In Kuwait, Paese arabo grande produttore di petrolio e importante alleato degli Stati Uniti, una sentenza ha confermato che si può finire in carcere se si diffondono le parole sbagliate attraverso i social media. Alla sbarra prima e in carcere adesso c’è finito l’attivista Rashid Saleh al-Anzi. La lesa maestà il suo reato, una ribellione nei confronti del sovrano Sabah al-Ahmad al-Sabah.
L’attivista aveva condiviso, lo scorso ottobre, la sua riflessione su Twitter. Parole, le sue, rimbalzate immediatamente sulle bacheche di quasi 6mila followers, per denunciare le restrizioni e le lesioni delle libertà subìte dai kuwaitiani, vere e proprie “pugnalate ai diritti”, secondo al-Anzi, inferte dai poteri incontrollati dell’emiro al-Sabah.
Nel giro di due mesi, la sentenza di condanna, inflitta da un tribunale del Paese arabo, riportata dal quotidiano Alaan on-line e richiamata dall’Huffington Post: per l’offesa al sovrano, per aver ovvero denunciato la linea dura dell’Emirato nei confronti della popolazione, al-Anzi dovrà scontare due anni di reclusione.
Una sentenza che segue, nel Paese, una consolidata linea giudiziaria: appena sei mesi fa, infatti, un altro uomo era stato condannato a 10 anni di carcere. Il suo reato, aver messo in pericolo la sicurezza dello stato rivolgendo, sempre attraverso internet, critiche e insulti al profeta Maometto e i governanti musulmani sunniti di Arabia Saudita e Bahrain.
Emilio Garofalo
Profilo dell'autore

- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
Europa6 Marzo 2025L’elogio dell’antieroe ne “Il disertore” di Winifred M. Letts
Europa5 Marzo 2025Nestor Machno, il contadino ucraino che tenne testa all’Armata Rossa
Europa6 Febbraio 2025Albert Göring, il fratello di Hermann che sabotò il Terzo Reich
Centro e Sud America3 Febbraio 2025I disertori polacchi che liberarono Haiti dal dominio francese