Pussy Riot, le parole chiave di un caso mediatico

 

di Teodora Malavenda

TEPPISMO Lo scorso 17 agosto il tribunale di Mosca ha condannato tre ragazze ad una pena di due anni di reclusione con l’accusa di teppismo motivato da odio e ostilità verso la religione e i cristiani ortodossi.

PUSSY RIOT Le ragazze in questione fanno parte di un collettivo punk rock russo (PUSSY RIOT), femminista e politicamente impegnato che agisce sotto rigoroso anonimato. Formatosi nel settembre 2011 dopo la decisione di Putin di ricandidarsi alle elezioni presidenziali, si è contraddistinto sin da subito per il contenuto dei testi – religione, politica e diritti per i gay sono gli argomenti prediletti – e per un look dai toni decisamente vivaci. Le artiste (una decina) si esibiscono nella capitale moscovita indossando vestiti colorati e balaclava per coprire il volto.

MUSICA Tra le principali fonti di ispirazione del collettivo, alcuni gruppi musicali punk rock e Oi! dei primi anni ‘80 come Angelic Upstarts, Cockney Rejects, Sham 69, Era e The 4-Skins, Bikini Kill e il movimento Riot grrrl degli anni novanta.

ESIBIZIONI “Non faremo mai un concerto in un locale o in uno spazio musicale”. Fedeli alla linea si esibiscono (senza autorizzazione) per le piazze e le strade di Mosca. Memorabile il concerto nella Piazza Rossa e quello fatto sul tetto di un centro di detenzione di Mosca in cui erano stati portati i manifestanti arrestati durante le proteste post-elettorali del 5 dicembre 2011.

21 FEBBRAIO 2012 In segno di protesta contro la rielezione di Vladimir Putin, tre artiste del gruppo fanno irruzione nella Cattedrale di Cristo Salvatore, Tempio della Chiesa ortodossa russa, e intonano una dissacrante preghiera con un’invocazione a Theotókos (Madre di Dio, cioè la Beata Vergine Maria; in russo, Bogoroditse), affinché “mandi via Putin”. La canzone chiama in causa anche il Patriarca russo Cirillo I, indicandolo come qualcuno che crede più in Putin che in Dio.

MARZO 2012 Le tre donne vengono arrestate con l’accusa di “teppismo religioso”. Rinviate a giudizio, sono state sottoposte a un processo penale dai tempi brevissimi (meno di un mese). Durante gli interrogatori non hanno mai rivelato agli inquirenti i nomi delle altre componenti coinvolte nell’azione di protesta.

IDENTITA’ Maria Alyokhina (24 anni), nata a Mosca è studentessa al quarto anno dell’Istituto di giornalismo e scrittura creativa. Ha esperienze di volontariato umanitario e di attivismo ambientalista con Greenpeace Russia. Durante il processo ha contro-interrogato i testimoni avanzando pesanti accuse sulla regolarità dello stesso procedimento. Ha un bambino.

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Yekaterina Samutsevich (30 anni), è una programmatrice di computer interessata a tematiche LGBT ((Lesbico, Gay, Bisessuale, trans). Si è diplomata alla Scuola di fotografia e multimedia “Alexander Rodchenko” di Mosca.

Nadezhda Tolokonnikova (22 anni), nata a Noril’sk è una studentessa di filosofia all’Università statale di Mosca. Sposata con Pyotr Verzilov (considerato l’ispiratore del gruppo) ha una figlia di 4 anni e un passato di attivismo politico nel gruppo di street-art Voina. Soprannominata “la filosofa”, è considerata la più sexy delle Pussy, tanto che Playboy la vorrebbe in copertina.

MOBILITAZIONE internazionale per le artiste. Il loro caso ha attratto notevole interesse a causa delle accuse di trattamenti duri a cui sarebbero sottoposte durante la custodia.

L’Amministrazione statunitense ha invitato la Russia a revisionare il caso definendo “sproporzionata” la condanna rispetto ai fatti contestati.

L’Unione europea ha espresso preoccupazione «per le irregolarità segnalate», «per le condizioni di detenzione» e per «la maniera in cui si è svolto il processo, tenuto conto delle informazioni su atti di intimidazione contro gli avvocati, i giornalisti e gli eventuali testimoni».

Negativo anche il commento dell’OSCE, Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa: «Le accuse di vandalismo a scopo religioso non possono essere utilizzate per limitare la libertà d’espressione. Le dichiarazioni, anche se provocatorie o satiriche, non dovrebbero essere soppresse e non dovrebbero essere condannate con la prigione».

La cancelliera tedesca, Angela Merkel, ha definito la condanna “sproporzionatamente severa” e “non conforme ai valori europei di democrazia e stato di diritto, ai quali la Russia è legata in virtù della sua appartenenza al Consiglio d’Europa”.

Tutti e tre le esponenti delle Pussy Riot finite sotto processo sono state riconosciute come prigionieri politici dalla Union of Solidarity with Political Prisoners (SPP).

Amnesty International le ha nominate prigioniere di coscienza, in ragione della “severità della risposta delle autorità russe”. Infatti, si fa notare, la Corte europea dei diritti dell’uomo è ripetutamente intervenuta per affermare che la libertà di espressione si applica non solo alle idee inoffensive, “ma anche a quelle che offendono, scandalizzano o disturbano lo Stato o settori della popolazione”.

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Le accusate hanno ricevuto pubblico sostegno da molti artisti come Anti-Flag, The Beastie Boys, Björk, Jarvis Cocker, Cornershop, Die Antwoord, Faith No More, Franz Ferdinand e Alex Kapranos, Peter Gabriel, Genesis, Peter Hammill, Kathleen Hanna, Zola Jesus, The Joy Formidable, Courtney Love, Madonna, Johnny Marr, Paul McCartney, Kate Nash, Yoko Ono, Peaches, Pet Shop Boys e Neil Tennant, Propagandhi, Iiro Rantala, Red Hot Chili Peppers, Refused, Billie Joe Armstrong, Rise Against, Patti Smith, Sting, Tegan and Sara, Pete Townshend.

In Italia solidarietà da Elio e le storie tese e Vasco Rossi.

Alla schiera dei sostenitori si sono aggiunte le attiviste del movimento “Se non ora quando” di Roma che in un blitz notturno hanno “ncappucciato con collant colorati con la scritta “Free Pussy Riot” alcune statue del Pincio.

Al centro di Kiev invece le attiviste del movimento FEMEN, hanno messo in atto una performance dissacratoria che ha avuto come obiettivo un Crocifisso dedicato alle vittime dello stalinismo.

IMBARAZZO quello provato da Vladimir Putin di fronte alla crescente popolarità del caso. Da un lato la necessità di proteggere la sua immagine da una lesiva esposizione mediatica, dall’altro la volontà di salvaguardare gli ottimi rapporti con le autorità religiose russe.

INTRANSIGENZA Il patriarca Cirillo I ha definito “sacrilegio” l’azione delle Pussy Riot, e il portavoce del patriarcato le ha accusate di aver commesso “un crimine peggiore di un omicidio”.

CLEMENZA Due esponenti del clero ortodosso hanno concesso il perdono alle condannate: si tratta di Tikhon Shevkunov, del Monastero di Sretensky di Mosca, ritenuto il consigliere spirituale di Putin, e dell’arciprete Maxim Kozlov.
Fino ad oggi la Chiesa aveva adottato un atteggiamento rigoroso sulla vicenda, suscitando dubbi e polemiche anche da parte di alcuni religiosi, convinti che perdonare le ragazze sarebbe stato più conforme ai valori cristiani.

CARCERE la giudice Marina Sirova ha scelto di destinare le ragazze al secondo tipo di colonia sui 4 previsti in Russia: una delle “prigioni a regime comune”, dove convivono detenuti che hanno commesso crimini gravi per la prima volta e gli autori di delitti medio-piccoli. Qui Nadia, Katya e Masha vivono in stanzoni con letti a castello che possono ospitare da 20 a 150 persone.

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ABUSI Già durante la loro detenzione preventiva, durata 6 mesi, avevano denunciato abusi: le ragazze sarebbero state lasciate senza mangiare e bere, e private del sonno.

VITTORIA “Qualunque sia il verdetto, noi e voi stiamo vincendo. Perché abbiamo imparato ad essere arrabbiati e a dirlo politicamente”. Queste le parole di Nadia ai suoi sostenitori. La cantante ha scritto una lettera dal carcere diffusa poi dagli avvocati e pubblicata sul sito della radio Eco di Mosca. Esplicita l’accusa al sistema del suo paese: «la nostra detenzione è un segno chiaro e distinto che la libertà è stata sottratta a tutti noi».

FUGA La notizia secondo la quale due delle ragazze hanno lasciato il Paese con successo, è stata diffusa ieri sera su twitter. Dalle dichiarazioni rilasciate da Piotr Verzilov, marito di Nadia, si evince che le ragazze si trovano in un posto sicuro, fuori dalla portata della polizia russa.

CURIOSITA’ Un graphic designer estone, Magnus Vulp, ha lanciato una versione anti-Cremlino di “Angry Birds”, la app più scaricata al mondo. Mentre nell’originale bisogna tirare uccelli contro i maiali, i giocatori di Vulp lanciano personaggi vestiti da funzionari russi contro ribelli ispirati allo stile delle Pussy Riot.

FUND RISING Il prossimo 10 settembre la galleria Lombard-Fried Projects di New York, insieme ad Amnesty International, ha organizzato una mostra e raccolta fondi per sostenere le giovani e le loro famiglie. Durante l’evento saranno trasmessi a ciclo continuo cinque video del gruppo. Il prezzo dei biglietti per partecipare va dai 75 ai 100 dollari.



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