Sara, 21 anni è una cittadina italiana figlia di egiziani, parla l’arabo, ma nella vita di tutti i giorni parla italiano con accento milanese, studia all’università e ha tutte le qualità per trovare un buon lavoro. Ha un solo “problema”: indossa lo hijab, il velo tradizionale islamico.
Sara ogni volta che entra in contatto con un datore di lavoro, viene rifiutata. L’ultimo no lo ha avuto da una società che cura eventi in Fiera, per la quale avrebbe dovuto svolgere attività di volantinaggio, perché lei si è rifiutata di togliersi il velo. Così si è rivolta ad avvocati specializzati in procedimenti contro la discriminazione razziale per fare causa a chi calpesta il suo diritto di esprimere la sua religione.
“Io sono cittadina di questo Paese. Studio per laurearmi in Beni Culturali all’università Statale. E come tutti ho bisogno di guadagnare qualche soldo per non pesare tutta sulle spalle della mia famiglia” ha spiegato Sara, che poco tempo fa si era iscritta ad una mailing list di un’agenzia di Milano che organizza eventi, per ricevere offerte di lavoro.
“Anche in questo caso, quando ho mandato la mia foto col curriculum alla società che organizza i volantinaggi pubblicitari in Fiera, ho ricevuto subito la richiesta esplicita di levarmi lo hjiab se volevo avere il lavoro”, racconta Sara.
Nella mail di risposta alla richiesta di lavoro la società ha scritto: “Ciao, Sara. Mi piacerebbe farti lavorare perché sei molto carina, ma sei disponibile a toglierti il chador?”. La risposta è stata chiara: “Ciao Jessica, porto il velo per motivi religiosi e non sono disposta a toglierlo. Eventualmente potrei abbinarlo alla divisa”. Niente lavoro per Sara.
Ora la ragazza depositerà un ricorso al tribunale civile di Lodi chiedendo di “accertare e dichiarare il carattere discriminatorio dei comportamenti” tenuti dalla società.
Profilo dell'autore
- Dal 2011 raccontiamo il mondo dal punto di vista degli ultimi.
Dello stesso autore
- Americhe20 Dicembre 2024Usare l’AI per ridare un’identità a 10 milioni di schiavi afroamericani
- Centro e Sud America20 Dicembre 2024Capoeira, la ‘danza’ che preparava gli schiavi alla libertà
- Nord America19 Dicembre 2024La vita straordinaria di Elizabeth Miller, da Vogue a reporter di guerra
- Europa19 Dicembre 2024La doppia vita di Solomon Perel, nella Hitlerjugend per sopravvivere all’Olocausto
Sara keep strong…. Cause all this pessimistic attitude will need to stop..hopefully..,
Un lavoro dove serve essere carine per essere assunte è già di per sé un lavoro discriminatorio. Fa bene a fare causa, ma dovrebbero fare causa anche tutte quelle escluse perché non abbastanza belle. E se una si rifiuta di indossare una gonna corta per motivi di pudore strettamente personale? Si vende il corpo delle ragazze e ci preoccupiamo del velo? Comunque brava Sara che si batte: la sua libertà di portare il velo è la nostra libertà di essere noi stesse.
Eppure che vi devo dire, una opinione netta non ce l’ho.
Da un lato credo che sia sbagliato discriminare perchè si ha il velo.
Dall’altro penso che il velo sia comunque un’imposizione maschilista che non mi va di accettare nella mia società, nemeno nelle suore…
E chi ti ha detto che è un imposizione maschilista? E’ stata una sua scelta personale