E’ in uscita “Sta per piovere” l’ultimo film di Haider Rashid, il regista italo-iracheno, che a soli 29 anni ha già alle spalle riconoscimenti importanti. Vincitore al Festival di Dubai con il film “Tangled Up in Blue” e del Festival di Milano nel 2012 con “I’ve Seen Films”, è stato molto apprezzato anche con il documentario musicale “Silence: all roads lead to music”, il cui scopo è favorire l’integrazione con la musica.
Italiano di seconda generazione, nato a Firenze da madre calabrese e padre iracheno (il noto scrittore e giornalista Erfan) con il suo ultimo lavoro affronta la tematica degli immigrati in Italia, i quali non possono dirsi veramente italiani neppure dopo decenni di vita nel nostro Paese.
“Sta per piovere” racconta la storia Said, figlio di algerini, uno studente italiano di 26 anni che lavora come panettiere part-time, e la cui vita viene sconvolta quando il padre perde improvvisamente il lavoro dopo il suicidio del direttore dell’azienda presso la quale prestava la sua attività da trent’anni.
La mancanza di un impiego costringe i suoi genitori a rientrare in Patria, vista l’impossibilità di rinnovare il permesso di soggiorno e Said rimane in Italia con il fratello.
Con l’aiuto di un giornalista, tenta di risolvere la situazione con mezzi legali e mediatici, ma scontrandosi con tutta una serie di impedimenti burocratici, pregiudizi, e propaganda politica. Un vero e proprio muro, come quello che il regista mostra nelle prime scene del film e che appare esplorato da una mano.
Ambientata a Firenze, “non da cartolina, ma quella vera”, come sottolinea il regista, la vicenda è uno spaccato della realtà che si trovano a vivere molti immigrati che racconta di un’Italia incapace di gestirla.
Il giovane riuscirà a vincere la propria battaglia, ma deciderà comunque di abbandonare l’Italia, Paese nel quale non si riconosce più e che lo ha spinto in una sorta di crisi d’identità.
Con l’accento toscano Said si chiede “Ma dove è casa mia? In Italia, dove vivo da quando sono nato, o in quel Paese lontano che non conosco da dove vengono mamma e papà?”
Rashid ha raccontato all’AGI in un’intervista: “Dopo essere stato diversi anni a Londra sono tornato in Italia e mi sono reso conto che il panorama era completamente cambiato. Nel Paese c’erano molti più figli di immigrati, ragazzi di seconda generazione come me. Ho però scoperto un mondo di difficoltà incredibili, di gente nata e cresciuta nel Paese, che parla fiorentino, romano o siciliano, ma che non ha ancora la cittadinanza. Una disconnessione tra la realtà sul territorio e quella legislativa” ha sottolineato Rashid: “La legge sull’immigrazione è stata scritta nel 1992, poi ci sono stati tanti decreti e aggiustamenti, ma resta una legge antiquata”.
Il regista si dice comunque ottimista per il futuro: “L’Italia ha l’opportunità, rispetto ad altri Paese su cui è in ritardo sulle leggi per l’immigrazione, di fare le cose in maniera diversa. Di evitare di creare dei ghetti che mantengano gli immigrati in un cerchio separato dalla società. Se la cosa verrà gestita bene da ora si può veramente avere un’integrazione forte, anche perché gli italiani sono un popolo di emigranti da più di cento anni e lo sono tuttora”.
Un auspicio che non possiamo che condividere e che vedrà impegnati senza dubbio i giovani italiani molto più consapevoli dell’importanza e della ricchezza che una società multietnica porta con sé.
Paola Totaro
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