“Così proteggiamo le nostre donne”, Ms.Jamshidi racconta il suo impegno ad Herat


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di Ilaria Bortot

Se l’Afghanistan per molti aspetti, soprattutto sul piano sociale, deve fare ancora dei passi avanti, la presenza di alcune strutture in grado di parlare di donne e dei loro diritti, lasciano ben sperare.
E’ il caso del  DoWA – Department of Women Affair, che ha la concreta possibilità non solo di pensare ma anche di creare una politica per le donne, a loro supporto e difesa.

Durante il mio soggiorno ad Herat, grazie al PRT italiano che mi ha permesso di raggiungere la sede e di vedere con i miei occhi questa realtà viva e reale, ho avuto l’opportunità di capire a fondo che cos’è il DOWA e qual è il suo ruolo, intervistando la direttrice Mahboba Jamshidi.

IL DIPARTIMENTO – Il DoWA è il Dipartimento degli Affari Femminili. Quello di Herat è uno dei 24 dipartimenti presenti in tutto l’Afghanistan, esiste da appena undici anni e vanta uno staff a maggioranza femminile (quasi l’85%). Strutturato per muoversi in tutto il territorio della città e nei distretti più e meno vicini, si occupa di legge, di cultura, di economia e di pubblica informazione. Esiste inoltre uno specifico ufficio che è sempre in stretto contatto con le autorità governative.

Seduta in questo bellissimo ufficio, con poltrone di pelle e aria condizionata, osservo intorno a me le facce curiose dello staff personale di Ms.Jamshidi che sono qui per documentare, a loro volta, il nostro incontro. Occhi vigili, volti emozionati, chador che incorniciano i loro volti sorridenti. Fotografano, filmano e prendono appunti. Mi chiedo chi è davvero l’intervistato qui…

IL PROGETTO “CASA SICURA” – Mentre mi spiega i progetti che già sono in atto, la direttrice chiede all’interprete di sottolinearmi l’importanza di un progetto nuovo, che vorrebbero attivare al più presto rendendolo più concreto rispetto a come si presenta oggi. Si chiama “Casa sicura”: dal nome si intuisce subito che parliamo di violenze domestiche. Chiedo di raccontarmi bene di cosa si tratta e attraverso la voce dell’interprete Ramon, ascolto la spiegazione.

“Il progetto “Casa Sicura” si occuperà delle donne sotto minaccia e sotto violazione. Queste donne verranno ospitate in questa struttura – che contiamo di riuscire a costruire al più presto – in attesa del processo. In questo modo non potranno venire minacciate dalle famiglie e il loro coraggio verrà premiato con la protezione. Ad oggi di queste donne si occupano le Ong che sono presenti sul territorio, ma come Dipartimento abbiamo chiesto al Ministero degli Affari Femminili di aiutarci a creare un posto adatto ad ospitare qualunque donna chieda il nostro aiuto”.

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IL FUNZIONAMENTO – Esiste una shura (organismo consultivo) composta da sole donne, che pur non essendo governativa ha comunque un ruolo importante, soprattutto a livello distruttuale: è in queste riunioni infatti che si discute dei problemi delle donne, di come provare a risolverli, quali progetti vanno proposti per primi al Ministero e come continuare il coordinamento di quelli già in corso.

“Il nostro compito – continua a spiegarmi Ms. Jamshidi – non è quello di implementare i progetti ma di osservarli e vedere se vanno nella direzione proposta dalla politica del governo e del Ministero che li ha affidati a noi. Noi però siamo sempre in contatto con tutti gli uffici governativi e attraverso la shura coordiniamo i programmi che vengono creati a favore delle donne. Una di queste iniziative, una tra le più importanti direi, è il Women Social Center di Herat, un mercato femminile dove la maggior parte delle donne sono impiegate per vendere i prodotti che loro stesse hanno creato”.

Chiudo gli occhi un attimo e cerco di immaginarmi un luogo pieno di donne, di mani, di ceramiche, di lavori, di artigianato. Mi appunto mentalmente che, prima o poi, devo riuscire ad andarci e accolgo con piacere l’arrivo del thé preparato all’afgana maniera: verde, intenso, con un po’ di zafferano sul fondo.

La direttrice continua spiegandomi che esistono diverse commissioni che fanno capo al DoWa e che si occupano di specifiche problematiche: violenze contro le donne, capacity building (ovvero la capacità di comprendere gli ostacoli sociali che impediscono la realizzazione degli obiettivi di sviluppo da parte delle organizzazioni presenti nello stato), difesa dei diritti delle donne e, infine, una legale, per garantirne la tutela.

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I RACCONTI DELLA DOMENICA – “Capita spesso che le donne si lamentino di questo? Che protestino perché alcuni diritti sono stati loro negati?” la domanda mi esce tutta d’un fiato, non sono abituata a pensare alle donne afghane sotto questo punto di vista.

Ramon traduce in fretta e Ms.Jamshidi sorride e spiega: “Ogni domenica le donne possono venire qui a raccontare le loro situazioni di disagio, di qualunque tipo si tratti. Noi, da parte nostra, oltre ad ascoltarle, invitiamo due rappresentanti dal Dipartimento di Giustizia e dall’ufficio del Procuratore di Herat, in modo che possano non solo essere comprese ma anche materialmente aiutate. Certo, abbiamo tanti problemi culturali da combattere ancora ma le donne stanno prendendo coraggio e ad ogni incontro ce n’è qualcuna in più, pronta a parlare dei suoi problemi”.

La maggior parte di queste donne viene dalla città, o dalle province più vicine: le distanze in Afghanistan sono spesso molto grandi e non tutti hanno la possibilità di viaggiare. Proprio per questo, tra i prossimi progetti del DoWA, c’è quello di riuscire a portare questo servizio in tutti i distretti, anche in quelli più lontani, dando voce al maggior numero di donne possibile.

L’IMPEGNO DEL DOWA BASTA? Non devo nemmeno chiederlo a voce alta che la direttrice sembra leggermi nel pensiero e inizia a spiegarmi che nonostante in Afghanistan esistano ben 34 dipartimenti che si occupano di Affari Femminili, la struttura non è ancora in grado di dare la giusta risposta alle problematiche esistenti. E’ necessario che ogni distretto abbia la sua organizzazione, così da coordinare al meglio le Ong, le associazioni culturali e le organizzazioni femminili che lavorano e cooperano con il Dipartimento.

Il tempo a nostra disposizione sta per finire così come il thè nelle nostre tazze. Chiedo a Mahboba qual è il progetto che le sta più a cuore e quello che l’ha resa più orgogliosa da quando, nove mesi fa, ha preso in mano la direzione del DoWa. Riflette un attimo e scrive qualcosa sulla sua agenda. Poi, guardandomi fissa negli occhi, mi spiega in dhari quello che vorrei poter capire con le mie stesse orecchie, senza bisogno di un interprete.

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“I risultati che abbiamo raggiunto finora sono importanti e sicuramente dipendono anche dal fatto che esiste una comunità internazionale che è presente nel nostro Paese da quasi dodici anni. La maggior parte dei progetti a lungo termine che erano stati programmati non sono andati a buon fine e su questo dobbiamo lavorare di più. Quello a breve termine che mi sta più a cuore è sicuramente l’istruzione delle giovani donne: è importante che a scuola si insegni loro il diritto umano e il diritto legale, che si spieghi quali sono i loro diritti e che sappiano di essere protette e difese nel caso qualcuno non li rispetti. Un risultato importante, che non va mai dimenticato visto il Paese in cui viviamo, è che finalmente questo incarico è ricoperto da una donna così come il nostro governo attualmente vanta ben tre ministre. Bambini e bambine a livello scolastico sono quasi uguali, stiamo per raggiungere una parità che non si era mai vista in Afghanistan. Personalmente? Sono orgogliosa di aver saputo formare un ottimo team di collaboratrici molto preparate e molto giovani. Tutte loro si sono preparate all’Università di Herat, proprio come me un po’ di anni fa”.

Tashakor Ms.Jamshidi, sopratutto per quest’ultima lezione di modernità.


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