad arrivare. Il 'sultano' emerge come unico vero vincitore, mentre cambiano le relazioni diplomatiche con le super potenze e si entra nella stagione delle purghe di massa. Intanto il paese non è mai stato così polarizzato di Valeria Ferraro ncredulità, stupore e tanti interrogativi. Queste sono solo alcune delle sensazioni provate davanti alle notizie sul colpo di stato in Turchia e alle prime immagini che riprendevano i soldati e i carri sui ponti del Bosforo, a Istanbul. La rivendicazione dell’atto da parte di una giunta militare è subito credibile, così come la motivazione: rovesciare il governo di Recep Tayyip Erdoğan, ritenuto troppo autoritario e distante dal laicismo stretto di Atatürk. In fondo, dal 1960, le forze armate sono state a capo…
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