Transnistria, un bazar di armi e materiale radiattivo nel cuore dell’Europa

Reportage di Riccardo Bottazzo su uno stato che non si può cercare sulla carta geografica. La democratica repubblica comunista della Transnistria non è segnata su nessuna mappa. “Ma se viaggiate attraverso la Moldavia, da ovest ad est, come sto facendo io – scrive Bottazzo – con l’intenzione di raggiungere il confine ucraino, rischiate di cascarci dentro. E sono cavoli vostri, perché da queste parti la legge la detta solo chi ha un Kalashnikov in mano”.

Stiamo parlando di una specie di Isola Che Non C’é, dove però Capitan Uncino ha fatto fuori Peter Pan e se la governa da padrone. Per l’Europa e per la comunità internazionale, la Transnistria semplicemente non esiste. Quella lunga e stretta striscia di terra sulla sponda orientale del fiume Nistro che fa da cuscinetto tra la Moldavia e l’Ucraina, appartiene giuridicamente alla Moldavia. Ma nei fatti, è una repubblica perfettamente indipendente con tanto di polizia, esercito, prigioni, bandiera, moneta propria, presidente (dittatore) e parlamento. Ma è uno Stato che nessun altro Stato sulla faccia della terra si sognerebbe mai di riconoscere, fatto salvo per altri Governi non riconosciuti da nessuno come l’Abcasia e l’Ossezia del Sud.

Le rivendicazione territoriali della Moldavia, che continua a ritenere la terra a ridosso del fiume Nistro come un suo territorio, la lasciano perfettamente indifferente. Il governo di Chisinau non ha né la forza politica né quella militare per riprendersi quella regione che nel 2 settembre del 1990 si è dichiarata unilateralmente indipendente, in seguito ad un colpo di mano della 14ª armata dell’esercito sovietico stanziata a Tiraspol – oggi capitale dello Stato fantasma – approfittando della confusione legata alla dissoluzione dell’Unione Sovietica.

Proprio la dissoluzione del gigante sovietico ha decretato la fortuna economica e di conseguenza anche quella politica di questa “repubblica della banane”. Subito dopo aver dichiarato l’indipendenza, i generali della 14ª armata hanno cominciato a mettere sul mercato l’unico bene a loro disposizione: le armi dell’armata Rossa. La Transnistria è diventata così un gigantesco bazar dove, pagando sull’unghia, si può comperare di tutto: mitraglie Policeman, pistole Makarov, lanciarazzi anticarro Rpg7, lanciamine Vasiliok, lanciagranate Gnom e Spg9, razzi Bm 21 Grad, missili portatili Duga. Per non parlare di tutte le enormi quantità di materiali nucleari, chimici e radioattivi stoccati nei depositi oggi abbandonati dell’esercito sovietico, come i famigerati missili Alazan dotati di testata agli isotopi radioattivi che fino a qualche anno fa erano piazzati all’aeroporto di Tiraspol e di cui si sono oggi perse le tracce.

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A tenere le redini di questa ebay del terrore è la mafia russa, che in questo Eden del contrabbando della droga, del petrolio e delle armi non è mai neppure stata dichiarata una organizzazione illegale. Anzi, alle ultime elezioni ha democraticamente fatto eleggere l’attuale “presidentissimo” con la percentuale del 103% degli aventi diritto al voto. Neanche i conti, sanno fare!

Il tutto, sotto le bandiere di un vetero comunismo che farebbe la felicità di certi nostalgici amici miei. La Repubblica della Transnistria infatti è tutt’oggi il solo Stato a dichiararsi ufficialmente leninista con gran sventolio di bandiere rosse, falci e martelli, gigantografie di Marx, Lenin, Stalin, orride statue ad eroi operai.

Qualche ingenuo potrebbe domandarsi come possa la comunità internazionale tollerare l’esistenza di un tale “Stato canaglia” senza che nessun politico si sogni mai di proporre contro la Transnistria anche solo un centesimo di quelle sanzioni che ancora oggi continuano ad impoverire Cuba. La risposta è semplice. La Transnistria è utile quanto, e forse più, della Svizzera: in questa sottile striscia di terra vengono a rifornirsi, come ad in un gigantesco “discount”, dittatori, stragisti, servizi segreti più o meno deviati, mafie e gruppi terroristici di tutto il mondo. Non c’è da meravigliarsi se quando si parla di politica internazionale, tutti facciano finta che la Transnistria non esista. Eppure la Transnistria esiste, eccome. E se ci cascate dentro – e non siete dei mafiosi – vi obbligano pure a pagare tutto due volte. Ogni spesa infatti viene effettuata prima con la moneta della Transnistria (che è come dire i soldi del Monopoli o quelli col muso di Bossi) e poi in rubli (che valgono sul serio). Il cambio, alla frontiera, è ovviamente obbligatorio. E provate voi a dire di no ad uno che vi punta il Kalashnikov sulla pancia.

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Benvenuti nella libera repubblica della Transnistria. Secondo stella a destra, questo è il cammino.


In copertina: Tiraspol, 2012. Edificio del parlamento della Transnistria e statua di Vladimir Lenin [foto di Marco Fieber, condivisa su licenza CC]


Profilo dell'autore

Riccardo Bottazzo
Giornalista professionista e veneziano doc. Quando non sono in giro per il mondo, mi trovate nella mia laguna a denunciare le sconsiderate politiche di “sviluppo” che la stanno trasformando in un braccio di mare aperto. Mi occupo soprattutto di battaglie per l’ambiente inteso come bene comune e di movimenti dal basso (che poi sono la stessa cosa). Ho lavorato nei Quotidiani dell’Espresso (Nuova Venezia e, in particolare, il Mattino di Padova). Ho fatto parte della redazione della rivista Carta e sono stato responsabile del supplemento Veneto del quotidiano Terra. Ho all’attivo alcuni libri come “Liberalaparola”, “Buongiorno Bosnia”, “Il porto dei destini sospesi”, “Caccia sporca”, “Il parco che verrà”. Ho anche curato e pubblicato alcuni ebook con reportage dal Brasile pre mondiale, dall’Iraq, dall’Algeria e dalla Tunisia dopo le rivoluzioni di Primavera, e dal Chiapas zapatista, dove ho accompagnato le brigate mediche e un bel po’ di carovane di Ya Basta. Ho anche pubblicato racconti e reportage in vari libri curati da altri come, ricordo solo, gli annuari della Fondazione Pace di Venezia, il Mio Mare e Ripartire di FrontiereNews.
Sono direttore di EcoMagazine, sito che si occupa di conflitti ambientali, e collaboro con Melting Pot, FrontiereNews, Global Project, Today, Desinformemonos, Young, Q Code Mag, il Manifesto e lo Straniero. Non riesco a stare fermo e ho sempre in progetto lunghi viaggi. Ho partecipato al Silk Road Race da Milano a Dushanbe, scrivendo reportage lungo la Via della seta e raccogliendo racconti e fotografia in un volume.
Non ho dimenticato la formazione scientifica che ho alle spalle e, quando ho tempo, vado a caccia di supposti fantasmi, case infestate o altri "mysteri" assieme agli amici del Cicap, con il quale collaboro per siti e riviste.
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6 Comments

  • Mi sembra stia esagerando, sono stato in Transnistria più volte e mi sembra che la descrizione che ne fa lei sia un po’ mitologica. Che sia una terra di nessuno dove con i soldi si possa comprare quasi tutto è vero, che ci sia un grande traffico di armi nella regione è vero. Però sul fatto che se non si è mafiosi è pericolosissimo entrarci, questo no. Lo dico per esperienza personale e conosco persone che vivono e passano di lì molto spesso. Il rublo transnistriano vale come i soldi del monopoli, ma in Transnistri si usa davvero e ci si può fare la spesa; il cambio alla frontiera non è obbligatorio e i poliziotti non hanno kalashnikov (o almeno non li portano addosso). Poi che la polizia di frontiera tenti in tutti i modi (magari anche con un po’ di violenza verbale o fisica) di farsi dare una mazzetta questo è vero, ma non ho mai sentito di armi puntate addosso. Insomma, come sempre succede, se lo Stato è debole con i soldi si compra tutto e vige la legge del più forte ma non mitizziamo una regione dove si vive praticamente allo stesso modo che in Moldova o Ucraina.

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