Abu Omar: la Cassazione rimanda in appello Pollari e Mancini

Ieri la Corte di Cassazione ha dato il via libera alla riapertura del processo sul caso Abu Omar, che ha per protagonisti eccelsi Nicolò Pollari e Marco Mancini. Dopo 7 ore in camera di consiglio, la decisione presa dalla V sezione penale della Cassazione è stata quella di ritenere nulla la sentenza di non luogo a procedere pronunciata in appello il 15 dicembre 2010.

Senza dilungarci troppo cerchiamo di fare un riassunto del caso in questione. E’ il 2003 e Hassan Mustafa Osama Nasr -Abu Omar- è l’Imam di Milano. Il 17 Febbraio viene rapito mentre sta recandosi in Moschea da dieci agenti CIA e un maresciallo dei carabinieri in quanto ritenuto fiancheggiatore del terrorismo di matrice islamica. Trasferito alla base aerea di Aviano, quindi in Germania e poi nella sua patria, l’Egitto, dove viene segretato, interrogato, torturato e sodomizzato. Liberato dopo un anno, torna subito in prigionia perchè confessa alla moglie, in Italia, le torture subite, trasgredendo a un patto di silenzio fatto in favore del rilascio.

L’effettiva liberazione avviene nel febbraio del 2007, Nasr vuole tornare in Italia, dove lo attende un’ordinanza di arresto per le indagini legate al terrorismo, a raccontare i fatti ma Il Cairo gli nega il passaporto. Partono le indagini condotte da Spataro e Pomarici, con il processo di primo grado si arriva alla requisitoria del 30 settembre 2009 dove gli indagati sono 34. Di questi 26 sono agenti CIA. Tra di loro spiccano Jeffrey Castelli, referente CIA per l’Italia a Roma, e Robert Seldon Lady, capocentro di Milano.

Il 4 novembre il giudice Oscar Magi sentenzia il non luogo a procedere per Pollari e Mancini, ai vertici del Sismi al tempo dei fatti, 8 anni a Seldon Lady, 3 a Pio Pompa e Luciano Seno,3 agenti CIA vengono prosciolti, agli altri dati 5 anni. Il processo di appello dell’anno successivo conferma il non poter procedere a causa del segreto di stato per il duo, le pene per gli agenti CIA salgono 7 anni, 9 anni per Seldon Lady e Pompa e Seno devono scontare 2 anni e 8 mesi. Nel frattempo nessuno dei ministri della giustizia (Castelli, Mastella, Scotti, Alfano, Palma) chiede l’estradizione per i membri dei servizi segreti americani e i governi Prodi e Berlusconi mantengono sui fatti il segreto di stato. Non a caso Wikileaks pubblica nel dicembre 2010 i cablogrammi dei messaggi trasmessi dall’ambasciata Usa di Roma all’headquarter di Washington dove il governo a stelle e strisce chiedeva al belpaese di evitare il coinvolgimento della CIA nelle indagini.

Appena due mesi fa il pg della cassazione Oscar Cedrangolo aveva sollecitato un nuovo invio degli atti in Cassazione anche al fine di valutare quali che siano i limiti imposti dal segreto di stato.
“La sentenza è importante –ha spiegato al fattoquotidiano.it Armando Spataro – perché conferma la ricostruzione dei fatti come accertati dall’inchiesta. Un fatto importante, di rilievo anche per quella che è stata la lotta al terrorismo. E’ stato accolto il ricorso presentato dal sostituto procuratore generale De Petris per cui il segreto di Stato non può costituire una causa di impunità. Il giudice deve poter accertare ogni elemento. Aspettiamo le motivazioni della Cassazione e speriamo che la Corte d’Appello lo celebri celermente.”

La sentenza ha inoltre aperto dei fascicoli per Giuseppe Ciorra, Luciano Gregorio e Raffaele Ditroia. Sono state confermate le condanne a 7 anni ai 23 agenti CIA ancora sotto processo che, difesi da legali d’ufficio, sono stati condannati in contumacia e i 9 anni per Seldon Lady che ha addirittura rifiutato la difesa dichiarando di non riconoscere l’autorità italiana –ma riconoscendo bene il patrimonio immobiliare italiano data una villa piemontese in riva a un lago che le autorità hanno visto bene di sequestrare- e infine la seduta presieduta da Gaetanino Zecca ha confermato le condanne di Pompa e Seno. Pollari, che da sempre si è dichiarato estraneo ai fatti, si è detto molto stupito della sentenza difendendo oltretutto, in un moto di patriottismo, il ruolo dei dipendenti pubblici. “Due governi mi hanno dato l’ordine tassativo di opporre il segreto di stato, cosa che ho puntualmente fatto in tutte le sedi e che di fatto, paradossalmente, mi ha danneggiato impedendo di difendermi.

La sostanza del problema, da tutti risaputa e’ che nella vicenda in questione non c’entriamo niente ne’ io ne’ il Sismi. Esistono le prove anche formali di questo, almeno 90 documenti che lo dimostrano ma sui quali lo Stato ha posto il segreto per ragioni che noi non conosciamo. Voi cronisti parlate con me ma dovreste parlare con i presidenti del Consiglio che, per motivi che certo non hanno nulla a che vedere con il mio interesse personale, mi hanno imposto di opporre il segreto di Stato. Io, come qualsiasi funzionario dello Stato degno di questo nome, mi sono attenuto a questa indicazione, e se non l’avessi fatto non solo sarei venuto al mio dovere ma avrei commesso un reato gravissimo. Lasciatemelo dire: che modi sono questi? E che esempio e’ per tutti i dipendenti pubblici?”

Luca Iacoponi

 


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