Potrebbero esserci dei dissapori legati a un certificato di regolarizzazione, una sanatoria per immigrati irregolari, alla base del delitto avvenuto, nella giornata di ieri, nel Parco degli Acquedotti, a Roma. La vittima è un 30enne sudanese. Una giovane vita stroncata da un colpo di pistola al torace. Stando alla ricostruzione degli inquirenti, l’immigrato africano, poco prima di cadere sotto il colpo di arma da fuoco, avrebbe discusso con un uomo, con ogni probabilità il suo assassino.
Origini calabre, occhiali da sole, un giaccone grigio e, per giunta, accompagnato dal figlio, un minore di 17 anni: questo è l’identikit del presunto killer, che, dopo aver freddato il sudanese su una panchina del parco, sarebbe immediatamente scappato. La scena si è svolta sotto gli occhi di alcune persone impegnate in un giro di jogging, le uniche ad aver testimoniato sull’accaduto. Prima un’animata discussione, forse relativa alla promessa di concessione del certificato per ottenere la sanatoria.
Poi, una vera e propria lite, sfociata nell’omicidio. I testimoni hanno parlato di tre colpi di arma da fuoco, uno dei quali ha raggiunto la vittima al torace. Sono seguiti gli attimi concitati della fuga, con l’uomo e il figlio diciassettenne che raggiungono una vettura, la cui targa è stata segnata dagli uomini accorsi sul luogo del delitto.
È, dunque, sempre più plausibile l’idea della “lite di lavoro”. Stando a quanto emerso dalle primissime battute dell’indagine, nei giorni scorsi sarebbero sorti numerosi contrasti tra la vittima e il suo datore di lavoro. Avevano già discusso, in passato, anche attraverso animate conversazioni telefoniche.
L’analisi del cellulare dell’immigrato sudanese confermerebbe, dunque, l’ipotesi del delitto legato a questioni di lavoro e sanatoria. La squadra mobile è ora sulle tracce dell’uomo, in fuga insieme con il figlio. Sono stati predisposti posti di blocco nei principali snodi stradali della Capitale ma anche lungo le strade di Umbria e Marche.
Emilio Garofalo
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