“Niente cibo del banco alimentare a rom e clandestini”

Un foglio intestato alla parrocchia di Santa Giovanna Antida (borgo San Pietro, quartiere popolare di Moncalieri – TO) presenta dieci punti “richiesti per la consegna del pacco viveri agli indigenti” fornito dal Banco Alimentare. Due condizioni di questo “decalogo” hanno scatenato accese discussioni: i pacchi di beni di prima necessità (pasta, pane, sugo, ecc) possono essere consegnati “ma non ai nomadi” e nemmeno ai clandestini perché, riporta il testo, “se extracomunitari è necessaria la copia del permesso di soggiorno”. Tra le condizioni utili ad accedere ai pacchi di alimenti ci sono anche: “la copia del documento d’identità, del codice fiscale, dell’ Isee, dello Stato di Famiglia, del Cud (se pensionati) del Red (se lavoratori a basso reddito)”.

Don Aldo Salussoglia, parroco della chiesa di Nostra Signora delle Vittorie, si è indignato appena giunto a conoscenza della situazione e, come la maggior parte dei parroci coinvolti, ha preso distanza dai punti ‘incriminati’: “Principi inaccettabili che rischiano di rovinare un lavoro di anni e contraddicono lo spirito cristiano di aiuto e assistenza”. Il parroco sostiene di non condividere “nessuno di quei punti. Io i poveri li conosco, i nomadi a volte li ho ospitati nelle stanze della parrocchie, ho consegnato dei pacchi anche quando non era strettamente necessario per dare una boccata d’ossigeno a chi li chiedeva”. Anche Don Paolo Comba sostiene che “quei dettami siano incondivisibili in tutto e per tutto. Non possiamo rischiare di far annegare la carità nella burocrazia, men che mai nella discriminazione”.

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Ma chi è il responsabile fisico del decalogo? Chi ha scritto la lista di condizioni? Don Gianfranco Carlucci, che spiega che “quel foglio è frutto di una dettatura, parola per parola, fatta dagli ispettori del Banco Alimentare alla mia segretaria. Per quanto mi riguarda non condivido quasi nessuno dei punti riportati. Pensi che, per sicurezza, ho anche richiamato per capire se ci fossero state interpretazioni o aggiustamenti. Niente di niente. Era tutto dettato”.

Eppure qualcosa non torna. Perché Roberto Cena, direttore del banco Alimentare, nega ogni responsabilità dell’ente nello stilare la lista. “Siamo noi – spiega Cena – gli unici titolati a dare disposizioni e non ne abbiamo date. Ma crede davvero che avrei scritto di non consegnare i pacchi ai nomadi e ai clandestini? Due nomadi lavorano qui con noi, ogni giorno, al banco. Questo documento è opera, del tutto personale, di un parroco. Noi siamo dell’avviso opposto. La nostra storia parla da sé”.


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