Kenya, stupri e torture dei soldati inglesi. Dopo sessant’anni si riapre il caso

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di Francesco Caselli

Dopo mezzo secolo l’Alta Corte di Londra è pronta a fare giustizia. E’ stato dato il via libera alla causa legale di quattro anziani originari del Kenia contro il governo britannico, accusato di aver praticato la tortura durante la rivolta dei Mau Mau negli anni 50. Era il 1952 quando i combattenti Kikuyi attaccavano i coloni inglesi con l’obiettivo di riconquistare le terre sottratte loro dalle autorità britanniche. La Gran Bretagna si oppose proclamando subito lo stato d’emergenza e dando avvio a una lunga campagna di sterminio nei confronti delle tribù locali, dove persero la vita 20mila persone.

I superstiti, decine di migliaia, furono chiusi dentro i campi di lavoro, dove subirono atroci torture. A testimoniare sono proprio loro, i quattro keniani Ndiku Mutwiwa Mutua, Paulo Muoka Nzili, Wambugu Wa Nyingi e Jane Muthoni Mara, sopravvissuti alla prigionia. Mutua e Nzili raccontano di essere stati castrati, Nyigi è stato malmenato fino a perdere conoscenza, Mara ha subito diverse violenze sessuali. Ora hanno tra i 70 e gli 80 anni e finalmente il ministro degli Esteri, che afferma di non poter essere legalmente responsabile, ha chiesto al giudice di considerare la validità del caso.

Leigh Day, avvocato delle vittime, sostiene che i funzionari britannici fossero a conoscenza delle sevizie, e non solo, ma avrebbero mandato l’esercito in questi campi per partecipare alle torture e alle punizioni collettive. David Anderson, professore dell’università di Oxford ha affermato che “l’uso delle torture e degli abusi era una pratica normale e che solo in seguito siano stati introdotti regolamenti di emergenza in modo da coprire queste pratiche”.


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