Il Ghana ratifica la convenzione sui disabili, un passo avanti contro gli abusi

di Luca Jacoponi

Buone notizie, almeno così sembra, dal fronte africano. Il 21 Agosto il Ghana ha ratificato la convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità classificandosi come 119esimo stato a farlo. Il paese, che conta 5 milioni di abitanti con disabilità fisiche e mentali, circa un quinto della popolazione, era stato tra i primi firmatari del trattato nel marzo 2007, ma ha impiegato più di 5 anni per rendere effettiva la ratifica.

La Convenzione nasce da decenni di lavoro e campagne di sensibilizzazione all’approccio alla disabilità. Il disabile non è un “oggetto” da curare, ma un essere umano nella sua interezza e in quanto tale deve godere di ogni diritto, deve poter prendere decisioni sulla propria vita in base al libero e informato consenso oltre ad avere il diritto a una partecipazione piena e attiva alla società.

Il protocollo è inteso come un vero e proprio ramo della tutela dei diritti umani. In quanto tale indica quali sono le zone dove i diritti fondamentali di chi soffre di disabilità vengono violati e dove è necessario intervenire per rafforzare diritti esistenti semplicemente sulla carta (per approfondimenti: http://www.un.org/disabilities/).

La convenzione, con il conseguente protocollo opzionale, è stata adottata il 13 dicembre 2006 alla sede ONU di New York, ed è stata aperta alle firme il 30 marzo successivo. L’evento fu segnato da un doppio record. Il protocollo è il primo trattato completo sui diritti umani del 21esimo secolo e nel primo giorno disponibile fu firmata da 82 paesi la convenzione e da 44 il protocollo: il più alto numero di firmatari della storia ad una convenzione delle Nazioni Unite nel suo giorno d’apertura.

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Il Ghana ci ha messo 5 anni a dare un valore concreto a quella firma. “Questo è un primo passo importante per garantire che i 5 milioni di ghanesi con disabilità siano trattati come cittadini uguali, con pari diritti”, ha detto Medi Ssengooba, di Human Rights Watch. “Il Ghana ha ora bisogno di adeguare le proprie legislazioni e le proprie prassi per consentire che le promesse della convenzione diventino realtà per le persone con disabilità”. Putroppo nel corso di questa lunghissima attesa le azioni dello stato africano non sono certo state fedeli all’impegno o quantomeno all’intento. HRW ha denunciato gli abusi a danno dei disabili quali: violazione delle libertà fondamentali, impossibilità di accedere alle cure primarie e gravi discriminazioni da parte delle autorità medesime. Nel 2011 e nel 2012 sono stati registrati centinaia di questi episodi che hanno avuto per teatro ospedali psichiatrici e campi di preghiera nel sud del Ghana. Human Rights Watch pubblicherà i dettagli nel prossimo rapporto.

“Le persone con disabilità mentale che vivono nei campi di preghiera e negli ospedali psichiatrici in Ghana subiscono abusi che vanno da abbandono a trattamenti crudeli, inumani e degradanti”, ha detto Ssengooba. “Ora che il Ghana ha ratificato la Convenzione sui Diritti dei Disabili, dovrebbe lavorare per porre fine a questi abusi e garantire l’accesso alle cure mediche e altri servizi per tutte le persone con disabilità mentali.”

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Ciò che stupisce è che in un paese dove l’aspettativa di vita si aggira intorno ai 60 anni e dove i disabili sono circa 5 milioni, meno dell’1% del budget sanitario(che per intero nel 2003 ammontava al 4,5%del PIL) viene speso per questo tipo di servizi assistenziali. Il governo sembra voler dare un taglio a questa ingente problematica. Ha difatti promosso quest’anno la legge di Salute mentale con l’intento di tutelare i disabili pur consentendo ancora la detenzione arbitraria e la rimozione della capacità giuridica piuttosto che un sotegno al potere decisionale.

Il quadro è piuttosto ingarbugliato. Da un lato un paese che sembra voler fare, con pesanti ritardi, dei passi verso un’affermazione onesta dei diritti umani fondamentali, dall’altro una nazione che nel substrato mantiene delle note di discriminazione e di visione distorta della disabilità. L’obiettivo sembrerebbe essere chiaro. Allora sorge spontanea la domanda: perchè tutto deve sembre muoversi a piccoli passi e non è possibile, ogni tanto, fare uno di quei salti che determinino un reale cambiamento?


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