L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
Dopo l'arresto dei funzionari accusati di corruzione, alcuni sponsor chiave della FIFA hanno minacciato di interrompere ogni legame con la federazione. Lo scandalo da oltre 100 milioni di dollari ha stravolto il mondo del calcio, ma la corruzione non ha a che fare soltanto direttamente con i soldi. La decisione di affidare i mondiali 2022 al Qatar ha sollevato ben più di una perplessità. I mondiali si terranno infatti in una piccola nazione con un dubbio rispetto dei diritti umani, con una cultura calcistica pressoché inesistente e con un clima in cui è quasi impossibile giocare. E tanti, troppi lavoratori migranti…
L’esperienza di Jackie e Juvi, migranti a Taiwan e successivamente migranti in Italia, testimonia un dato tanto importante, quanto attuale, anche per la nostra specifica realtà italiana: di fronte a una “infrastrutturazione” delle migrazioni, attuata attraverso la collaborazione transnazionale di molteplici attori, la soggettività migrante emerge sempre con quel carattere di non “addomesticabilità”, di fuga, anche quando deve fare i conti con la dura realtà della fabbrica elettronica taiwanese, o con le regole d’ingresso in Europa. Jackie Banaang, Juvi Elalto, Stefano Rota - Transglobal Quella che segue, più che un intervista, si potrebbe descrivere come la scrittura a tre…
Spesso sento i miei amici ventenni lamentarsi del fatto che devono iniziare a pensare alla carriera. Perché se vai a spasso e viaggi per un periodo di tempo indeterminato (e qui non stiamo parlando di prendersi un anno sabbatico)... non stai semplicemente buttando all'aria la tua carriera? I vent'anni non sono forse il tempo in cui devi capire cosa vuoi, che lavoro vuoi fare, con chi vuoi lavorare e in cui devi darti da fare per costruire il tuo cammino, la tua carriera? E se invece ignori tutto questo e viaggi, cosa ne è di quel "vuoto" nel tuo curriculum? Quale datore ti sceglierebbe…
Daniele Coltrinari - Sosteniamo Pereira Non si conosce il numero esatto, tuttavia dovrebbero essere circa 500 italiani e la cifra potrebbe in futuro aumentare. Raccontarvi la storia dei nostri connazionali che lavorano a Lisbona presso alcune multinazionali non è semplice, tutte le persone che ho conosciuto e intervistato a parte due, che però non svolgono più quel tipo di lavoro, vogliono rimanere anonime e mi hanno chiesto di non citare l'azienda dove sono stati assunte, hanno paura di avere ritorsioni sul posto di lavoro o addirittura di perderlo. Roberto, nome di fantasia, è arrivato nella capitale portoghese circa due anni…