Per Israele l’immagine simbolo della seconda intifada è falsa: “Il bimbo era vivo”

Secondo un’inchiesta condotta negli ultimi mesi dal Ministro della Difesa israeliano Moshe Yaalon, l’emittente France 2 avrebbe mentito riguardo alla morte di un bambino palestinese durante la seconda intifada. Parliamo delle immagini simbolo di quel conflitto, registrate dalla TV francese il 3 settembre del 2000 quando Jamal e Muhammed a-Dura, padre e figlio, si trovarono presi nel fuoco incrociato di israeliani e palestinesi tra le strade di Gaza.

“Contrariamente a quanto affermato nel servizio, cioè che il bambino rimase ucciso, in immagini di scarto relative alle scene finali, che non furono mandate in onda da France 2, si vede che il bambino era vivo“, afferma l’ufficio del Primo Ministro Benyamin Netanyahu in un comunicato. Ed a riprova di queste affermazioni, il governo israeliano allega la parte del video mancante nel quale si vede il bimbo muoversi tra le braccia del padre agonizzante.

L’episodio fece inorridire il mondo puntando i riflettori sul dramma della seconda intifada che tra il settembre del 2000 e il 2005 provocò la morte di circa 5 mila palestinesi e 1.000 israeliani. I minori uccisi dai bombardamenti dell’esercito israeliano furono 937: di fronte a questi dati, il comunicato del Governo Netanyahu lascia alquanto perplessi. Israele, 13 anni dopo il fatto, ha sentito il bisogno di aprire un’inchiesta sul servizio giornalistico di una Tv francese per dimostrare che quel bimbo non era morto, omettendo però il fatto che ancora oggi il suo esercito continua ad attaccare i territori palestinesi uccidendo decine di bambini ogni anno. Come Ahmed, tredicenne palestinese la cui storia avevamo raccontato lo scorso novembre: venne crivellato di colpi dalle mitragliatrici israeliane mentre giocava a pallone nel cortile di casa sua. In quel caso pubblicammo l’immagine della sua maglia del Real Madrid sporca di sangue.

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Alla luce di questi fatti, se l’inchiesta del Ministro della Difesa di Gerusalemme vuole essere un richiamo alla deontologia rivolto ai reporter di guerra, ben venga: troppo spesso i corpi dei bambini vengono mostrati con il chiaro intento di condizionare l’opinione pubblica e questo è deontologicamente sbagliato per un giornalista che vuole raccontare un conflitto. Se invece l’obiettivo è quello di nascondere la realtà che vede i bambini tra le vittime degli attacchi di Israele, l’inchiesta stessa si trasforma in propaganda.

di Manuele Petri


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