di Simona Hristian
Il 27 gennaio di questo anno, tra le varie iniziative interessanti organizzate in occasione della”Giornata della memoria”, ho optato per la manifestazione al MAXXI di Roma, dove si è ricordato il Porrajmos, lo sterminio di oltre mezzo milione di Rom e Sinti compiuto dal nazismo durante la seconda guerra mondiale. Nell’immaginario collettivo, la giornata della memoria è collegata allo sterminio dei circa sei milioni di ebrei. Non tutti però ricordano che il nazismo estese il genocidio ad altri gruppi etnici e religiosi (Rom, Sinti, Testimoni di Geova, omosessuali, portatori di handicap e oppositori politici).
La mia attenzione è stata attirata dallo slogan “E tu, quanti zingari conosci?” degli spot della campagna Dosta (“Basta”) contro la discriminazione dei Rom e Sinti (campagna che include anche eventi nella stessa Giornata della memoria). Inizialmente, pensai: “Io ne conosco tantissimi”. Sono cresciuta nella Romania comunista dove i rom vennero inseriti nella società (anche contro la loro volontà). Quindi sono vissuta insieme a loro, alcuni sono stati i miei compagni di scuola preferiti, di qualcuno mi sono innamorata e ad alcune ragazze di origine rom mi lega tutt’oggi un’amicizia che neanche i 2000 km che ci separano, hanno rovinato. Ma per quanto riguarda i rom italiani, alla domanda dello spot, ho dovuto rispondere “nessuno”, nonostante nella mia esperienza formativa e lavorativa in Italia ho avuto l’opportunità di occuparmi anche del tema rom.
Oltre alla mia curiosità di conoscere dei rom italiani, c’era l’opportunità di ascoltare dal vivo l’Orchestra Europea della Pace e Alexian Group, diretta da Santino Spinelli, musicista, compositore e insegnante italiano di origine rom che conoscevo come autore di libri, nonché per la sua musica. Il concerto non ha deluso le mie aspettative. Nonostante sia stato breve, gli artisti hanno trasmesso la loro energia positiva al pubblico che si è lasciato trasportare dal ritmo coinvolgente della musica. Il momento clou della serata è stata la standing ovation durante l’interpretazione dell’inno rom “Jelem jelem” (“Camminando, camminando”) cantato insieme alla bravissima Miriam Meghnagi, cantante, compositrice, musicista, studiosa e interprete della tradizione musicale ebraica.
Ho notato con dispiacere che nonostante la sala fosse gremita di gente, la maggior parte del pubblico non era di origine rom. Ho riconosciuto tanti “addetti ai lavori”, oltre alle cariche istituzionali, gli artisti e i rappresentanti della cultura e dello sport che hanno testimoniato le discriminazioni attuali. Uno fra tutti, il Prof. Marco Brazzoduro, docente di Politica sociale e Sociologia Economica dell’Università “La Sapienza”, impegnato da tempo nel campo della difesa dei diritti dei rom, il quale ha ricordato che la loro situazione attuale rimane preoccupante. Tra gli orrori che si ripetono, ha ricordato i “campi Rom”, dei “non luoghi” che degradano i loro stessi abitanti. Gli ospiti hanno inoltre ricordato i numerosi stereotipi che riguardano i rom e che ancora persistono a causa della disinformazione e della strumentalizzazione politica. Ci sono molte persone le quali credono ancora che si tratti tutt’oggi di una popolazione nomade e che vogliano vivere nei campi.
Molti rom romeni che ho conosciuto in Italia mi hanno raccontato che qui sono tornati a fare la vita da campo come i loro nonni o bisnonni, nonostante in Romania vivessero da stanziali, abitando in case e svolgendo un lavoro come gli altri cittadini romeni. C’è una battuta che ho sentito fare dagli operatori sociali italiani che lavorano con i rom e che credo sintetizzi molto bene la realtà: “Gli unici rom nomadi che sono rimasti in Italia sono gli membri della famiglia Orfei… forse neanche loro”.
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