Cina, Li Yan condannata a morte. Ha ucciso il marito che la torturava

Li Yan è una donna cinese coraggiosa. Picchiata da un marito violento, torturata con bruciature di sigarette sul volto, Li Yan ha solo nove dita: una le è stata tagliata dall’uomo che aveva sposato. Una punizione esemplare, così come le ore passate nuda sul balcone.

Per anni la sua voce è rimasta inascoltata dalle autorità cinesi. La prima volta, il 2 agosto, è andata dalla polizia per denunciare il marito, ma le è stato consigliato di andare in ospedale. Lì è stata curata per ferite al petto e alla gamba. Pochi giorni dopo, il 10 di agosto, è ritornata in quel commissariato ma di nuovo nessun intervento. È un “affare privato” le dicono.

Poco conta che in Cina, secondo uno studio della Federazione Nazionale delle Donne Cinesi una donna su quattro sarà maltrattata del marito. Per la legge, in questi casi, si tratta “liti familiari”, niente per cui mobilitarsi.

Tre mesi dopo, stanca di anni di botte e violenza, Li Yan ha detto basta. In un fredda sera di novembre, mentre suo marito la picchiava, ha reagito. Uccidendolo. Ha tentato anche di nascondere il corpo, consapevole di essersi liberata del suo aguzzino ma di incorrere alle leggi severe del suo paese. E così è stato: Li Yan è stata condannata a morte con l’accusa di omicidio.

A nulla sono valse le testimonianze di amici e vicini di casa, che hanno riferito al giudice tutto quello che era stata costretta subire in quegli anni, come racconta il fratello nell’appello da Amnesty International: “In Cina le leggi per arginare la violenza contro le donne sono inadeguate e raramente vengono applicate correttamente. Nel caso di mia sorella molte persone non vogliono sostenere il suo caso per paura di inimicarsi la famiglia del marito. Gli amici e i vicini di casa che si sono fatti avanti sono stati accusati di falsa testimonianza e la loro testimonianza non è stata accettata dal tribunale”.

Più di cento accademici ed intellettuali hanno firmato una lettera aperta in difesa di Li Han a supporto dell’appello di Amnesty International per mutare la sua condanna.

Il governo cinese però, pare non ascoltare: i panni sporchi si lavano a casa propria. E l’esecuzione di Li Yan potrebbe avvenire in ogni momento. Anche ora.

 Ilaria Bortot


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