Fine emergenza Nord Africa, quale futuro per i profughi?

di Simona Hristian

L’EMERGENZA NORD AFRICA. Da settimane si parla della fine dell’emergenza decretata dopo l’arrivo in Italia di oltre 62mila migranti, nel febbraio 2011, fuggiti dagli sconvolgimenti politici che hanno interessato molti Paesi nordafricani a seguito delle rivolte della “Primavera araba”. Molti sono cittadini nigeriani, tunisini, somali ed eritrei che lavoravano in Libia e che sono fuggiti da una situazione che metteva in pericolo la loro vita.

La nuova circolare del Ministero dell’Interno datata 1° marzo riapre le porte dell’accoglienza solo per chi non è andato via dai centri di accoglienza, mentre quelli che hanno accettato la buonuscita e hanno lasciato i centri in questi giorni si sentiranno ingannati considerando che il provvedimento del Viminale è arrivato successivamente alla loro partenza. In sostanza, con il Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri pubblicato il 12 Marzo 2013 sulla Gazzetta Ufficiale si stabilisce che i cittadini provenienti dai paesi del Nord Africa giunti in Italia dal 1° gennaio al 5 aprile 2011, beneficiari del permesso di soggiorno per motivi umanitari potranno presentare, entro il 31 Marzo 2013, le domande di rimpatrio assistito nel Paese di origine o di provenienza oppure chiedere la conversione del loro titolo di soggiorno in permessi per lavoro, famiglia, studio e/o formazione professionale. Nei confronti di chi non presenterà la domanda entro il termine stabilito saranno adottati dei provvedimenti di espulsione e allontanamento dal territorio italiano, eccetto i casi particolari come la sussistenza di gravi motivi di salute o la presenza nel nucleo familiare di minori che frequentino la scuola nell’anno in corso.

Ai cittadini stranieri, giunti in Italia dopo il 6 aprile 2011 dal Nord Africa, prevalentemente profughi provenienti dalla Libia, che hanno presentato richiesta di asilo, a conclusione dello stato di emergenza, è stata consentita la ripresentazione-riesame delle domande eventualmente respinte.

Per i “non addetti ai lavori”, la fine dell’emergenza potrebbe sembrare una buona notizia, ma così non è, considerando che dopo due anni in cui non hanno avuto nulla più di un pasto e un letto garantiti, vengono abbandonati senza assistenza, ricevendo in cambio un permesso di soggiorno umanitario della durata di un anno e 500 euro di buonuscita. Secondo gli accordi internazionali, l’Italia doveva offrire ai richiedenti asilo protezione, accoglienza tout court e un’opportunità di inserirsi nella società, ma la situazione in cui si trovano oggi i profughi è la dimostrazione del fallimento, nonostante sembra sia stato speso un miliardo e trecento milioni di euro (quarantasei a persona per quasi due anni) da consorzi, cooperative, associazioni, imprenditori ecc. che hanno gestito l’emergenza.

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SCENARI FUTURI. Abbiamo interpellato alcuni operatori sociali con esperienza in questo campo con riguardo al futuro prossimo dei richiedenti asilo e dei rifugiati che hanno lasciato o dovranno lasciare i centri d’accoglienza. “Secondo te, cosa faranno i profughi e come si potrebbe intervenire per cercare di risolvere nel modo migliore la situazione attuale?”

“Innanzitutto sono davvero rammaricata da osservatrice e da ex operatrice che un’emergenza iniziata nel 2011 si sia tramutata in una “proroga dell’emergenza”. C’è un po’ d’assurdo in tutto ciò! Non si è colta un’opportunità di iniziare a ripensare un sistema, anche alla luce dei nuovi conflitti che in maniera più o meno manifesta o tiepida affliggono tuttora alcune zone del mondo. Purtroppo non saprei suggerire soluzioni immediate poiché sarebbe auspicabile avere prima un vero Governo in Italia, altrimenti si rischia di avere la proroga della proroga della proroga, mettendo a repentaglio le vite di persone già vulnerabili e il lavoro di anni per gli operatori del terzo settore!”
Roberta Munno, laureata in sociologia, operatrice sociale

“Qualcuno partirà per il Nord Europa in cerca di fortuna per essere successivamente rispedito in Italia, in un perverso gioco dell’Oca. Altri andranno a incrementare le fila della clandestinità, cercando rifugio nelle città fantasma degli invisibili. Altri ancora, diventeranno nuova carne per lo sfruttamento del caporalato”.
Lorena di Lorenzo, sociologa, operatrice sociale, presidente di “Binario 15”


“Con l’aria che tira, il governo farà le proroghe su proroghe e così via, fino quando l’UE non interverrà e a quel punto dovranno prendere una decisione. La cosa migliore, secondo me, sarebbe quella di abolire la Convenzione di Dublino e dare la possibilità ai profughi di spostarsi su tutto il territorio europeo. Ma non lo faranno mai. Soprattutto bisogna eliminare i CARA che sono soltanto una fabbrica mangia- soldi. Il sistema SPRAR è più collaudato e meno costoso, ma sono pochi per il numero di persone che ne avrebbero bisogno. Inoltre, bisogna educare all’intercultura fin dai piccoli, sensibilizzare ai problemi di razzismo, in maniera seria!”.
Marta Marciniak, mediatrice linguistico–culturale

“I profughi nordafricani non hanno intrapreso percorsi di scolarizzazione, non sono stati indirizzati verso agenzie educative. Per loro ci si immaginava un soggiorno di breve durata in Italia. Il primo pensiero era quello di bloccare l’emergenza del massivo arrivo di profughi nordafricani semplicemente con la prima accoglienza fornendo i beni di prima necessità alla bella e meglio. Diversamente da rifugiati sudanesi, eritrei, iracheni, afgani etc. che hanno uno status più definito e quindi un percorso di inserimento avviato, i profughi nordafricani si sono trovati loro malgrado a essere classificati come rifugiati di serie B, giudicati in modo sommario e quindi non inclusi in percorsi di inserimento e migrazioni, ma parcheggiati nei CARA. Spero che gli venga data la possibilità di avviare il loro progetto di migrazione, ma questa è un’utopia. Siamo dentro un “cul de sac”. Adesso chi ce la farà, si costruirà un percorso qui in Italia come migrante. È la solita crudele selezione naturale. Io scapperei altrove, in un posto più accogliente. Visto che sono passati 2 anni e non si tratta più di un’emergenza di pochi mesi, sarebbe opportuno riconsiderare l’emergenza, però non credo che, tristemente, questo rappresenti una priorità per nessun governante. Non so cosa faranno queste persone, ma posso immaginarlo, considerando le esperienze dei miei ex alunni rifugiati. Alcuni sono scappati, altri hanno fatto perdere le proprie tracce, hanno distrutto i propri documenti per ricostruirsi una vera vita altrove e per non essere richiamati in virtù del “dublinamento”. Altri ancora, si sono affidati all’aiuto dei connazionali, appoggiandosi nelle case occupate che sono comunque un limbo in cui vige la legge di microsocietà al limite della criminalità, comunque ambienti insani per chiunque voglia risollevarsi. Quello che ho costatato è il fatto che questi ragazzi sono come caduti in un impasse, bloccati, arenati, perché percorrere il tunnel e non vederne mai l’uscita, a un certo punto ti porta a buttare la spugna. Qualcuno l’ha fatto, ma qualcun altro ancora combatte contro i mulini a vento.”
Marianna Rinaldi, insegnante italiano L2 per migranti e rifugiati

 “Una volta finita la proroga, una buona parte dei profughi ( sopratutto quelli Tunisini) transiteranno verso Paesi come la Svizzera, la Germania, la Svezia, la Norvegia, il Canada dove pensano di avere maggiore tutela, mentre alcuni di loro cercano di sfruttare il permesso umanitario che gli è stato lasciato dallo Stato Italiano per lavorare o attraversare l’Italia verso la Francia e altri Paesi Europei. In realtà quando questi ragazzi sbarcano sulle coste italiane hanno una sola cosa in mente: quella di andare verso questi paesi sopracitati. In Italia rimane solo una piccola percentuale che non ha avuto la possibilità di transitare”.
Mohsen Hmidi, mediatore culturale

 “L’emergenza Nord Africa è stata gestita separatamente dai richiedenti asilo, sono due canali diversi. Personalmente non ho avuto a che fare con le persone che sono rientrate nella emergenza Nord Africa perché li hanno messi in centri specifici, aperti solo per loro. Non è facile rispondere perché dipende di quali profughi parliamo: ci sono quelli che avevano ottenuto un permesso umanitario di sei mesi, poi rinnovato di altri sei oppure quelli che sono finiti nel percorso della richiesta di asilo. C’è differenza tra chi è entrato nel canale dell’asilo e chi ha avuto un diniego che sta facendo ricorso con possibilità di vincerlo e di ottenere un permesso più solido. Chi ha avuto direttamente il permesso di soggiorno umanitario per sei mesi ora credo che non ha alternativa se non tornare nel paese di origine perché non so se è convertibile in permesso per attività lavorativa. Di questi casi non ne so molto perché io lavoro nell’ambito della richiesta di asilo. Dalla mia esperienza posso dire che molti hanno ricorso e qualcuno, come un cittadino nigeriano che ho conosciuto, l’ha anche vinto, dato che la situazione nel suo Paese di origine è pericolosa. Altri hanno imboccato la strada della sanatoria e hanno trovato qualcuno che per soldi o per amicizia li ha sanati. Comunque, sarebbe fondamentalmente rendere più facile l’immigrazione per lavoro. Si eviterebbe che il canale dell’asilo venga utilizzato strumentalmente per regolarizzare la propria posizione sul territorio.”
Daniela Peruzzo, laureata in antropologia, operatrice sociale CARA


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