di Emilio Garofalo
Sono le parole di un eritreo ricoverato a Zarsis, in Tunisia, per assideramento e disidratazione a raccontare l’ennesima tragedia dell’immigrazione. Lui, unico superstite, salvato la scorsa notte da un’imbarcazione di pescatori tunisini, è il testimone di una tragedia che è costata la vita a 54 persone. Eritrei, libici. Uomini in fuga, salpati dalle sponde di Tripoli.
Il loro viaggio è cominciato due settimane fa. Come sempre, a bordo di un gommone che, dopo nemmeno una giornata di navigazione, giunto in prossimità delle coste italiane, sarebbe stato trascinato dalle correnti e dai forti venti in mare aperto. Il dramma si sarebbe consumato nei giorni successivi: le vittime si sono spente una dopo l’altra.
I migranti sono morti senza poter bere né mangiare, inghiottiti dall’acqua salata del mare, la stessa consumata per sete. “Un calvario di quindici giorni”, ha raccontato il superstite agli operatori dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (Unhcr).
I migranti, alla deriva dopo aver fatto rotta verso l’Europa, si sono ritrovati su un’imbarcazione lacera, senza acqua né viveri. E molti sono stati costretti a dissetarsi con l’acqua marina. Come accaduto anche al sopravvissuto, restato in balìa delle onde aggrappato a una tanica per molte ore. Tra i compagni di viaggio che, stremati, non ce l’hanno fatta, c’erano anche tre suoi parenti.
L’Unhcr, nel rendere nota l’ennesima tragedia, ha denunciato nuove situazioni critiche. Tuttora, infatti, stando a quanto riportato dall’organizzazione umanitaria, in mare aperto sarebbero dispersi una cinquantina di uomini. Un gruppo composto da eritrei e somali, che avrebbe già rifiutato i soccorsi delle Forze Armate maltesi.
Il vice Alto Commissario dell’Onu per i Rifugiati, Alexander Aleinikoff, ha parlato di “una vera tragedia”. Ha lanciato anche un accorato appello “ai comandanti delle imbarcazioni nel Mediterraneo, affinché prestino la massima attenzione a possibili casi di migranti e rifugiati in difficoltà che necessitano di essere soccorsi”. Nel rivolgere questa richiesta, ha ricordato come quella tratta sia, del Mediterraneo, una delle più trafficate. Aleinikoff, pertanto, ha invocato il rispetto dell’antica tradizione del salvataggio.
Intanto, dalle coste libiche si continua a partire per questi viaggi disperati. I migranti in fuga sono a centinaia, provengono dell’Africa sub-sahariana. Solo nel 2012, evidenzia l’agenzia Onu, sarebbero circa 3mila gli uomini sbarcati in Italia e sulle coste dell’isola di Malta. E per ogni persona che arriva, in tanti non ce la fanno.
Dall’inizio dell’anno, infatti, le vittime sarebbero circa 170. E molte di più sono state quelle delle Primavere arabe: nel 2011, sarebbero morte in mare non meno di 1500 persone. Anche il ministro per la Cooperazione, Andrea Riccardi, ha immediatamente commentato la drammatica vicenda, parlando di una nuova e “gravissima tragedia del mare, che deve sensibilizzare tutti i paesi d’Europa”.
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