Shark finning, la pratica barbara per ottenere la zuppa di pinna di squalo

di Enrica Roberto

Settantatre milioni di squali vengono uccisi ogni anno per preparare una delle zuppe più amate della cucina asiatica. Si tratta della zuppa di pinne di squalo, rinomata in Asia ed ormai anche in occidente e venduta all’esorbitante prezzo di circa 100 dollari la porzione. Il consumo di questo piatto in Asia è stato spesso associato all’idea di benessere, perciò viene servito durante i banchetti nuziali e le cene di rappresentanza, e in zone come Hong Kong risulta servito nell’89% dei matrimoni. L’espansione economica cinese e di molti altri paesi orientali ha reso la zuppa alla portata di un numero sempre crescente di consumatori, e il sistema globale dell’economia contemporanea ne ha aumentato il consumo anche in occidente, in particolare in Canada e in California dove si verifica l’85% del mercato occidentale di questa delicatesse tipicamente orientale.

Il problema di questa zuppa sta nel modo in cui viene procurata la materia prima, la pinna di squalo. Si tratta di una crudeltà che si consuma quotidianamente negli oceani e che sta portando a rischio di estinzione un terzo delle razze di squali esistenti. Gli esemplari vengono catturati in mare aperto e la pinna dorsale viene tagliata prima che l’animale, ancora vivo, venga rigettato in mare, dove morirà dissanguato o soffocato poiché la mancanza della pinna impedisce il movimento che ne permette la respirazione. In questo modo viene buttato il 98% dell’animale, poiché solo la pinna costituisce una reale fonte di reddito, mentre il resto del corpo, considerato inutile, viene disumanamente lasciato affondare nelle acque profonde destinato a morte certa.

Lo squalo è alla cima della catena alimentare della fauna marina e la sua estinzione può costituire un danno irreparabile per l’intero ecosistema che perderebbe totalmente il suo equilibrio naturale. Inoltre, per le loro caratteristiche riproduttive gli squali sono animali particolarmente vulnerabili all’overfishing. Vi sono anche buone ragioni economiche per considerare sbagliata questa pratica diffusa: ogni esemplare di squalo durante la sua vita può contribuire per 2 milioni di dollari all’industria turistica di una comunità costiera, mentre l’uso della carne di squalo per scopi alimentari rende solo 108 dollari ad animale. Alcune specie di questi predatori dell’oceano sono diminuite del 99% negli ultimi cinquanta anni, si tratta in particolare di quelle specie diffuse nelle acque dei Paesi in via di sviluppo, dove è più facile che il vantaggio economico immediato venga considerato più importante di un investimento sul futuro.

Studi medici hanno inoltre evidenziato numerosi rischi per la salute umana derivanti dal consumo delle pinne di squalo e tonno. Queste parti dei pesci, infatti, contengono livelli di mercurio 42 volte superiori ai limiti per la salute, e ciò costituisce rischi durante la gravidanza e l’allattamento, può provocare infertilità, aumenta il rischio di malattie cardiache e può provocare immediati danni neurologici.

Tra il 50 e l’80% delle pinne consumate nel mercato mondiale arriva da Hong Kong, ma sono ben 145 i Paesi che partecipano al commercio di questo prodotto. Grazie alle campagne organizzate da numerose organizzazioni di attivisti in tutto il mondo, molti progressi sono stati fatti nel mondo occidentale per evitare questa barbarie. Lo Stato della California e numerose comunità canadesi hanno bandito la vendita della zuppa, anche se questo ha creato non pochi problemi in alcune cittadinanze. La comunità cinese residente a Los Angeles, per esempio, ha accusato il Governatore della California di razzismo a causa di questo provvedimento, sostenendo che la zuppa faccia parte della tradizione e della cultura asiatica. Ciononostante sono sempre di più le città che, sulla scia di Sacramento e di Toronto, stanno bandendo la vendita di questo prodotto.

Non pochi progressi si stanno verificando anche in Asia. Taiwan, che da solo uccide ogni anno 4 milioni di squali, ha approvato una legge che entrerà in vigore nel 2012 che prevede il divieto di portare sulla terra ferma esemplari di squali in pezzi, rendendo così impossibile che venga attuato il rituale barbarico dello shark finning. Una legge simile è già in vigore nelle isole Fiji e alle Bahamas dove ha ridotto sostanziosamente il numero di squali uccisi, rendendo comunque molto più costoso il loro commercio. Addirittura star cinesi come il campione di basket Yao Ming si stanno muovendo a favore della causa, con pubblicità progresso che vengono mandate sulla televisione nazionale cinese.

Nonostante molti attivisti sostengano che il rischio di estinzione degli squali non sia in questo modo cancellato, è innegabile che siano stati fatti dei passi avanti, che l’azione responsabile di alcuni stati potrà ridurre notevolmente il pericolo di perdere il punto più importante della catena alimentare marina, estinguendo così il rischio di sconvolgere completamente l’equilibrio faunistico di quel mondo così importante, anche per la stessa economia degli Stati che ne stanno provocando il tracollo.


2 Comments

  • Bell’articolo, interessante, argomentato e ben scritto. Attenti ai temi più quotidiani, perdiamo di vista altri aspetti e problematiche della nostra realtà. Ben venga che qualcuno ce lo ricordi ogni tanto. Terrò d’occhio questo sito

  • Ci si deve muovere a difesa di questi animali che nell’immaginario umano si presentano come mangiatori di persone, ma in realtà svolgono un ruolo importantissimo nell’ecosistema marino fungendo oltre che da predatori ai vertici delle piramidi alimentari , da veri e propri spazzini dei mari.
    Gli squali sono creature pressochè immutate, giunte a noi da milioni di anni….non deve essere certo la follia e la brutalità umana a minacciare la vita di questi animali bellissimi. Bell’articolo!!!!

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Potresti apprezzare anche

No widgets found. Go to Widget page and add the widget in Offcanvas Sidebar Widget Area.