Nardò, i sindacati: “I migranti stagionali vivono in condizioni spaventose”

di Emilio Garofalo

La denuncia dei sindacalisti di Cgil, Flai e Inca parla chiaro: il degrado in cui vivono gli immigrati impegnati nei campi della zona di Nardò (Lecce), piccolo comune della pianura salentina, è “spaventoso”. La questione è stata sollevata a conclusione della tappa leccese del progetto nazionale itinerante “Gli invisibili delle campagne di raccolta”. Su quello che è stato ribattezzato “camper di diritti”, i collettivi dei sindacati, partendo dal Meridione, proseguiranno lungo la rotta dei lavoratori stagionali migranti. Prossime fermate: Foggia, poi Rosarno, per giungere, passando per le grandi distese di Siracusa, Racusa, Salerno e Padova, sino a Bolzano.

Un viaggio di due anni, per monitorare le condizioni dei lavoratori stranieri impiegati nei campi del Belpaese. Condizioni che, sin di primi chilometri di strada percorsi, si sono rivelate drammatiche: ruderi malmessi e sperduti, quando non veri e propri giacigli di fortuna improvvisati, ad accogliere accampamenti pericolanti e dal difficile accesso. I lavoratori sono uomini e donne, a centinaia, e trovano riparo sul terreno bruciante della campagna salentina. Al termine della giornata di lavoro, riposano all’ombra dei grandi rami rigogliosi degli alberi di ulivo. Naturalmente, s’arrabattano come possono, non potendo contare sui servizi minimi per la sopravvivenza.

Benché fatichino indefessamente, non dispongono di acqua né cibo. Sono privi di ogni tutela o assistenza sanitaria. Caldo, sete e fatica, in un contesto di spaventoso degrado. Tutt’attorno, una rapida escalation di criminalità e di illegalità, fomentata dalla paura di perdere il lavoro e dalla vergogna di condurre un’esistenza “borderline”, senza casa, salario equo, né contratti. Giunti nelle distese coltivate della campagna di Nardò, gli operatori dei sindacati sono stati inondati da richieste di beni di prima necessità. “I lavoratori hanno chiesto acqua e medicine”, ha raccontato Gioacchino Marsano, coordinatore Inca-Cgil.

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Richiesta accolta dal sindacato, mettendo a disposizione anche un medico che, visitando gli uomini negli accampamenti, ha prescritto cure mediche e medicinali. Gli interventi si sono resi necessari per alcune patologie riconducibili alle estenuanti condizioni di lavoro: eritemi solari, dissenteria, irritazioni degli occhi dovute alla prolungata esposizione al sole. I lavoratori sono stati colpiti anche da reazioni allergiche della cute, crisi ipotensive, lombalgie da sovraccarico, gonalgie bilaterali da stress lavorativo. E, in un mesto crescendo, infezioni ai denti e crisi da malnutrizione.

Dal racconto dei momenti trascorsi ad alleviar le pene dei tanti lavoratori stranieri stagionali, si è poi passati all’analisi delle motivazioni cui far risalire questa crisi. Perché centinaia di persone, giunte nelle campagne italiane in cerca di lavoro, si ritrovano a subire questo trattamento inumano? Sono i segretari degli uffici leccesi dei sindacati, Salvatore Arnesano per la Cgil e Antonio Gagliardi per Flai-Cgil, a rispondere.

“Soltanto sette aziende hanno aderito al protocollo d’intesa per l’impiego della manodopera nella produzione di prodotti ortofrutticoli: su 189 lavoratori iscritti al Centro per l’Impiego, soltanto 36 sono stati reclutati dalle aziende. Questo significa che la maggior parte delle imprese utilizza il sistema di intermediazione illecita dei caporali” – hanno spiegato i rappresentanti dei lavoratori, che poi, commentando i numeri, li hanno definiti “distanti dalla realtà del territorio salentino”.

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Parole dure sono state rivolte, in fine, all’atteggiamento dello Stato, colpevole, secondo gli organi assistenziali, “di essersi ritirato e di aver cercato di far arretrare anche i sindacati”. I quali, invece, continuano a rivendicare una battaglia che prosegue, chilometro dopo chilometro, per rendere visibili i lavoratori privi d’ogni tutela, per i diritti dell’uomo e della legalità. E perché, “prima ancora della legge, viene il rispetto dell’essere umano”.


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