di Luca La Gamma – foto di Fabrizio Annibali
La storia di Giorgio Borgonovo, ingegnere di 45 anni, parte dalla fine di un contratto di lavoro, dal ritrovamento di un baule ricco di francobolli e lettere e dalla voglia di ripercorrere i luoghi visitati dal nonno tra il 1913 e il 1915.
“Non ho mai conosciuto il mio nonno materno perché morì pochi mesi dopo la mia nascita. Nelle mie fantasie di bambino però doveva essere un gran giramondo. Mia madre mi parlava spesso di lui e mi raccontava di un viaggio che intraprese partendo da Mantova e spingendosi fino a Baghdad. Tutto quello che ho sempre saputo di lui, racconti di mia madre a parte, è racchiuso in un baule recuperato un po’ di anni fa. Al suo interno ho trovato diverse lettere, poesie, francobolli e i ‘diari dei passaggi’ – una raccolta di timbri, registrazioni ai comuni e appunti sulle città che ha visitato. Mio nonno si chiamava Fernando Bassi e quando si mise in viaggio alla volta dell’Iraq era il 1913, aveva 23 anni. Non aveva un lavoro stabile. Per quanto ne so era innamorato di una ragazza, ma il padre di lei non voleva concedergliela in sposa perché era un ragazzo povero e privo di un’occupazione; così decise di abbandonarsi alla strada per provare a rincorrere il suo sogno: diventare un giornalista di guerra”.
IL VIAGGIO DI MIO NONNO, DA MANTOVA AD ISTANBUL – Nel baule ho trovato anche una mappa che, studiata approfonditamente, disegna un percorso definito. Partito da Caselle (Mantova), il nonno è passato per Austria, Ungheria, Serbia, Bosnia, fino ad arrivare in Turchia passando per la Grecia. Da lì si è spinto fino all’Iraq passando per la Siria. Siamo nel 1913, subito dopo la fine della seconda guerra dei Balcani, e sulle prime certificazioni dei passaggi si faceva segnare come “signor Fernando Bassi – corrispondente del ‘Corriere della Sera’. Ho cercato articoli dell’epoca per risalire al suo nome, ma non ne ho trovati. Incuriosito, e convinto che fosse riuscito a partire come inviato di guerra per il quotidiano milanese, mi sono presentato alla Fondazione del giornale per scoprire se il suo nome risultasse negli archivi, ma anche lì non ho trovato nulla. Mi è sempre risultato tutto troppo strano, perché in alcune lettere inviate alla mia bisnonna raccontava di aver realizzato diversi reportage per il quotidiano. La mia personale teoria è che lui partì grazie ad un accordo con il Corriere, ma probabilmente i diari di guerra da lui scritti andarono persi e non vennero mai pubblicati. Grazie ad alcuni scritti ereditati dalla sorella ho scoperto che nel 1933 mio nonno pubblicò un libro – “I racconti di mio zio Baciccia”, Fredo San Basin, pubblicato da Corbaccio. Fredo San Basin è l’anagramma di Fernando Bassi. Il libro, di cui conservo una copia, consiste in una raccolta di racconti di fantasia attinenti alla realtà del suo tempo. Uno dei racconti, scritto nell’agosto del 1913 e ambientato a Belgrado, parla di un soldato ferito al fronte; la storia è molto toccante e attinente al periodo in cui Fernando era in viaggio. Grazie agli scritti ho scoperto che è tornato in patria nel 1915 per arruolarsi come volontario di guerra.
LA DECISIONE DI PARTIRE – L’ho maturata recentemente anche se erano già un paio di anni che pensavo seriamente di lanciarmi in un’avventura e vedere con i miei occhi i luoghi visitati da lui. Così, discutendone una sera a cena con amici e familiari e ironizzando sulla possibilità di scriverne un libro, l’idea ha preso sempre più corpo diventando una realtà. Ho conosciuto il fotografo Fabrizio Annibali, amico di mia moglie Lucia (gestrice di un’agenzia di fotogiornalismo ndr), gli ho proposto l’itinerario di viaggio e, incassato l’ok, abbiamo aperto una campagna di raccolta fondi su Indiegogo. Un ruolo fondamentale l’ha giocato proprio mia moglie, che fin da subito mi ha spronato ad approfittare di questa pausa da impegni lavorativi per mettermi sulle tracce di mio nonno ed ha contribuito all’avventura cercandoci gli alberghi dove pernottare e postando sui social network le novità, le foto e gli aggiornamenti relativi ai nostri spostamenti. Prima di partire ho iniziato a creare una rete di contatti su Facebook e Twitter, così da poter raccogliere fondi ed avere un ‘pubblico’ pronto a seguirmi negli spostamenti. Uso i canali social da diversi anni, ma non ero preparato ad affrontare una campagna di crowdfunding.
IL VIAGGIO – Il 15 marzo Fabrizio ed io siamo partiti alla volta di Caselle; il 16 abbiamo iniziato ufficialmente il ‘tour’. Ci eravamo ripromessi di arrivare ad Istanbul per Pasqua, così abbiamo sostenuto una marcia abbastanza serrata. Dopo poco, però, abbiamo dovuto rivedere i nostri piani perché non avevamo messo in conto che il mondo è bellissimo! Ci siamo un po’ persi nella natura e nella storia dei Balcani. Ho conosciuto tante persone interessanti, accoglienti e simpatiche. Siamo arrivati a Tuzla il 1 aprile, ultima tappa di questa prima parte del viaggio. A Tuzla, Turchia, mio nonno è rimasto per diverso tempo, lavorando per un’azienda produttrice di mattoni. Sarei voluto arrivare in Medio Oriente, ma la delicata situazione odierna non mi ha consentito di procedere oltre. E’ un peccato, perché Damasco e Aleppo nei diari di mio nonno vengono descritte come città uniche al mondo, con storie affascinanti e poetiche. Ho percorso Austria, Ungheria, Serbia, Bulgaria, Grecia e Turchia all’andata, mentre al ritorno sono passato per Bulgaria, Serbia, Bosnia, Croazia e Slovenia. Sono tornato a Milano il 10 di aprile.
FUTURO – Ora più che mai è incerto. Tornato a Milano mi sono subito messo a leggere e a catalogare altri scritti di mio nonno. Pur sforzandomi per ora sono arrivato solo fino al 1917/1918. Magari in futuro riuscirò a scoprire nuovi retroscena sulla sua figura. Per ora so che vorrei proseguire la seconda parte del suo viaggio e arrivare in Iraq. Sto leggendo dei racconti molto intensi; nei suoi scritti è come se avesse disegnato a matita e con pochi tratti fosse riuscito a rendere l’idea di cosa stava attraversando in quegli anni; racconta di paesaggi bellissimi, ospitalità di pastori, gente altruista, parla di un incontro con un inglese che lo mette in guardia dai beduini, successivamente incontrati e con cui ha condiviso tanti momenti. Fino a Salonicco non ho notizie di compagni di viaggio di mio nonno, era solo. Da Istanbul invece parla di un certo Giuseppe Bandalo, amico di avventura con cui è arrivato fino a Baghdad.
Ero partito con l’idea di conoscere meglio quel mio nonno mai incontrato, ma non ho scoperto informazioni in più durante il viaggio. Però un regalo me l’ha fatto: mi ha messo in viaggio. Sono partito con la convinzione di ripercorrere le strade da lui calcate e per buona parte della strada è stato così. Dopo un po’ non è stato più possibile però, perché l’avventura mi stava portando talmente tanto in termini di scoperta e relazioni che se mi fossi fermato a seguire solo le sue orme avrei impoverito il tutto. Continuando a percorrere la sua strada ho cambiato il modo di vedere la mia. Non si trattava più soltanto di seguire le sue orme, ma si è trasformato in un percorso personale di vita, la mia scoperta, il mio modo di guardare il mondo. E’ diventato ancora più prezioso perché ho iniziato ad osservare le persone, a parlarci.
Ho avuto modo di conoscermi meglio e di conoscere una parte dell’Europa verso la quale abbiamo fin troppi preconcetti. La strada mi ha dato molte emozioni, e se prima ero confuso ora lo sono di più. Ho per le mani due belle storie, quella di mio nonno e la mia, vorrei farne qualcosa di buono, raccontarle. La mia idea è quella di farne un libro, che in fin dei conti era il progetto iniziale. Sto cercando un modo per far sì che ciò che ho fatto e ciò di cui mi sono arricchito possa trasformarsi in qualcosa di più. Non so dove questo mi porterà, ho ancora un grosso “problema”: andare da Istanbul a Baghdad e spero di poterlo risolvere presto.
Per leggere il diario tenuto da Giorgio Borgonovo durante il viaggio clicca qui
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