Lunedì mattina, 11 giugno, sono state assegnate le prime case ai rom nel nuovo “villaggio attrezzato”, realizzato dall’amministrazione comunale la Barbuta. Il grande campo nomadi, che può ospitare circa 650 persone, è situato tra il Gra, la ferrovia Roma-Cassino e l’aeroporto di Ciampino ed è videosorvegliato e recintato, per un costo annuale di 3 milioni di euro. Si tratta del primo grande campo costruito ex novo a Roma negli ultimi 7 anni.
All’apertura dei cancelli del campo non sono mancate le polemiche per quanto riguarda i recinti che “sanno di segregazione” come denuncia l’associazione “21 Luglio”, che riferendosi al villaggio rom parla di “lutto della civiltà a causa delle condizioni di vita eccessivamente restrittive per l’intera comunità”.
Anche Sandro Medici, presidente del X municipio, denuncia un atteggiamento “forzato” dell’amministrazione capitolina sulla questione di chi realmente accederà a La Barbuta e promette battaglia “qualora venissero utilizzate procedure eccessivamente dure, per quanto riguarda il regolamento che sancisce le regole di vita nel campo”.
Per la costruzione del campo sono stati spesi più di 10 milioni di euro, all’interno ci sono 160 moduli abitativi di 24 e 32 metri quadri. Ma non c’è nessuno spazio ricreativo per bambini. L’associazione “21 Luglio” lo definisce un vero e proprio ghetto e ricorda che in passato è stato chiesto al sindaco e al prefetto, in una lettera datata il 29 maggio, di fare un passo indietro.
Inoltre si è creato il problema per gli abitanti del campo sulla via Pontina che dovrebbero traslocare alla Barbuta e che si rifiutano: “Siamo bosniaci e le altre etnie sono pronte a scatenare una faida se andremo a vivere laggiù” dicono alcuni del campo.
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