Tacatì è un supermercato online a chilometro zero. L’idea, tanto semplice quanto innovativa, nasce da due ragazzi astigiani. Stefano Cravero, 34 anni, laureato in economia a Torino ha lavorato nell’alta finanzia in Lussemburgo, Bermuda e Irlanda prima di passare al microcredito. Giulia Valente, 27 anni, laurea in economia alla Bocconi,un master a Parigi e un lavoro a Madrid. A pochi giorni di distanza l’uno dall’altro i due hanno presentato l’anno scorso un progetto all’ufficio provinciale della Coldiretti. Il direttore di categoria, accortosi della somiglianza di idee li ha fatti incontrare e da lì è nato Tacatì sotto la guida dell’Incubatore d’impresa del Politecnico di Torino.
Tra marzo e giugno 2012 hanno fondato l’Spa e creato un sito internet che riunisce una decina di piccoli produttori tra Asti e Torino. Dopo alcuni tentativi, il via ufficiale è scattato a ottobre dello scorso anno.
Fare la spesa è semplicissimo. Basta accedere al sito, registrarsi e riempire il proprio carrello selezionando gli articoli tra le varie categorie “latticini e uova”, “dolciumi e caramelle”, “detersivi naturali” etc. Ogni prodotto selezionato ha una scheda dove sono contemplate le caratteristiche, la provenienza e il prezzo. La merce viene prodotta e consegnata entro un raggio di 100Km rispettando e diminuendo notevolmente i gradini tra produttore e consumatore. Il nome stesso “Tacatì”, è una locuzione del dialetto piemontese che non significa altro che “attaccato a te”.
Una volta spuntati i prodotti dalla lista si seleziona il metodo di spedizione: a casa, in ufficio o nei centri convenzionati e si conclude con il pagamento con carta di credito.
Le consegne avvengono ogni mercoledì e venerdì e, in caso di ordine a domicilio o in ufficio, con un pony express in bicicletta. Prodotti buoni, locali, certificati e a un prezzo equo: «Il prezzo finale non è più alto che al supermercato, in compenso non essendoci spese di intermediari, il piccolo produttore vende a un prezzo più equo che all’ingrosso», hanno precisato. Parte dell’importo va direttamente al produttore, parte al negozio e l’1% viene destinato a una organizzazione no-profit del territorio.
Un’idea giovane, intelligente e vincente. Tanto che sono già arrivate le richieste di allargare la rete non solo a Torino ma di creare un franchising che tocchi la Toscana sino ad arrivare alla Puglia. «Abbiamo già avuto parecchi contatti, tra spesa e informazioni, tre ragazzi toscani e uno di Bari ci hanno chiesto di proporre l’iniziativa nelle loro città, sarebbe bello riuscire a costruire una rete in franchising».
Luca Iacoponi
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