Pakistan, Amnesty: “Nelle aree tribali non c’è legalità, negati diritti umani”

UN DESERTO LEGALE. In un rapporto pubblicato giovedì, intitolato “Le mani della crudeltà”, Amnesty International ha denunciato quale sia la situazione in quelle zone definite “deserto legale” dove “milioni di persone vivono in uno stato permanente di assenza di legalità nelle Aree tribali del Pakistan nordoccidentale, regione in cui gli abusi commessi dall’esercito e dai talebani restano al di fuori della portata della giustizia”.

Polly Truscott, vicedirettrice del Programma Asia e Pacifico di Amnesty, ha spiegato la difficile realtà di quella parte di mondo. “Dopo un decennio di violenza, lotte e conflitti, anziché essere protette le comunità tribali continuano a subire attacchi, rapimenti e intimidazioni”.

“Migliaia di uomini e ragazzi sono stati arrestati dalle forze armate. Molti hanno denunciato di essere stati torturati, altri non sono stati più visti dopo essere stati trasferiti in centri segreti di detenzione. Le assai rare indagini avviate su questi casi sono risultate inefficaci”.

Si tratta di vere e proprie zone d’ombra, dove i talebani ed altri gruppi armati mostrano “un completo disprezzo per le vite civili”, come dichiarato dalla Truscott, e le forze armate utilizzano un sistema penale molto duro, il Regolamento sui crimini di frontiera, risalente all’era coloniale. Nell’ultimo decennio, migliaia di persone sono state uccise in attacchi di vario tipo.

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“Le comunità tribali vivono nella paura più abietta di subire rappresaglie mortali per il minimo sospetto di stare dalla parte dello stato o persino, come nel caso della giovane attivista Malala Yousafzai, solo per aver difeso il diritto all’istruzione.” “Quasi ogni settimana, corpi di persone arrestate dalle forze armate vengono restituiti alle famiglie o ritrovati in qualche luogo delle Aree tribali”.

DUE FRATELLI TORTURATI, UNA STORIA COME TANTE. Due fratelli arrestati hanno poi raccontato la propria terribile esperienza, risalente all’aprile scorso: “Per i primi cinque giorni ci hanno picchiato sistematicamente sulla schiena con delle cinture di cuoio. Il dolore era indescrivibile. I soldati ci dicevano che ci avrebbero ucciso se non avessimo confessato di far parte dei talebani”.

Dopo dieci giorni solo uno dei due fratelli è tornato libero. L’altro è morto di infarto, o per lo meno così ha raccontato un ufficiale dell’esercito. Amnesty International fa notare che non risulta alcun tipo di indagine avviata dalle autorità pakistane, per far luce sui fatti in questione.

SERVE UN CAMBIAMENTO. Amnesty chiede prontamente misure idonee ad affrontare il problema: “Il governo pakistano deve immediatamente riformare il sistema legale, profondamente difettoso e causa del perpetuarsi del ciclo di violenza, in vigore nelle Aree tribali. I Regolamenti del 2011 devono essere annullati e la giurisdizione dei tribunali e del parlamento dev’essere estesa anche a questa regione” – ha così concluso la Truscott. I modesti tentativi del governo pakistano di modificare il Regolamento sui crimini di frontiera non sono stati all’altezza delle norme e degli standard internazionali sui diritti umani e sono stati ulteriormente compromessi dall’entrata in vigore dei Regolamenti del 2011″.

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Paola Totaro


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