Siria, il regime macchia di sangue il venerdì di preghiera: 15 morti

Un nuovo venerdì di preghiera seguito da un ennesima ondata di proteste. Questo è il 21mo venerdì consecutivo, il primo del Ramadan, dove diverse migliaia di persone si sono date appuntamento per recarsi nelle strade dopo la preghiera della settimana al fine di espimere il proprio dissenso nei confronti dell’attuale regime politico di Bashar al-Assad.

Secondo ciò che è stato riferito da Omar Edelbe, portavoce dei Comitati Locali di Coordinamento, uno dei principali movimenti di opposizione, sarebbero almeno 15 i morti, i feriti invece sarebbero diverse decine, tra cui alcuni in gravi condizioni. Il tasso più elevato di vittime, sette, è stato stimato ad Arbin, cittadina situata a pochi chilometri dalla periferia occidentale di Damasco. A Dumair, nel nord-est, sarebbero tre le persone che hanno perso la vita e altre tre a Homs, nel centro del Paese.

Un morto si è avuto a Deraa, nel sud, e uno a Madamiya al-Sham, sobborgo meridionale della capitale. Edelbe ha dichiarato che la manifestazione è avvenuta nell’estrema maggioranza dei centri abitanti siriani, ad eccezione di Hama, città situata a circa 200 chilometri a nord di Damasco, che è stato vittima di ripetuti e gravi bombardamenti e dove gli «shabiha», cioè le milizie paramilitari al servizio del regime, non hanno consentito l’accesso ai fedeli all’interno delle moschee per effettuare la preghiera del mezzogiorno.

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In base alle informazioni divulgate dalla rete al Arabiya, la città si trova attualmente circondata da 250 carrarmati di Assad e le truppe del regime siriano hanno preso la decisione di staccare la luce, privando in tal modo i bambini del latte in polvere e del cibo.


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