di Enrica Roberto
Nei prossimi mesi il tribunale della Virgina dovrà giudicare il Segretario alla Difesa dell’ultimo governo Usa Donald Rumsfeld e il Ministro della Difesa Robert Gates. I due sono stati accusati da alcuni militari e veterani per non aver investigato adeguatamente sugli stupri tra le truppe. I querelanti, inizialmente 16 ora più di 30, ritengono che le misure prese dal Dipartimento della Difesa per evitare gli stupri all’interno del mondo militare non siano state sufficienti, e che anzi abbiano in alcuni casi reso più difficile per le vittime di violenza sporgere denuncia.
La misura più significativa presa dal Dipartimento della Difesa in merito a questo dilagante problema è stata la creazione nel 2005 del Sapro (Sexual Assault Prevention Office). All’ufficio è stato assegnato il compito di eliminare gli ostacoli che impediscono alle vittime di violenza sessuale di sporgere denuncia e di vedere condannato il loro aggressore. Inoltre, l’ufficio ha il compito di redigere ogni anno un rapporto sullo stato delle cose, ma il resoconto presentato nel 2009 è stato giudicato inconsistente.
Ciononostante, dalla creazione del Sapro sono stati riportati l’11% in più di casi rispetto agli anni precedenti, e il 16 % in più nelle zone di guerra. Queste, in particolare, sono le zone in cui si stima sia maggiore il numero di violenze subite. Un terzo delle donne che servono o hanno servito in Afghanistan è ritenuta essere stata vittima di violenza da un suo commilitone, e lo stesso vale per il 27% degli uomini, numeri raddoppiati rispetto alle stime di violenze sessuali tra i civili. Dal rapporto stilato nel 2009 risulta che l’87% dei casi riportati sia di violenza su una donna da parte di un uomo, mentre il 7% tra commilitoni dello stesso sesso. Il caso tipico prevede un uomo e una donna tra i 18 e i 25 anni e la presenza di alcool.
Proprio il peso che viene dato all’alcool è una delle ragioni per le quali le vittime di stupro accusano il Dipartimento alla Difesa di aver addirittura peggiorato la loro posizione. Uno dei poster “educativi” creati dal Sapro invita ad aspettare che la donna sia sobria per proporle un rapporto sessuale, lasciando intendere che una donna non sobria che accetti di avere un rapporto possa poi sostenere di essere stata stuprata. In questo modo, la vittima diventa spesso colpevole di aver provocato l’aggressore e viene disincentivata a sporgere denuncia. Se questo atteggiamento di colpevolizzazione della donna non differisce da quello tenuto nel mondo civile, molto diverso sembra essere il modo in cui vengono trattati i colpevoli. Mentre il 40% dei civili accusati di violenza vengono condannati, ciò accade a solo l’8% dei militari, poiché spesso a questi ultimi viene data la possibilità di congedarsi “con onore” per evitare la condanna.
Il Pentagono stesso ritiene che tra l’80 e il 90% delle violenze non vengano segnalate, e studi effettuati dagli organi competenti hanno evidenziato che la metà delle vittime teme di essere etichettata come provocatrice, anche a causa dell’impossibilità di sporgere denuncia anonima, e che un numero elevato teme di venire rimossa dalla missione per essere protetta. Le testimonianze dimostrano infatti che l’atteggiamento all’interno delle truppe non è di supporto bensì di isolamento, e che questo molto spesso rende impossibile per il militare continuare la propria missione.
Vi sono stati però alcuni segni di miglioramento: è ora possibile per le vittime cercare aiuto medico senza dover sporgere denuncia, e le infermiere degli ospedali da campo vengono formate per prestare specifico soccorso. Il fatto stesso che il Pentagono abbia ritenuto i rapporti stilati dal Sapro inconsistenti ed inadeguati, inoltre, è un segnale che si stia cominciando a prestare seriamente attenzione al problema. Tuttavia, la strada è ancora lunga perché i colpevoli di violenza vengano adeguatamente perseguiti e le vittime vengano ritenute tali, ma soprattutto ancora lontano è il momento in cui il numero di stupri non sarà così elevato.
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