“Orto dei sogni”, la Sardegna ospita i bimbi di Fukushima

Lo scorso mese di agosto, 12 bambini giapponesi, provenienti dalle zone interessate dalla fuga nucleare di Fukushima,  hanno trascorso un soggiorno di disintossicazione in Sardegna.

Dopo un anno e mezzo da quel terribile 11 marzo 2011, ben 161mila persone sono state evacuate dalla zona più colpita dal disastro nucleare a causa del terremoto e dal successivo tsunami.

I bambini ospitati in Italia, ora vivono di nuovo nella prefettura di Fukushima, dove l’esposizione alle radiazioni è  superiore all’1 millisievert all’anno.

Ad occuparsi di loro l’Associazione “Orto dei sogni”, nata dopo i terribili giorni del marzo 2011, proprio per dare una mano alle famiglie giapponesi coinvolte nella tragedia a prendersi cura dei propri figli. L’idea è venuta a 5 persone, tre giapponesi e due italiani.

I principi che hanno ispirato gli ideatori sono legati al contatto rispettoso con la natura, l’educazione alimentare, la crescita nell’apprezzamento della diversità di valori e culture.

All’iniziativa hanno partecipato alcuni volontari, tre educatori arrivati dal Giappone ed è stata sostenuta economicamente da fondi di enti pubblici come il Comune di Milano e da fondi privati.

I bambini, tutti tra gli 8 ed i 12 anni, sono stati ospitati a Marrublu, in provincia di Oristano in una grande casa immersa nella macchia mediterranea.  Come racconta il presidente dell’Associazione “Orto dei sogni”, Morimi Kobayashi. “Una mese di permanenza qui permette al metabolismo di bambini di queste età, di perdere parte delle radiazioni accumulate e rientrare a casa con un corpo più resistente”.

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Costretti a stare sempre in luoghi chiusi per evitare di entrare in contatto con gli agenti esterni come aria e l’acqua, il programma di accoglienza ha  privilegiato le attività all’aperto. I piccoli quindi sono stati in spiaggia, fatto bagni in mare e si sono rilassati con lunghe passeggiate a cavallo. Hanno inoltre potuto visitare aziende agricole per vedere animali e piante e ricevere lezioni di ceramica e di impasto.

I bambini sono stati selezionati dal una onlus Giapponese, la NPO Information Center, che ha privilegiato le famiglie con problemi sociali ed economici.

Uno degli educatori, Mai Harada, 27, ha lavorato circa 8 mesi nell’area contaminata sperimentando su sé stesso l’effetto delle radiazioni: tosse, spossatezza, infiammazione alla bocca. “Una cosa sorprendente che ho notato mentre lavoravo nella città di Fukushima è che i parchi gioco sono vuoti, non ci sono bambini in giro, non se ne vedono”.”In generale – ha poi aggiunto – i genitori più sensibili adottano tre precauzioni: fuori casa fanno indossare ai figli le mascherine protettive sia d’inverno che d’estate, cercano di evitare l’acqua piovana e non li lasciano giocare all’aria aperta, mai”.

Gli educatori raccontano anche dei disagi psicologici che i bambini vivono : “Sono piuttosto nervosi e sparlano degli altri, cioè si parlano alle spalle, un atteggiamento tipico dei bambini di Fukushima” spiega Tanaka Ayumi, il quale ha rilevato differenze di comportamento con i bimbi di altre zone del Giappone.

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Tanaka, originario di Tokyo è stato l’educatore responsabile dei sei maschi del gruppo ed ha potuto seguirli da vicino: “Alcuni manifestano una certa instabilità emotiva: ad esempio K. talvolta è molto su di morale, altre volte molto giù. Gli altri litigano per minuzie, trovano difetti nei compagni e cominciano ad attaccare con più insistenza del normale”. Conferma la situazione Mako Watanabe, 25 anni, l’altra educatrice. “Quando cominciano una discussione non riescono a fermarsi. Certo è difficile identificare la causa, però sembra abbiano qualcosa di represso, una tensione accumulata. Immaginiamo che siano sotto uno stress di lungo periodo”.

Un’angoscia ulteriore pervade questi bambini ma non solo, anche tutti gli abitanti delle zone contaminate del Giappone e cioè il rischio di non potere avere figli.

Raccontava il presidente Kobayashi: “Nelle aree colpite dal disastro nucleare sono in molti a credere di non potere più avere famiglia”. “Oggi qui una bambina delle più grandi mi ha detto ‘Forse non potrò avere figli’, un timore che ho sentito esprimere anche da mia nipote che vive a 300 km da Fukushima!”. Aggiungendo: “Già ci sono casi di annullamenti di matrimonio”.

Peggiora decisamente la situazione l’assoluta incertezza delle informazioni sul reale effetto delle radiazioni a bassa intensità. Neppure le scuole forniscono linee guida. Il risultato è che ogni famiglia adotta un sistema diverso di prevenzione.

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L’obiettivo primario dell’Associazione “Orto dei sogni” è portare di nuovo la speranza.

“Per questo – dichiara Kayo Tokunaga uno dei fondatori – vogliamo dare a questi bambini speranza e fiducia, perché la vita non è solo fatta di ‘no’ e i divieti hanno bisogno di spiegazione. Quello che speriamo di aver creato qui è un luogo con persone di cui fidarsi, senza le contraddizioni che sono costretti a vivere nel loro paese”.

Paola Totaro


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